S ono passati vent’anni dalla scomparsa di Fabrizio De André, una scomparsa che ha lasciato ben più di un vuoto, se ci si sofferma soltanto un attimo a pensare a quanto ancora aveva da sperimentare, sotto tutti i punti di vista, e poi donare al suo pubblico. Un pubblico, tra l’altro, sempre più vasto, molto di più di quando lo stesso era in vita e non era costantemente sovrastato da questo velo di leggenda che oggi lo avvolge; anzi, al contrario, De André più la musica si dirigeva verso quella che si rivelerà essere una deriva commerciale e televisiva, più lui risultava indigesto al grande pubblico mainstream.
A confermarcelo è la stessa Dori Ghezzi, sua collega oltreché sua compagna di vita: “Se parliamo di popolarità si, ho la stessa sensazione anch’io; anche perché ci sono le nuove generazioni che cominciano a frequentarlo e a capirlo, cosa che nessuno avrebbe mai immaginato, tantomeno lui, non avrebbe mai creduto o sperato in tanto”.
Dal film “Principe libero” al disco/tributo “Faber Nostrum”, si sono moltiplicati gli omaggi alla figura di De André e il primo pensiero che viene in mente è: come avrebbe reagito?
“Se ci guarda da qualche parte senz’altro sarà felice di tutto questo, non credo che possa essere dispiaciuto. Sarebbe felice e incredulo, tant’è vero che volle prendere l’azienda agricola in Sardegna proprio per lasciare qualcosa alla famiglia di concreto, non credeva certo che le sue canzoni potessero avere un giorno ancora questo spessore, questa valenza. Questo è quello che pensava lui”.
Faber Nostrum è un’operazione del tutto riuscita, durante la presentazione con la stampa Dori Ghezzi ha preferito non dire quale tra tutte le interpretazioni del disco ha gradito di più, “Tutte le canzoni sono molto ben fatte, devo dire che sono molto soddisfatta, io ringrazio tutti quanti, sono felice anche perché ho avuto la possibilità di avvicinare una rappresentanza delle giovani leve che ho conosciuto anche personalmente, questo mi ha fatto scoprire meglio il loro mondo, con il quale ci siamo capiti subito, ma d’altra parte ci si capisce sempre quando ci si vuol capire”.
De André quindi molto più vicino a questa nuova generazione di “indie”, più di quanto non lo sia mai stato ai colleghi saliti alla ribalta nei primi quindici anni del 2000 “è possibile si”, commenta Dori Ghezzi, com’è possibile, probabile sarebbe il termine più corretto, pensare che De André si fosse proposto sul mercato discografico nei primi quindici anni del 2000, difficilmente sarebbe uscito.
Al contrario di adesso, dove sarebbe certamente tra i protagonisti di questa nuovo movimento indipendente, che ne pensa?
“Si, sono d’accordo, perché anche lui è stato un ribelle che ha rotto un sistema, un modo di scrivere che era tradizionale, e ha osato anche lui tantissimo”.
“Faber Nostrum” è stato dichiarato, anche da parte Sony, un progetto che resterà aperto, in attesa che anche altri artisti si sentano pronti a misurarsi con la grandezza di Fabrizio De André, ma c’è qualcuno in particolare che le piacerebbe si cimentasse nell’impresa?
“Io vorrei sentirli tutti. C’è gente che non osa farlo, ma è una cosa che non capisco, l’ho fatto pure io, possono farlo tutti”.
Restando sull’attualità, sono molti i fan sui social che stanno trovando perlomeno distopico vedere una De Andrè in una situazione smaccatamente “pop” come quella dei reality, nello specifico Francesca prima all’Isola dei Famosi e oggi al Grande Fratello, considerando la notoria riservatezza di nonno Fabrizio, non proprio incline a certe manifestazioni, forse non avrebbe gradito troppo…?
“Una cosa che anch’io non capisco, che non condivido ovviamente. Evidentemente sono state cresciute in un certo modo e la responsabilità non è né certo mia e neanche di Cristiano. Quindi qualcosa di diverso c’è sotto che loro non vogliono dire. Pazienza, i tentativi sono stati fatti ma inutilmente, perché se uno tira da una parte e l’altro dall’altra…ma è inutile parlare di questa cosa, non voglio essere coinvolta e grazie al cielo non lo fanno, proprio perché io ho sempre cercato di unire la famiglia. Eh vabbè…riesco in tante cose, in questo credo veramente di aver fallito, almeno da quella parte. Grazie a Dio ho un’altra parte sana della famiglia dove funziona tutto bene”.
Tornado a parlare di musica, sul palco del Primo Maggio Dori Ghezzi ha consegnato a Francesco Motta un premio speciale della Siae, una riproduzione dorata del primo deposito di De André, “Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers”, datata 28 dicembre 1965, scritta a quattro mani con l’amico Paolo Villaggio; la motivazione è stata la seguente: “Oggi rappresenta il cantautorato che sa coniugare tradizione e innovazione, scrivendo il futuro della nostra musica d'autore”…
“Lui è senza dubbio quello più vicino al cantautorato tradizionale, è una via di mezzo. Io trovo in lui un grandissimo talento che deve ancora del tutto esprimere, ma io da lui mi aspetto davvero tante cose”.
Quanto manca De André alla musica italiana?
“Non manca. Quello che manca a noi è che probabilmente oggi ci avrebbe parlato di quello che succederà tra un po' di anni, questo ha sempre fatto, ha sempre cercato di capire l’evoluzione degli eventi per tempo e in genere c’ha preso. Non avrebbe raccontato i giorni nostri, quello lo ha già fatto al suo tempo, quindi forse ci racconterebbe cosa succederà tra un po' di anni. Questo ci manca: poterlo intravedere”