dall'inviato Lorenzo d'Avanzo
Quanti silenzi affollano Amatrice a partire dalle 3 e 36 di mercoledi' 24 agosto. Il silenzio immediato dopo l'esplosione, le "bombe di silenzio" per inseguire un lamento di chi era sotto le macerie. Le immagini mute di pianti che rimangono chiusi dentro i cuori, di chi soffre chiuso nella bolla del proprio dolore. E ancora i silenzi terrorizzati di superstiti, soccorritori, cameramen e giornalisti che sentono la terra tremare sotto ai piedi. E oggi i tanti silenzi durante i riti funebri con le lacrime che scendono senza fare rumore. Dai racconti dei superstiti, il primo "blackout sonoro" e' arrivato subito: la scossa, il fragore dei crolli e poi un silenzio che si e' consumato come una miccia a combustione rapida. La notte si e' poi riempita di urla, di lamenti, di dolore, di richiami disperati, di richieste di aiuto.
Militari preparati a drammi, ma non invulnerabili
E poi le sirene dei primi soccorsi che squarciavano la notte senza luci in un inferno di polvere, macerie. Sopravvissuti, spesso feriti, che si aggiravano disperati alla ricerca dei propri cari. E poi i lamenti strazianti di fronte ai cadaveri. Con la luce del giorno arrivano anche i rumori dei mezzi meccanici dei soccorritori. E il rumore rende difficile comunicare anche a un metro di distanza. Poi improvvisamente scoppiava una "bolla di silenzio". L'urlo di un soccorritore che credeva di aver udito una richiesta di aiuto da sotto le macerie imponeva il silenzio e tutto si fermava. Nel silenzio assoluto di una rovente mattina di meta' agosto si percepiva anche a distanza lo spostamento di una pietra rimossa per inseguire un flebile lamento.
E abbiamo assistito anche ai tanti silenzi del dolore. Girando con microfoni e taccuini per registrare le emozioni dei superstiti, abbiamo visto il progressivo calo dei toni e del volume di chi raccontava il proprio dramma. Visi sempre piu' stanchi, induriti dal dolore con gli occhi arrossati dal pianto, hanno cominciato a fare fatica a parlare. Alcuni avevano lo sguardo fisso e sembravano chiusi in uno scafandro trasparente che li isolava acusticamente dal mondo. Come scordare i silenzi dei soccorritori che si allontanavano dalle macerie come automi con la mente ancora sotto ai detriti che sembravano non udire le domande dei giornalisti che chiedevano notizie? Tanti di loro ci hanno poi raccontato del silenzio della paura quando, durante le ricerche dei superstiti, uno scricchiolio sinistro suonava come una minaccia di un imminente crollo, un avvertimento di cui tener conto ma che non doveva fermare l'opera di soccorso. Abbiamo anche visto i silenzi di paura degli altri cronisti - come loro hanno assistito ai nostri - quando la terra tremava, e tremava forte, per ricordarci che il dramma non era finito. E oggi, assistiamo ai silenzi del dolore dell'addio a parenti, amici, conoscenti ma anche a sconosciuti che, chiusi nelle bare. potranno continuare a vivere solo nei cuori di chi li ricordera' per sempre.
Soccorritori non si arrendono, si spera nel miracolo
(AGI)