R oma - Ancora una morte nel ciclismo: il 25enne belga Antoine Demoitie' è deceduto dopo l'incidente di domenica quando era stato investito da una moto dell'organizzazione durante la Gand-Wevelgem, in un tratto della classica belga che si corre in terra francese. Il ciclista della Wanty-Groupe Gober t si è spento nella notte nell'ospedale di Lille, in Francia, dov'era stato trasferito da Ypres.
La notizia ha suscitato commozione e rabbia con l'Associazione internazionale ciclisti professionisti (Cpa) che ha chiesto che sia fatta "immediatamente fatta sulla dinamica dell'incidente, sulle circostanze che lo hanno provocato nonché sulle eventuali responsabilità delle parti coinvolte". Il presidente della Cpa, Gianni Bugno, ha spiegato di non voler far polemiche "in questo momento di tristezza e dolore" ma ha aggiunto che nei ciclisti c'è "tanta frustrazione dopo he era stato chiesto ripetutamente che "la sicurezza dei corridori sia messa al primo posto nelle discussioni delle alte sfere del ciclismo". "Non voglio accusare nessuno ma fare riflettere sulle responsabilità di ognuno nell'assicurare che sia sempre mantenuto altissimo il livello di attenzione, consapevolezza, e controllo sulle norme di sicurezza durante ogni corsa ciclistica", ha insistito l'ex campione italiano.
Un altro belga, il 26enne Wouter Weylandt, era morto nel Giro d'Italia 2011 dopo una brutta caduta nella discesa del Passo del Bacco, nella terza tappa. Fermandosi alla sola 'corsa rosa', il ciclista della Leopard Trek e' stato il quarto a morire sulle strade del Giro. Prima di lui, Orfeo Ponsin perse la vita nel 1952, cadendo lungo la discesa della Merluzza durante la quarta frazione, la Siena-Roma. Nel 1976 una caduta nel corso della prima tappa, ad Acireale, in Sicilia, costo' la vita allo spagnolo Juan Manuel Santisteban, che ando' a sbattere la testa contro un guardrail. Quindi Emilio Ravasio: al Giro del 1986 rimase coinvolto in una caduta di gruppo nella prima tappa in Sicilia, si rialzo' apparentemente senza danni e arrivo' anche al traguardo. In albergo, pero', cadde in coma, morendo due settimane dopo.
Il triste elenco e' lungo. Al Tour de France, per esempio, la prima vittima risale al 1935, lo spagnolo Francesco Cepeda, caduto in un burrone a Bourg d'Oisans, mentre nel '67 si vive il dramma col britannico Tom Simpson, morto per un collasso sulla celebre salita del Mont Ventoux. Impossibile poi dimenticare Fabio Casartelli che il 18 luglio del '95, durante la 15esima tappa della Grand Boucle, cade nella discesa del Colle del Portet-d'Aspet, battendo violentemente la testa contro un paracarro. Inutile il trasporto in elicottero all'ospedale di Tarbes, col corridore che non riprende mai conoscenza. Tragica morte anche quella di Serse Coppi, fratello di Fausto, al Giro del Piemonte '51: caduto a un chilometro dall'arrivo, arriva al traguardo ma si spegne nella notte.
Si rivelano fatali le cadute per lo spagnolo Manuel Galera (Giro d'Andalusia nel 1972), per il portoghese Joaquim Agostinho alla Volta ao Algarve (nel 1984), che a pochi metri dal traguardo di una tappa urto' un cane entrato nella sede stradale e cadde battendo con violenza la gtesta. Rialzatosi, taglio' il traguardo e orno' in albergo, ma due ore dopo vene trasferito in ospedale dove gli venne riscontrata la frattura dell'osso parietale del cranio. Mentre veniva trasferito in ambulanza a Lisbona, entro 'in coma e quindi mori'. Cadute mortali anche per il belga Michel Goffin (Haut Var '87), per lo spagnolo Manuel Sanroma (Giro Catalogna '99) e soprattutto per Andrei Kivilev alla Parigi-Nizza del 2003: il kazako era in testa quando, finito addosso a Ordowski, a sua volta scivolato per un problema meccanico, batte' violentemente la testa a terra. Fu con la sua morte che divento' obbligatorio l'uso del casco protettivo per i ciclisti. Che pero' non basto' a salvare Isaac Galvez, morto dopo una caduta alla Sei Giorni di Gand del 2006 mentre Alessio Galletti, un anno prima, fu stroncato da un arresto cardiaco durante la 'Subida al Naranco'.
Ci sono poi coloro che hanno perso la vita in circostanze altrettanto tragiche, travolti da una moto (Camille Danguillaume ai campionati di Francia '50), da un camion (Sirassaka Noriakhi durante un allenamento per i Mondiali juniores di Atene '92) o da un'auto (Jean Pierre Monsere' al Grand Prix di Retie '70 e Vicente Mata al Trofeo Puig '87, per finire a Thomas Casarotto al Giro del Friuli del 2010). Nel 2014, durante una prova di Coppa del Mondo di mountain bike, moriva Annefleur Kalvenhaare', 20enne olandese che si era imposta agli Europei under 23 di ciclocross. E lungo e' anche l'elenco delle tragedie sfiorate, come quella - per tornare al Giro d'Italia - di Pedro Horrillo Munoz nel maggio 2009, nel corso della discesa del Culmine di San Pietro, a circa 70 km dalla partenza dell'ottava tappa. Il corridore fini' in una scarpata e rimase in coma un paio di giorni prima di tornare alla vita. (AGI)