L o chiamano il professore per via di quegli occhiali che non toglie mai. Soprattutto quando scende in campo e impugna una racchetta. Chung Hyeon, 21 anni, coreano, è la grande sorpresa di questi Australian Open. “Senza gli occhiali vedrei comunque ma non giocherei allo stesso modo”. Fu l’ottico del suo paese a dire ai suoi genitori, quando aveva 7 anni, che osservare con costanza il colore verde, quello delle recinzioni dei campi da tennis coreani, avrebbe contribuito a migliorare la sua miopia congenita. Chung non dovette fare un grande sforzo. Il padre, Seok-Jin, era un allenatore e un ex giocatore. Il fratello più grande, Hong, è numero 462 del ranking. Il tennis, a casa sua, è una religione, nonostante la Corea del Sud non possa vantare una grandissima tradizione. Il tennista di Suwon, infatti, è stato il primo a raggiungere i quarti (e ora le semifinali) di un grande slam. Alla fine del torneo, Chung, diventerà il giocatore con il più alto ranking in classifica di tutti i tempi. Sia nel circuito maschile che in quello femminile. Un ascesa, quella in Australia, fatta di scalpi eccellenti e partite quasi perfette: da Medvedev a Zverev, da Djokovic, suo idolo indiscusso, superato in tre set (mai era accaduto prima al serbo di perdere così nettamente), all’americano Sandgren, nella sfida meno prevedibile del torneo. Giocando punti come questo.
Un nome che evoca ricordi (in uno slam che consacra i giovani)
Forse per assonanza. Forse per le origini asiatiche. Forse per il modo di giocare, da combattenti veri. Forse per la capacità di sorprendere e conquistare il pubblico da perfetti sconosciuti. Ma la prima cosa che viene in mente quando si pronuncia Chung e una famosa partita del 1989, a Parigi, che consacrò un altro giovanissimo tennista: Micheal Chang. L’americano di origine taiwaniana, allora diciassettenne, sconfisse in un match epico Ivan Lendl che, all’epoca, era il re incontrastato del tennis mondiale. Chang, lanciato da quella vittoria, riuscì a vincere il torneo. L’unico slam della sua comunque fortunata carriera. E Chung, quasi trent’anni dopo, prova a fare lo stesso. Battere il più forte per provare a scrivere la Storia. Con il favore del pubblico che lo ha più volte paragonato a un altro gran lottatore del circuito, molto noto da quelle parti: Lleyton Hewitt.
Roger Federer, in cerca del suo ventesimo titolo dello Slam, è però pronto a guastargli i piani. E non sarebbe la prima volta. Di solito, almeno in Australia, Federer è abituato a stroncare le ambizioni delle giovani promesse. Nel 2017 fu Zverev a doversi arrendere, ai quarti, dopo aver sorpreso appassionati e addetti ai lavori. Nel 2015 fu Kyrgios ad essere eliminato dal campione svizzero. Nel 2006, per quelli che hanno più memoria, toccò a Baghdatis, in finale. E anche lì c’era un’intera nazione a fare il tifo per il nuovo giovane idolo locale. Cipro come la Corea del Sud. Due anni prima, infine, fu Safin a cedere, sempre in finale, al maestro. Il russo, allora, iniziò il torneo da numero 86 della classifica. Chung, quest’anno, si trovava alla posizione numero 58. Federer, in conferenza stampa, ha speso parole importanti per Chung, paragonandolo addirittura a tennisti come Djokovic e Novak. Nomi importanti per un partita molto attesa.
The must-see interview of the #AusOpen.
— #AusOpen (@AustralianOpen) 24 gennaio 2018
What a day for Hyeon Chung. pic.twitter.com/3KL9qAmGfQ
La Florida, Milano e Squinzi
Per compiere il salto di qualità, Chung ha dovuto abbandonare la sua casa per approdare, in Florida, all’accademia di Nick Bollettieri. Non è una scuola tennis qualunque. In quei campi si sono formati giocatori come Agassi e Sampras o giocatrici come Serena e Venus Williams. Chung ci arriva a 13 anni dopo aver vinto alcuni tornei prestigiosi, come l’Eddie Herr International e lo Junior Orange Bowl, riservati agli under 12. È il 2009 e Federer, all’apice della sua carriera (già 13 titoli dello slam già in bacheca), conquista il suo primo Roland Garros.
Ma c’è anche un pizzico di Italia nella giovanissima carriera del tennista coreano. Chung ha iniziato il 2018 con una bacheca vuota. Nonostante una crescita costante. Nel 2014, ad esempio, scala 328 posizioni passando da numero 501 a 173. Nel 2015 i colleghi lo indicano come il tennista “più migliorato” negli ultimi dodici mesi. Ma ancora non arriva nessun titolo ATP. Appena un terzo turno al Roland Garros come miglior risultato in uno slam e 8 challenger vinti. Senza contare i quattro mesi passati in Corea a causa della leva militare obbligatoria. Per evitarla avrebbe dovuto vincere, in doppio, con il suo compagno Yong-kyu Lim, la medaglia d’oro ai giochi asiatici in casa, ad Incheon. Furono eliminati in semifinale da una coppia di indiani. Rachetta appesa al muro e fucile imbracciato. Insomma, pochissima ribalta mediatica e tanti doveri. una strada diversa dai tennisti della sua generazione. Come Zverev, Coric, Shapovalov o Rublev. Eppure l’ultimo Next Gen, il torneo annuale, nato da poco, dove giocano i migliori under 21 del tennis mondiale lo ha vinto proprio Chung. Era novembre e il palcoscenico era quello di Milano. Una vittoria che forse già faceva presagire quello che sarebbe successo due mesi dopo.
Due anni prima, nel 2013, Chung arrivò alla finale di Wimbledon nella categoria juniores. Durante il torneo fu in grado di battere giocatori come Kyrgios e Coric. Si arrese solo in finale. A un italiano. Quel Gianluigi Quinzi che oggi fa fatica a giocare con i grandi e che, attualmente, è 334 della classifica mondiale. Allora furono pochi quelli che scrissero del giovane coreano. Anche perché, a differenza, di molti suoi coetanei, stava pochissimo sui social, aveva un aspetto da nerd, e non aveva ancora un profilo twitter. Lo ha creato in occasione degli Australian Open. Ha portato bene no?
First Grand Slam semifinal, first tweet Hello and thank you all for your support!
— Hyeon Chung (@HyeonChung) 24 gennaio 2018
우와! 처음으로 그랜드슬램 준결승애 잔출하게 되어서 너무 기쁩니다. 이순간, 너무 짜릿하네요. pic.twitter.com/L5Gh0HwK5Z
Il lavoro con Godwin
Da qualche mese, Chung lavora con Neville Godwin, allenatore sudafricano che ha nella sua scuderia giocatori importanti come Kevin Anderson. Al New York Times, Godwin ha raccontato come il torneo di Milano abbia avuto un ruolo decisivo nell’exploit del giovane coreano. “Per la prima volta si è reso conto che poteva battere più di un giocatore forte di seguito e imporsi nel circuito”. Dal punto di vista tecnico, Chung ha corretto un servizio che ora è molto più efficace e cambiato mentalità: “Se sei solo un ottimo difensore non puoi durare a lungo. Rischi di farti male all’anca come sta accadendo a Murray”. Chissà se tutto ciò basterà tutto ciò per battere Federer che giocherà la sua 43esima semifinale di uno slam. Per Chung sarà la prima. Ma che non sia un match scontato lo ricorda lo stesso campione svizzero: “Non ha nulla da perdere. Io proverò a fare lo stesso e a entrare in questa mentalità. Vedremo cosa succederà”. E siamo molto curiosi anche noi.