“Per il tennis ho provato amore e odio. È stato un rapporto difficile finché non ho trovato le mie ragioni profonde per giocare. Per questo sono tornato: aiutare Djokovic per me è una gioia non tanto per il tennis, ma perché credo che sia un uomo che merita di trovare le sue risposte. Non è una questione di business”. In una delle sue prime interviste da quando è tornato nel mondo del tennis come coach del campione serbo, recente finalista agli Internazionali di tennis di Roma, Andrè Agassi racconta a Giacomo Papi di Repubblica la sua scelta. Una nuova sfida nello sport in cui ha scritto pagine leggendarie e di cui è uno dei più grandi di sempre. E adesso allenerà un tennista che, come lui, rimarrà per sempre nell’Olimpo del tennis.
"Djokovic ha doti superiori a quelle che avevo io"
“Per me un coach può essere tante cose - spiega Agassi - di solito è intorno al tennista tutto il giorno, ma per com’è fatta la mia vita sarebbe difficile. E poi non credo che sia quello di cui Djokovic ha bisogno”. E l’ex ‘Kid’ spiega che tipo di rapporto avrà con Nole: “Ho passato le ultime due settimane al telefono con lui e posso dire che è uno che studia il gioco e desidera imparare. In questo senso ci somigliamo. Ma le sue doti sono superiori – aggiunge -. Sa controllare un punto come me, ma io non avevo altre scelte, mentre lui ha enormi capacità di difesa, enorme capacità di leggere la partita, è potente e intelligente, per questo è facile dargli il mio tempo e la mia energia. Può riuscire a ritornare dov’era, a patto che io sia disposto a imparare. Ma so già – conclude – che se dovessi vincere un game in allenamento non riuscirei a dormire per l’eccitazione”.
"I campioni di domani? Kyrgios e Zverev"
Inevitabile parlare dei campioni del futuro, dei giocatori che dovranno diventare i numeri 1 dopo gli eterni Federer e Nadal, dopo Murray e Dokovic che a Roma ha perso contro Alexander Zverev che ha vent’anni. “I due top oggi sono Nick Kyrgios e Alexander Zverev – spiega Agassi -. a ci sono troppi fattori in gioco. Dipenderà dalle decisioni che prenderanno ogni giorno. Maledico chiunque, compreso me stesso, pensi che ogni cosa sia prestabilita. Le nostre storie non sono già scritte”. Poi, sollecitato dall’intervistatore, spiega cosa distingue un campione da un buon giocatore: la capacità diiattenzione e concentrazione, “i grandi giocatori, a differenza degli altri, non attribuiscono più valore a un match point. Ogni punto è un modo per concentrarsi sul lavoro e sulla vita”.