Chi è Maria Antonietta, l'unica donna dell'indie italiano

Maria Antonietta ci fa esplorare posti dove ci arrivi solo se ti lasci andare alla riflessione, all’istinto, al cuore. Forse è per questo che lei è l’unica indi(e)ana della scena? Può darsi. La risposta più ovvia invece probabilmente è quella più corretta: Maria Antonietta è brava assai; ha uno stile indiscutibilmente unico, una raffinatezza quasi introvabile, una bellezza eterea che ti cattura dalla prima a l’ultima nota, una credibilità come autrice che in Italia hanno in pochi

Chi è Maria Antonietta, l'unica donna dell'indie italiano 
ZUMAPRESS.com / AGF 
 Maria Antonietta

I discorsi sulla parità di genere nel mondo del lavoro non entusiasmano più nessuno, questo perché il modo migliore, probabilmente, per risolvere quello che ancora oggi è un problema, tanto stupido quanto anacronistico, è proprio comportarsi da persone assennate e far finta che non esista alcun problema di genere, convinti che l’unica distinzione sensata sia quella tra chi sa fare il proprio lavoro e chi no. Chi segue la rubrica sa che il nostro campo d’azione è quel sempre più ampio recinto all’interno del mercato discografico denominato “indie”, questo perché presto da fetta di torta diventerà l’unico alimento commestibile rintracciabile in cucina. Pane quotidiano. E forse chi segue la rubrica si sarà anche accorto che nelle precedenti otto settimane ci siamo sempre occupati di artisti di sesso maschile. Ai vostri figli forse non piacciono granché le voci femminili?

Ecco, dicevamo, i discorsi sulla parità di genere ormai annoiano che nemmeno un match di bassa classifica di serie A, ma due domande forse in questo caso sarebbe il caso di farsele sul perché in tutti questi anni, e cominciano ad essere diversi, il panorama discografico indipendente italiano non sia riuscito a sfornare una classe di cantautrici donne di rilievo.

Eppure la musica italiana non è mai stata particolarmente misogina, i nostri scaffali sono pieni di dischi di donne che hanno avuto la possibilità di sviluppare carriere di tutto rispetto anche in tempi in cui l’imposizione a tinte rosa era vagamente più complessa. Chiaramente non parliamo di musica leggera italiana in generale, che di ragazzine senza cognome ne sforna una decina l’anno coi talent senza talent, ma sinceramente scrivere di certi personaggi assetati di fama non vale nemmeno l’inchiostro gratuito del programma di scrittura del pc.

Parliamo di indie, della musica che ascoltano i vostri figli, che specie in questa nuova, ultima, particolarmente fortunata infornata, non è riuscito a produrre nessuna artista valida, capace di raggiungere i gradini più alti di questo genere perlomeno, che poi un genere, ce lo siamo detti più volte, non è. Allarme spoiler: se credete di arrivare in fondo all’articolo pensando che chi scrive proporrà una spiegazione a tale problema (che problema lo è solo fino ad un certo punto), vi sbagliate; noi oggi invece tenteremo di capire perché a farcela a ritagliarsi un posto di un certo prestigio è stata una e una sola cantautrice, e il suo nome è Maria Antonietta.

Per cui vi rinnovo l’invito ad allacciare le cinture perché l’artista della quale ci occuperemo questa settimana ci porterà in alto con i pensieri, ci costringerà a chiudere gli occhi ed entrare in un mondo che poco o niente ha a che fare con quell’ammasso di cemento e lamiere dentro il quale abbiamo deciso di andarci a rinchiudere, come se ci sentissimo protetti nel nostro “mal comune” senza considerare che di “gaudio” qui non se ne sente nemmeno la puzza.

Cielo, spazio, natura incontaminata, Maria Antonietta ci fa esplorare posti dove si arriva soltanto con l’anima, posti non recensiti da Tripadvisor, dove ci arrivi solo se ti lasci andare alla riflessione, all’istinto, al cuore. Forse è per questo che lei è l’unica indi(e)ana della scena? Può darsi. La risposta più ovvia invece probabilmente è quella più corretta: Maria Antonietta è brava, brava assai; ha uno stile indiscutibilmente unico, una raffinatezza quasi introvabile, una bellezza eterea che ti cattura dalla prima all’ultima nota, una credibilità come autrice che in Italia hanno in pochi. Questa è Maria Antonietta e questo è il suo mondo. Benvenuti.

Nasce a Pesaro nel 1987 come Letizia Cesarini e proprio oggi fa il compleanno (nel caso ci stesse leggendo, tantissimi auguri). Non è rintracciabile il motivo per cui decide di fare musica con lo pseudonimo di Maria Antonietta ma sappiamo che riceve l’illuminazione della musica dopo una chiacchierata con Bob Corn.

Il nome appena fatto ai più non dirà nulla e non sapete cosa vi perdete per cui, siccome noi alla vostra preparazione ci teniamo, apriremo una breve parentesi spiegandovi semplicemente che Bob Corn è un cantautore folk della provincia modenese che gira il mondo con la sua chitarra e le sue splendide, ripeto, splendide canzoni; i suoi concerti sono veri e propri spettacoli dove lui in qualche modo racconta il mondo, il suo mondo, come la sua musica, ben distante dalle logiche di mercato.

Questo lo scriviamo perché doveste mai ritrovarvelo nelle vostre vicinanze vi invitiamo, per il bene della vostra anima, ad incrociare le gambe a terra e starlo a sentire, non ve ne pentirete. Non stupisce il fatto, dunque, che la nostra Letizia sia rimasta fulminata dal suo modo di vedere la vita e la musica.

Il disco d’esordio, nel 2012, prodotto da Dario Brunori (meglio conosciuto come Brunori Sas) dal titolo Maria Antonietta le permette di imporsi immediatamente nel panorama della scena indipendente, questo perché è un disco splendido, che mescola un rock anche vagamente punk (genere che non le dispiace affatto) con un cantautorato di fattura eccellente.

È una ragazza che “c’ha le scuole”, come dicono al Sud, e si sente. Le citazioni sono numerose e provengono dai suoi riferimenti culturali, da Giovanna D’Arco a Sylvia Plath.

E poi la sua voce stilisticamente inconfondibile fa il resto; un po' Carmen Consoli ma molto più Courtney Love quando è sobria, un po' Nada ma anche PJ Harvey. Una miscela esplosiva insomma. E in quell’album si trovano perle come 'Questa è la mia festa', 'Con gli occhiali da sole', 'Quanto eri bello' e 'Saliva'.

Pezzi di una maturità insolita, quasi mistica; li ascolti e resti rapito da come riesca a “zippare”, nei pochi minuti concessi da un brano, l’alto della letteratura, della teologia, della poesia e il basso dell’andante musicale tipico del punk, quel punk che puzza meravigliosamente di club.

Dice “Nessuno ha mai capito niente di me/neanche questa volta/ma non importa” che potrebbe suonare come la solita lagna giovanilistica, di quelle che liquidi con un “Tsk!” mentale e passi avanti, invece detto da lei potrebbe rappresentare perfettamente un manifesto dell’egoismo umano, di quanto poco siamo capaci di starci a sentire, di quanto poco è diventato importante capire l’universo delle persone che abbiamo attorno.

E l’universo di Maria Antonietta pare immenso, e ci tira di nuovo dentro dopo due anni con “Sassi”; è sempre lei, con ancora l’esigenza di riportarci il mondo in poesia attraverso i suoi occhi. È entrata ufficialmente nel circuito, le date si moltiplicano, e lei inizia a trotterellare leggiadra per i club italiani. Il fatto di ritrovarla sempre sé stessa non è un difetto, anzi, rassicura il pubblico, rafforza il legame con l’ascoltatore. Mina è sempre la stessa ed è così meravigliosa che vogliamo rimanga.

In molti casi, quando si parla di artisti comunque emergenti, siamo costretti a pretendere una certa maturazione nell’arco della carriera. Ecco, gli esordi di Maria Antonietta sono talmente già densi di contenuti che l’unica cosa che le si chiede è di darcene ancora e restare esattamente com’è. In Sassi spiccano 'Tra me e tutte le cose', 'Ossa', 'Animali' e 'Molto presto'.  

Poi Maria Antonietta scompare per quattro lunghi anni, nell’ambiente si vocifera che abbia deciso di smettere con la musica e noi già ce l’immaginiamo come quei miti, quelle meteore che le vedi brillare nel cielo al loro passaggio per poi essere ingoiate nuovamente dall’immensità dell’universo senza una spiegazione del tutto plausibile.

Maria Antonietta in realtà non ha smesso con la musica (anche se dichiara di pensarci quasi tutti i giorni) ma non c’è solo la musica nella sua vita, e se pensate che questa sia una cosa comune vi sbagliate di grosso. L’appropriazione indebita del termine musica accostato alla propria vita, del tipo “la musica è tutta la mia vita”, andrebbe denunciato al tribunale internazionale. È una roba melensa nonché ben poco sincera che ci ha anche largamente stufato. C’è un’abitudine fastidiosamente diffusa nel voler affrontare la musica non da professionisti ma direttamente da artisti, che risulta alquanto vomitevole.

Non esiste alcun fuoco sacro da alimentare dentro di voi e il fatto che la musica vi piaccia, buon per voi, non significa necessariamente che dobbiate farla diventare il vostro lavoro senza, tra l’altro, a quanto pare, avere idea che quando una passione diventa un lavoro necessita di tutto ciò che implica un lavoro: studio, sacrificio e capacità di svolgerlo quel lavoro, in modo tale da potersi inserire in un determinato mercato. Questo vuol dire lavorare, qualsiasi cosa vogliate fare, compresa la rock star. Allora forse ci stiamo avvicinando. Ecco perché Maria Antonietta si e molte altre no.

Perché Maria Antonietta è stanca del tour di Sassi, ha bisogno di una pausa, di allontanarsi; per cui si trasferisce con tutti i suoi libri in una casa in mezzo al niente e decide di concludere il suo percorso di laurea. E non perché la madre con i bigodini in testa armata di mattarello infarinato le staccasse la spina della playstation invocando alla santità del “foglio di carta”, ma perché è ciò che ritiene più giusto per se stessa, per la sua formazione come donna, che è ben più importante di quella come cantante.

Perché, diciamocelo, diventare bravi musicisti tutto sommato non costa niente a parte l’impegno nell’allenarsi con uno strumento una manciata di ore al giorno, diventare brave persone invece è cosa assai più complicata e necessità di un talento troppo poco distribuito.

Forse la vicinanza con la natura rinvigorisce anche la sua curiosità per certe tematiche per cui si iscrive all’Istituto teologico e frequenta per un intero semestre. Poi la frequenza obbligatoria le impedisce di continuare, perché lei nel frattempo, certo, mica sta semplicemente ferma contemplando le piante del terrazzo, lei sta scrivendo quello che è forse il suo album più riuscito: 'Deluderti'.

Esce nel 2018 dopo ben quattro anni di silenzio, roba che in musica equivale quasi alla sparizione totale, invece nessuno l’ha dimenticata, lei è più in forma che mai e l’album è di una bellezza commovente. Nove perle dove di nuovo l’alto si mescola al basso, l’amore introspettivo per se stessi, mistico per Dio, mischiato a quello più umano per “gli stronzi come te”; l’uomo visto come elemento naturale, con i suoi limiti, compresi i propri sentimenti.

Tante domande e tanta poesia. Senza alcun dubbio uno dei tre migliori album italiani dell’anno, il migliore con voce femminile. 'Deluderti', 'Cara ombra', 'Vergine', 'Pesci', 'Abitudini', tutte canzoni che, se la rete ci permettesse di avere più attenzione e più cura di ciò che ascoltiamo, come ce lo permetteva l’acquisto una volta del supporto fisico, sarebbero accostate nell’immaginario collettivo a quelle delle grandi cantautrici della nostra musica italiana. In compenso in questi anni di silenzio il panorama indie è esploso e con lui anche il successo di Maria Antonietta, che quest’anno è stata invitata, da Nord a Sud, in tutti i principali eventi musicali della penisola, e 'Deluderti' acclamato da pubblico e critica.

Cosa sta succedendo allora in Italia? Perché non esistono cantautrici capaci di ritagliarsi una fetta della famosa immensa e lercia torta anche nel marasma totalmente democratico della musica in rete? Perché non viene fuori niente di interessante a tinte rosa? Quello della musica è davvero un mondo dove la donna fa difficoltà ad imporsi? Non potremmo mai rispondere con certezza ma ciò che si sappiamo è che molte sono le donne ai vertici più alti del dietro le quinte dello showbiz musicale italiano.

Allora forse è il pubblico a preferire gli uomini? Non l’ha mai fatto; perché dovrebbe cominciare ora? Sono i discografici allora forse a rifiutarsi di lanciare le donne nel mondo della musica? E perché dovrebbero? Cosa gliene verrebbe? C’è talmente tanta penuria di nuove voci femminili interessanti che ne avrebbero solo da guadagnare qualora si facesse avanti una artista come si deve. Come avrete notato le domande battono di gran lunga le risposte.

Non capiamo cosa stia succedendo e sia che si trattasse di misoginia che di semplice coincidenza per cui la mente femminile, al momento, sembra incapace di proporre alcunché di discograficamente accattivante, la soluzione al dilemma ci stupirebbe comunque. Ma almeno c’è Maria Antonietta e lei è talmente brava che si, forse, ecco, ci siamo arrivati, al momento stiamo semplicemente bene così.

Questo essenziale manuale è rivolto a quei genitori che non vogliono restare indietro, che vogliono capirci di più del mondo dei loro figli attraverso ciò che, come accade per tutte le generazioni, li crescerà e formerà più di quanto loro, mammà e papà, ne avranno mai capacità e potenzialità. La musica. La loro musica. Prima di partire allacciate bene le cinture, mettete da parte i vostri dischi dei Beatles, Adrianone Celentano, Mina e Battisti, la tv in bianco e nero, Berlinguer, e ogni vostro singolo pregiudizio su quanto tutto ciò che avete vissuto e ascoltato voi fosse infinitamente più “giusto” del loro e, già che ci siete, eliminate per sempre anche l’utilizzo del termine “giusto”, che non credo abbia mai significato alcunché a parte tirare una linea rispetto a ciò che è “sbagliato”. Antitesi che potrebbe contribuire non poco a formare una generazione di iscritti a Casa Pound.



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