L ’incontro fatale è previsto per la settimana prossima. L’ad della Rai Fabrizio Salini e Fabio Fazio, detentore di un superstipendio da 2,2 milioni l’anno, che già si sono parlati al telefono, si siederanno uno di fronte all’altro per vedere se esistono le condizioni per continuare a trasmettere, spendendo meno, i programmi faziani della domenica e del lunedì di Raiuno, Che tempo che fa e Che fuori tempo che fa.
Un passo dettato dall’intento di ridurre le spese della nuova Rai gialloverde, ma chiesto a viva voce pure da grillini e leghisti (con l’appoggio esterno del pd Michele Anzaldi) anche attraverso le ormai famose esternazioni del vicepremier Matteo Salvini: “Fazio può continuare a fare le sue interviste, ma con qualche quattrino in meno” e “Fazio? Il milionario a carico degli italiani".
Il contratto del conduttore, siglato nel luglio 2017, in epoca renziana, dall’ex direttore generale Mario Orfeo, scadrà il 30 giugno 2021 e la sua disponibilità a collaborare alla sforbiciata pare indispensabile: perché il conto (un totale di circa 73 milioni di spesa per quattro anni, considerando anche i costi industriali e quelli per il format) può essere modificato solo se lui è d’accordo, altrimenti la Rai dovrebbe sborsare una ricca penale, un totale di circa 7 milioni di euro per le due stagioni.
Nella puntata di Che tempo che fa del 24 febbraio, intanto, Fazio, allestendo un siparietto con Luciana Littizzetto, ha mandato un messaggio poco conciliante ai piani alti della Rai: alla comica che scherzando gli diceva “si è liberato il posto da capitan Findus nella pubblicità, ti conviene approfittarne con l’aria che tira”, lui ha risposto: “Io sto qua due anni, non mi muovo”.
Il taglio auspicato dall’ad sembra possibile, sempre che lui ci stia, solo sul compenso del conduttore, ma fonti Rai non escludono, fanno sapere all’Agi, che si riescano a limare anche i costi di produzione se ci sarà la disponibilità di Fazio, (dettata forse dalla consapevolezza di non godere più degli appoggi politici di un tempo o dallo spauracchio di dover tornare nella vetrina secondaria di Raitre, ndr).
La tv pubblica versa infatti anche 10 milioni e 600 mila circa l’anno all’Officina, la società di produzione che appartiene per il 50 per cento a Fazio e contro cui pende, da un anno mezzo, la Risoluzione contro i conflitti di interessi di conduttori, agenti e autori, stilata dal pd Michele Anzaldi e votata all’unanimità dalla Commissione di Vigilanza Rai, ma, ad oggi, ancora inapplicata. “Ben venga il taglio economico, se ne era ampiamente discusso, e ricordo che il contratto di Fazio era stato anche bocciato dal presidente Anac Raffaele Cantone, con relativa chiamata in causa della Corte dei Conti”, dice ora Anzaldi all’Agi. “Ma se fosse applicata la mia risoluzione, il risparmio sarebbe maggiore. E dovuto”.
La storia della Risoluzione contro i conflitti di interessi degli agenti e dei conduttori assopigliatutto in Rai è intricata, ma adesso, informa Anzaldi, potrebbe arrivare presto una svolta, protagonista l’Agcom. Sintetizzando, le cose sono andate così: il 27 settembre del 2017, quando in Rai regnava ancora Orfeo, la Vigilanza aveva approvato la risoluzione che punta a ridurre lo strapotere dei soliti noti vietando ad esempio (ed è il caso di Fazio) che un conduttore possa produrre la sua trasmissione. La Rai non la applicò perché l’allora sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli decise di stopparla, chiedendo che fosse applicata a tutte le tv italiche.
Doveva farlo l’Agcom che aveva annunciato una consultazione pubblica propedeutica i cui termini sono però scaduti nel luglio scorso. Anzaldi, che l’osso non lo molla, racconta di aver scritto un mese fa al presidente dell’Agcom Cardani, che aveva annunciato la risoluzione per la fine di gennaio. Essendo però la risoluzione ancora latitante, sta ora per riscrivergli.
Il deputato Pd chiede anche che la regola renziana del tetto di 240 mila euro l’anno sia applicata a tutti in Rai, compreso Corrado Augias che incassa 370mila euro l’anno per condurre ogni giorno su Raitre, Quante storie. Ed è verso questa direzione che pare intenzionata a muoversi la Rai gialloverde, dopo aver limato gli stipendi dei conduttori-bandiera e delle case di produzione che hanno dato finora le carte in Rai.
Dopo l’approvazione del piano industriale, ai primi di marzo, si affronterà anche la revisione del contratto di Bruno Vespa che oggi incassa circa 1,2 milioni di euro, già ridotti rispetto ai quasi due che prendeva fino al 2017. Per limare il compenso in Rai ipotizzano anche la possibilità di ridurre a due le sue tre serate settimanali.
Ma sotto la mannaia finirà anche la Lux Vide, la potentissima casa di produzione di Matilde e Luca Bernabei, che ha un supercontratto quinquennale da 25 milioni l’anno, con un taglio a favore dei format interni e dei produttori indipendenti annunciato di fatto da Salini durante un convegno sulla tv pubblica a Montecitorio il 21 febbraio scorso. “Negli ultimi anni in Rai c’è stata una spinta centrifuga che ha visto appaltare all’esterno troppe produzioni, quando invece l’azienda è ricca di talenti. Vogliamo riportare il brand Rai al centro e rimettere in moto le risorse interne”.
Dovrà stringere la cinghia anche la Cbs, che farà i conti con un taglio di almeno 20 milioni di euro al suo contratto per la messa in onda di alcune serie tv americane, tra cui NCIS. Ma pure le fiction casalinghe subiranno tagli, a partire dal Paradiso delle signore che, con i suoi 17 milioni l’anno, è considerata troppo costosa. I fan, i lavoratori e gli attori delle serie hanno pure dato vita a una petizione e a un sit in sotto la sede di viale Mazzini. Ma sembra che ci siano poche speranze di salvarla.