Guarda con orgoglio e apprensione ciò che resta dopo lo scoppio, con la curiosità di scoprire per primo la storia scritta da quell'esplosione artistica che, come quella del 79 d.C., genera morte ma allo stesso tempo è trasformazione, cambiamento e quindi nuova vita.
Dopo la performance 'Explosion Studio - In the Volcano', eseguita nell'Anfiteatro dell'area archeologica di Pompei, Cai Guo-Qiang racconta il suo lavoro mentre le polveri pirotecniche si dissolvono nell'aria e intorno a lui prendono forma le tele che comporranno la mostra in programma al Mann di Napoli. "La performance fa parte di un progetto personale più ampio - spiega l'artista di origini cinesi - le tappe precedenti si sono svolte a Mosca, al Prado di Madrid e a Firenze. Ma l'unicità di Pompei, la differenza rispetto alle altre, sta nella violenza e nella crudeltà che richiamano l'antica tradizione romana. E' un dialogo personale con le civiltà romana e greca".
Mentre parla il suo sguardo è catturato dagli effetti dell'esplosione. Guarda ogni dettaglio, compresa quella scultura che resta avvolta dall'involucro e che non è stata inondata dall'effetto dirompente dei 300 fuochi pirotecnici colorati. Mentre dà indicazioni al suo team per la fase di 'scavo', racconta le tecniche utilizzate: "alla base c'è il disegno con la polvere da sparo sulle tele - dice - fatto prima dell'esplosione, poi c'è la sistemazione dei fuochi e l'accensione della miccia".
Accanto a lui svettano le copie delle sculture ricoperte di colore. "Queste statue fanno parte della tradizione antica - chiarisce - ci sono Ercole, Atlante e Venere. Le ho scelte perché sono i simboli della civiltà antica". Il suo dialogo con i giornalisti e con gli ospiti ammessi alla performance dura solo pochi minuti, poi saluta, firma qualche autografo e torna a supervisionare la fase di scavo, invitando tutti a lasciare l'anfiteatro per non calpestare la 'sua' storia.