Antonio Rossi, il bell'alfiere che ci fece amare la canoa 
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Antonio Rossi, il bell'alfiere che ci fece amare la canoa 
di Maria Letizia D'Agata
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Roma - Alzi la mano chi, fra i tanti appassionati delle Olimpiadi e dello sport in generale, non ha iniziato ad interessarsi di canoa grazie ai successi di Antonio Rossi con il suo kayak, di Josefa Idem e prima ancora, di Oreste Perri. Veder pagaiare sull'acqua questi atleti in tutta la loro forza, bellezza ed eleganza e vederli salire sul podio piu' alto ha contribuito a diffondere la "cultura" della canoa, il piacere dello scivolare con lo scafo in mare o al lago godendosi il panorama o del cimentarsi in gare improvvisate con gli amici. Antonio Rossi, tre volte oro in diverse edizioni delle olimpiadi (Atlanta e Sydney), oro ai mondiali, una sfilza di medaglie d'argento fra Olimpiadi, mondiali ed europei, due di bronzo, una carriera bellissima che ha fatto gioire gli italiani conquistandosi il merito di portare la bandiera alle Olimpiadi, ancora si emoziona al ricordo di quell'ingresso nello stadio di Pechino: "Essere il Portabandiera", ha raccontato nell'ambito di una serie di interviste di Agi ad ex olimpionici azzurrri in vista dei Giochi di Rio, "vuol dire rappresentare gli atleti, una nazione e sapere che quel Paese si riconosce in te. Quando si vince una medaglia si prova un'emozione fortissima a salire sul podio, ad indossare la maglia della nazionale, a sentire l'inno di Mameli e a vedere la bandiera più alta".
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Una parola ha influito nella vita del campione olimpico, determinazione: "E' vero, per me e'stata fondamentale. Dall’88 quando sono entrato nella Guardia di Finanza fino al 96 alle prime Olimpiadi facevo una settimana di vacanze. Quando si è ragazzi ci si può allenare nelle ore pomeridiane conciliando il tempo con la scuola. Ma quando si incomincia a gareggiare ad alto livello occorrono molte ore. D’inverno io mi allenavo circa sette ore al giorno divisi tra canoa e palestra tutti i giorni tranne la domenica e più mi avvicinavo alle gare più aumentavo il tempo dedicato alla canoa arrivando a cinque ore più la palestra. Serve anche una sana alimentazione. Io sono cresciuto con la dieta mediterranea, mi hanno insegnato che ai muscoli serve benzina, i carboidrati, e quindi mangiavo pasta, tanta verdura e una volta al giorno carne bianca. La mia carriera è stata molto lunga e quindi il metabolismo con il tempo è cambiato. All’inizio potevo mangiare moltissimo, poi con l’età ho dovuto iniziare a stare più attento rinunciando ai dolci".
Copertine e titoli di giornali sopra un sorriso smagliante che esprimeva tutta le felicita' di un successo, ma se l'aspettava Rossi che finiva cosi'?
"Ho iniziato ad andare in canoa tra i 12 e i 13 anni. Mi piaceva moltissimo e mi divertivo. Però ottenevo scarsi risultati, all’inizio non vincevo neanche un torneo regionale, ma non mi sono arreso e non ho mollato, perché ciò che mi spingeva ad allenarmi era la bellezza che il mio sport mi regalava. L’importante per me era gareggiare dando il meglio di me stesso. Poi poco alla volta, vedendo migliorare i miei tempi, ho iniziato ad avere un sogno che mi ha condotto fino alle Olimpiadi. Il mio allenatore mi faceva fare tanti sport e così ho costruito tutti i muscoli del mio corpo. Mia madre mi ha sempre sostenuto soprattutto nei momenti difficili anche se all’inizio i miei genitori puntavano a farmi fare l’università affinché mi laureassi in economia aziendale".
E i ricordi piu' belli fra mondiali, olimpiadi ed europei? Antonio non ha esitazione e risponde subito con tutto l'orgoglio italiano possibile: "Quello del Portabandiera, a Pechino 2008. Avendo partecipato a 5 Olimpiadi ho molti ricordi e tutti bellissimi. Ma l’ultimo, quello più vivido, è quello più bello per ciò che rappresenta. Essere il Portabandiera vuol dire rappresentare gli atleti, una nazione e sapere che quel Paese si riconosce in te". Olimpiadi, cosa rappresentano per un atleta, il massimo della carriera?
"Quando si vince una medaglia si prova un'emozione fortissima a salire sul podio, ad indossare la maglia della nazionale, a sentire l'inno di Mameli e a vedere la bandiera più alta. Quando ho vinto, non sono mai stato solo. Dietro di me c'era sempre una squadra, dall'allenatore ai compagni di allenamento e a tutte le persone che mi hanno sostenuto. Ripensare al podio mi mette la pelle d'oca perché quando si scende si ha voglia di mettersi subito a lavorare per ritornarci. La tensione prima delle gare olimpiche è fortissima. In caso di vittoria, poi, l’attenzione dei media diventa incredibile, queste vittorie contribuiscono al medagliere azzurro e improvvisamente si viene scaraventati al centro dell’interesse di un intero Paese. Sono emozioni nuove che bisogna saper gestire".E la candidatura di Roma? Va sostenuta? "Per quanto riguarda Roma 2024 i benefici avuti dal Paese per l’Olimpiade degli anni 60 sono evidenti a tutti, hanno segnato una rinascita economica e sociale per l’intera collettività. Il Coni con Malagò sta lavorando bene, il dossier è molto valido ma il lavoro da fare è ancora tanto, soprattutto in caso di assegnazione nell’autunno del 2017. Oltre all’impiantistica ci sono i problemi della vita quotidiana di una città difficile come Roma, dalla viabilità al trasporto pubblico passando per la pulizia della città. Aggiungiamo che sarà fondamentale far crescere una cultura sportiva nuova e far maturare quei giovani che poi nel 2024 potranno vincere le medaglie, sapendo che questo servirà all’intero movimento sportivo".
Una riflessone sui giovani che scelgono il kajak: "Non bisogna mai mollare, anche se si resta indietro. Nello sport la sconfitta è un'esperienza che serve a crescere. Si perde per provare a vincere qualcosa di più importante. Si costruiscono risultati solo lavorando forte, mettendoci la grinta. Nello sport non è l'allenamento che fa la differenza. È la testa, il saper gestire le situazioni, sapendo che non bisogna lasciarsi troppo prendere dalle emozioni. Bisogna divertirsi, poi con passione e grinta si può arrivare a vincere un’Olimpiade". Cosa pensa dello sport italiano in generale? E' sostenuto?
"Si regge sul lavoro di tanti volontari e bisogna sottolineare sempre l’importanza del loro lavoro. Purtroppo però lo sport non viene sostenuto dal governo e dagli enti locali come meriterebbe visto il suo ruolo sociale ed educativo. Capisco le difficoltà di reperire fondi soprattutto in questi ultimi anni di crisi economica ma bisognerebbe almeno semplificare la vita di queste associazioni a livello burocratico".
Dallo sport alla politica... due esperienze molto diverse
"Sono entrambe esperienze bellissime, ovviamente quando fai sport e vinci le Olimpiadi le emozioni sono molto più forti. Ora però posso lavorare anche per gli altri. Voglio che lo sport sia sempre più diffuso e abbia un ruolo fondamentale all’interno delle scuole, fin dalle primarie. Tutti i tipi di sport, devono essere praticati e conosciuti all’interno delle scuole, in modo tale che tutti i ragazzi abbiano modo di avvicinarsi a questo mondo, di appassionarsi e di scegliere la propria strada. Lo sport non è solo un momento di allenamento fisico, ma anche di condivisione e di educazione, fondamentale per la crescita dei ragazzi, che saranno accompagnati, in alcuni casi per tutta la vita, dall’amore e dalla passione per uno sport. Desidero far conoscere lo sport, il mondo fatto di gioie e a volte di sconfitte che aiuta a crescere e a formare il carattere, perché si impara molto di più di un semplice gesto tecnico. Mi auguro che lo sport presto assuma un ruolo determinante all’interno del percorso scolastico, in modo che i ragazzi, fin da piccoli, possano entrare in questo mondo che li accompagnerà nelle tappe più importanti". Vincere anche grazie alla divisa quanto è stata importante per lei la Guardia di Finanza?
"I traguardi che ho raggiunto non si sarebbero mai potuti realizzare senza il convinto e fattivo sostegno del Corpo, da sempre attento ai valori della lealtà, della dedizione e del sacrificio che accomunano i Finanzieri e lo sport. Quando sono arrivato a Sabaudia, sede del terzo nucleo atleti, dove si svolgono canoa e canottaggio, ho trovato un ambiente familiare e un gruppo di amici che mi ha sempre stimolato a dare il meglio, dal Comandante in giù. Allenandomi nelle Fiamme Gialle ho trovato ragazzi, atleti e allenatori con una grande esperienza internazionale e questo mi ha fatto crescere tanto. Indossare la maglia giallo-verde, così come quella azzurra, mi ha sempre dato una grande responsabilità oltre a darmi una grande carica" . Nostalgia? "Dopo diverse olimpiadi fatte da protagonista certamente queste competizioni mi mancano". E il Rossi campione conclude: "Lo sport mi ha dato valori, rispetto delle regole, mi ha insegnato a lavorare e superare i miei limiti, fare le scelte giuste per arrivare al raggiungimento degli obiettivi. Per il futuro spero di rimanere legato a questo mondo". (AGI)
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