A quattro anni, quando all’asilo la misero davanti a una pianola cominciò a suonare disinvoltamente. Quando ne aveva cinque la sua prima insegnante di pianoforte disse ai suoi genitori che avrebbero assolutamente dovuto continuare a farla studiare, e a 16 si è diplomata al conservatorio della sua città natale, Terni, con “l’en plein” del massimo dei voti, lode e menzione d’onore.
Oggi Cristiana Pegoraro è una delle pianiste e compositrici più apprezzate a livello nazionale e internazionale, si è esibita nelle più importanti sale da concerto del mondo, da New York a Sidney, passando per Vienna, Londra, Lisbona, Rio de Janeiro e lo Yemen e ha inciso finora 28 cd e pubblicato 5 album con sue composizioni originali. Vive da anni tra New York e Roma (rifugiandosi appena può nella sua Umbria) e adesso è arrivata anche al Quirinale.
Non per suonare stavolta (l’ha già fatto per un presidente, Carlo Azeglio Ciampi) ma per ritirare la “Mela d’oro” del premio Bellisario, storico riconoscimento alle eccellenze femminili, nel suo caso meritato per l’impegno, anche in chiave femminile, nella musica: Pegoraro è stata la prima donna italiana a tenere concerti di musica classica in Bahrein, Yemen e Oman e anche la prima a eseguire in concerto il ciclo completo delle 32 sonate per pianoforte di Beethoveen.
La premiazione, protagonista la pianista e una serie di donne che contano, come il premio Nobel per la pace Nadia Murad, il 22 giugno è in seconda serata su Raiuno. E Pegoraro, racconta all’Agi, tornerà in Rai anche il 29 giugno, “insieme a Maria Rosaria Omaggio con una prima serata tutta al femminile, “Le parole di Oriana”, un omaggio a Oriana Fallaci in concerto”.
Per lei abituata alla Carnegie Hall, com’è stato suonare in Oman e Yemen?
“Suonare in Paesi dove i diritti delle donne sono molto indietro è stato molto importante per me. In onore alle loro regole ho dovuto aggiustare i vestiti, coprire le braccia e e rinunciare all’abito con décolleté che indosso abitualmente quando mi esibisco, ma sono state delle bellissime esperienze, c’erano molte donne tra il pubblico. Credo che la musica parli ai cuori della gente, sento di aver comunicato un messaggio di bellezza e di pace”.
A quattro anni era già un piccolo prodigio, da dove le arriva questo dono?
“Mio nonno amava la musica e suonava il pianoforte e il violino per hobby, probabilmente i geni me li ha trasmessi lui. I miei genitori, papà avvocato, mamma manager, quindi con due professioni solide, sono stati due tesori perché anche se io puntavo a una carriera diversa e in fondo più rischiosa della loro, mi hanno sempre incoraggiato”.
Quando ha capito di avercela fatta? "La mia carriera è decollata quando a 24 anni ho deciso di trasferirmi a New York. Ero andata lì per perfezionarmi con Nina Svetlanova alla Manhattan School of Music di New York poi ho deciso di restare e oggi ho anche la cittadinanza americana. New York mi ha molto aiutato, è una città dove se hai delle idee e sei tenace puoi fare di tutto”.
In Italia non è così?
"In Italia è molto più complicato, la cultura non viene considerata come si dovrebbe, è il patrimonio su cui il Paese dovrebbe puntare e invece spesso viene vista non come un lavoro da retribuire ma come un hobby. Tanti all’inizio non volevano pagare i miei concerti. Per farmi apprezzare in Italia ho dovuto trasferirmi a New York. Solo davanti alla mia esperienza americana, ai concerti in tutto il mondo hanno cominciato un po’ apprezzarmi. Credo invece che gli artisti italiani andrebbero sostenuti, dovrebbero essere un vanto per il Paese, come succede all’estero”.
Mani fuggite all’estero…. Il New York Times l’ha definita “un’artista del più alto calibro” quando ha debuttato al Lincoln Center di New York nel 1996, al suo ultimo concerto alla Carnegie Hall è partita una standing ovation. Ma l’Italia non le manca?
"Vivo tra New York e Roma e da otto anni sono la direttrice artistica del Narnia Festival in programma dal prossimo 17 luglio al 4 agosto. L’idea è stata quella di dar vita in quella città medievale a un campus artistico all’americana, con 300 musicisti e 55 insegnanti che arrivano da tutto il mondo per suonare, creare, condividere e dar vita a circa 60 spettacoli al giorno che includono tanti generi, compreso il tango. Il linguaggio della musica è universale”.
Ma si sente più pianista o compositrice?
"Ho pubblicato cinque album, “A Musical Journey”, “Ithaka”, “La mia Umbria”, “Volo di note” e “Piano di volo” e ho realizzato anche la colonna sonora per il video “Per chi suona la sirena” presentato all’Onu l’11 Settembre 2004 in memoria delle vittime dell’attacco terroristico alle Torri gemelle del 2001. Racconto in musica le emozioni del mio cuore, ma nasco e mi sento una pianista".