R oma - "Una scelta dolorosa ma necessaria, nel marcato mondiale è impossibile star dietro a queste cifre. Ho venduto per passione". Dopo un lungo tira e molla, dopo mesi di trattative, Silvio Berlusconi cede la mano. Con i suoi collaboratori non nasconde il suo stato d'animo. Il Milan è sempre stato un affare di cuore, "ci ho buttato un sacco di soldi", amava ripetere. Rimarrà presidente per il momento, viene riferito da fonti a lui vicine.
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La necessità di lasciare andarlo a chi può farla tornare ai fasti di un tempo pesa sul suo umore. Guadagnerà 740 milioni ma "Ho rinunciato ad una parte del valore purché ci fosse l'impegno ad investire", ha spiegato a chi lo ha chiamato. Dopo 30 anni si chiude un'epoca. Fatta di scudetti, di vittorie - "sono il presidente più decorato al mondo", è il suo refrain -, ma anche di momenti bui e tristi. La notte di Marsiglia, la sconfitta ai rigori contro il Liverpool dopo un primo tempo dominato, le contestazioni degli ultimi anni, con i tifosi che la settimana scorsa hanno assediato Arcore per chiedere chiarezza dopo l'anonimato di queste stagioni per lui nefaste, fuori anche dalle Coppe.
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Una storia che ha visto il periodo d'oro di Sacchi, di Capello, ma anche i contrasti con altri allenatori - forse il meno amato fu Zaccheroni -, con continui cambi di panchine, da Inzaghi a Mihajlovic per finire con Brocchi. Intrecci sempre tra calcio e politica, con l'immagine vincente da spendere anche elettoralmente. Ora ha ceduto il testimone. Così come potrebbe succedere in politica, anche se per ora il suo ruolo è sempre centrale. I fari sono puntati su Parisi, sui suoi progetti, sui lavori in corso per la convention di settembre. L'ex premier segue con crescente distacco il dibattito nel centrodestra, le liti interne in FI, lo scontro tra chi guarda al vecchio asse con Lega e Fdi, alla foto di Bologna, e chi ritiene che sia necessario aprire un cantiere con le forze moderate.
"Si sta disintossicando dalla politica", ripete chi lo accompagna nelle sue giornate, passate tra ore di fisioterapia, passeggiate e qualche telefonata. "Ma - ha detto ieri a Salvini - resto io il referente, Parisi è stato incaricato solo di fare una due diligence del partito". Si vedrà. L'altro testamento, non quello politico, ma quello riguardante il patrimonio l'ha cambiato più volte. L'ultima, si apprende da fonti ben informate, qualche mese prima dell'operazione al cuore. L'ex premier, anche senza la sua creatura Milan, conserva un patrimonio immenso, non per altro da sempre viene considerato da Forbes, celebre testata americana di economia e finanza, come uno degli uomini più ricchi del mondo. Il grosso è il valore della Fininvest che si aggira intorno ai cinque miliardi. Tutti i figli hanno una quota intorno al 7%, con il Cavaliere che controlla la quota restante. Poi ci sono le ville. Quella di San Martino ad Arcore, la Certosa in Sardegna, villa Gernetto a Lesmo e altre meravigliose location. E qualche operazione l'ex presidente del Consiglio sta cominciando a farle. Oltre alla possibilità di chiudere palazzo Grazioli (smentita però qualche settimana fa), c'è l'eventualità di cedere il complesso residenziale di Antigua. Mentre entro fine mese, spiegano fonti ben informate, si perfezionerà la vendita della villa Comalcione che era di Dell'Utri e fu acquistata dal Cavaliere. Ma la notizia che ha fatto il giro del mondo è l'addio al Milan. A trent'anni di storia. Ora a Milano, per contrastare lo strapotere della Juve, è arrivato il momento dei cinesi. (AGI)