
Governo e Parlamento: i numeri di ottobre 2019
Decreti e leggi: tutta l'attività di Esecutivo e Camere. Un dossier di Agi-Openpolis
L’attività legislativa di governo e Parlamento ha visto molte delle energie politiche, nonché mediatiche, focalizzate sulla preparazione della prossima legge di bilancio. Con l’approvazione a inizio mese della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, e le riunioni fiume del Consiglio dei ministri, la sessione di bilancio è ormai entrata nel vivo.
Nel frattempo l’esecutivo ha presentato altri 4 decreti legge al parlamento, portando il totale dal giorno dell’insediamento a 6, per una media di 3 al mese. Gli ultimi arrivati sono il decreto fiscale (collegato alla manovra), il decreto scuola, il decreto proroga per le zone terremotate e infine il decreto clima. Il mese di ottobre è anche stato quello della prima questione di fiducia posta dal governo su un provvedimento in discussione.
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Che mese è stato
È stata ricca la produzione legislativa nel mese di ottobre con ben 7 disegni di legge che hanno completato il proprio iter parlamentare
L’8 ottobre è stato approvato in via definitiva il primo disegno di legge costituzionale della XVIII legislatura. Dopo un lungo iter ha infatti ottenuto il via libera finale il provvedimento fortemente voluto dal Movimento 5 stelle per la riduzione del numero di parlamentari. Il testo ha ottenuto un’ampissima maggioranza in aula, con anche il sostegno, cosa inedita considerando le 3 precedenti votazioni, del Partito democratico.
Il provvedimento ha contribuito così alla ricca produzione legislativa del mese di ottobre, con ben 7 disegni di legge che hanno completato il proprio iter parlamentare. Nei primi 60 giorni di vita l’esecutivo giallo-rosso ha visto 14 norme diventare legge.
A ottobre sono state approvate altre 7 leggi dal Parlamento.
Come spesso accade però il lavoro dell’aula è stato monopolizzato da provvedimenti nati fuori da Camera e Senato. Delle 7 leggi approvate infatti, oltre alla riforma costituzionale, 3 erano ratifiche di trattati internazionali, 2 erano conversioni di decreti legge e, infine, ha finito il suo iter parlamentare anche la legge di delegazione europea 2018. In aggiunta, sei delle 7 leggi approvate sono di iniziativa governativa.
Primo ddl costituzionale approvato nella XVIII legislatura
Numero di leggi approvate, per tipologia
Se il numero di leggi approvate dal Parlamento ha eguagliato il dato di settembre, quello dei nuovi decreti legge presentati dal governo ha superato quanto fatto nel precedente mese. Ai 3 decreti legge di settembre infatti, il governo Conte II ha fatto seguito con altri 4 provvedimenti d’urgenza. Negli ultimi 5 mesi i due governi che si sono succeduti hanno presentato ben 12 decreti legge, più di 2 al mese. I dati sono in costante crescita, dimostrando ancora una volta l’abuso che i governi fanno dello strumento.
Il governo Conte II in questo senso sta decisamente dando il suo contributo, con ben 6 decreti legge emanati in soli 2 mesi di attività. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati: il decreto clima, il decreto ricostruzione terremoto, il decreto scuola e soprattutto il decreto fiscale collegato alla manovra finanziaria. Provvedimenti che dovranno ottenere l’ok del Parlamento entro 60 giorni dalla presentazione, elemento che probabilmente porterà il prossimo calendario dei lavori ad essere principalmente incentrato sulla trattazione di queste norme.
Ad ottobre una media di un decreto legge a settimana
Numero di decreti legge presentati al Parlamento
Oltre ai decreti da qui a fine anno il Parlamento dovrà portare a compimento l’approvazione della prossima manovra di bilancio. Il testo infatti, come stabilito da legge, deve essere votato in via definitiva entro la fine dell’anno. La norma, oltre a stabilire la rotta economica per il prossimo triennio, programmerà l’agenda del governo per i primi mesi del 2020. Il provvedimento più importante per un esecutivo, e non a caso ha monopolizzato l’attività del governo nel mese di ottobre. Le 4 riunioni del consiglio dei ministri che si sono tenute hanno infatti avuto una durata media record di quasi 2 ore e mezza. In particolare 2 sedute del Consiglio dei ministri si sono prolungate più del solito, quella del 10 ottobre (più di 2 ore di seduta), ma soprattutto quella del 16 ottobre.
Proprio quest’ultima, iniziata alle 23.02 e conclusasi alle 4.35 del mattino del giorno successivo, ha portato all’approvazione non solo del già citato decreto fiscale, ma anche e soprattutto alla deliberazione finale della legge di bilancio. Oltre 5 ore di riunione che hanno visto un’intensa contrattazione tra le forze di governo per giungere all’accordo finale del testo che proprio in questi giorni ha iniziato il suo iter parlamentare.
A causa della manovra, le riunioni del governo hanno avuto una durata record
Durata media degli incontri del Consiglio dei Ministri
Il molto lavoro per trovare un accordo politico tra Movimento 5 stelle e il Partito democratico è anche tangibile confrontando la durata media degli incontri di ottobre con quella degli altri mesi della XVIII legislatura. Mai dai giugno del 2018, data di insediamento del primo governo Conte, le riunioni del governo avevano avuto una durata così lunga e, in assoluto, proprio la seduta del 16 ottobre è stata quella che si è prorogata per più tempo.
Sintomo non solo dell’importanza politica di un testo come la legge di bilancio, ma anche di quanta contrattazione serva per mettere insieme le istanze dei diversi partiti al governo, principalmente Movimento 5 stelle e Partito democratico.
Tabelle di confronto
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Il confronto con i governi precedenti
Nonostante siano passati solo 2 mesi dall’insediamento del governo giallo-rosso, le prime considerazioni possono essere fatte sulle caratteristiche del suo operato. Come abbiamo già avuto modo di raccontare tra settembre e ottobre sono state deliberati 6 decreti legge dal Consiglio dei Ministri. Pur seguendo un trend ormai comune a tutte le precedenti esperienze di governo, nessun esecutivo dal 2008 ad oggi aveva totalizzato una media così alta di decreti legge deliberati al mese.
Dal 2008 ad oggi nessun governo con una media così alta di decreti legge deliberati al mese.
Mai dalla XVI legislatura ad oggi un governo aveva fatto registrare una media di 3 decreti legge al mese, con solamente l’esperienza che ha iniziato la XVII legislatura (governo Letta) che si era avvicinata a queste cifre (2,78 decreti al mese). I 3 esecutivi che hanno preceduto l’esecutivo giallo-rosso però avevano tutti concluso la propria esperienza di governo con una media inferiore ai 2 decreti al mese. In questo quindi la squadra Conte II sta certamente facendo registrare delle cifre fuori scala rispetto al passato.
Il governo Conte II con una media di 3 decreti legge al mese
Decreti legge al mese per i governi della XVI-XVII-XVIII legislatura
Un eccessivo ricorso alla fiducia può essere certamente controbilanciato dalla presentazione di altre proposte legislative, che non facciano abuso della decretazione d’urgenza. Fino ad oggi però così non è stato, e il confronto con i precedenti governi, anche in questo, viene in aiuto per comprendere meglio la situazione.
Oltre ai decreti ad oggi il governo ha presentato poco altro
Tipologia di provvedimenti presentati dal governo al Parlamento
Sei delle 8 proposte di legge presentate al Parlamento dal governo sono conversioni di decreti legge. Giunte all’attenzione dell’aula anche una ratifica di un trattato internazionale, e una proposta del governo per garantire sostegno al servizio civile universale. In totale quindi 3/4 dei disegni di legge presentati dal governo Conte II, il 75%, sono decreti legge.
Un valore fortemente fuori scala se confrontato con i dati degli esecutivi che hanno caratterizzato le ultime 3 legislature. Nessuno dal governo Berlusconi IV ad oggi aveva superato neanche la soglia del 30%, e questo certamente rappresenta un forte cambio di passo rispetto al passato. La predominanza assoluta dei decreti nella produzione di proposte legislative da parte del governo è spiegata da un lato dall’abuso dello strumento, dall’altro dal fatto che l’esecutivo è stato principalmente occupato con il lavoro preparatorio per la prossima legge di bilancio. Un dato di fatto che non ha permesso all’esecutivo di lavorare su altre proposte, dovendo trovare prima la quadra su questo provvedimento chiave della legislatura.
Come visto ottobre è stato il mese della prima questione di fiducia posta dal governo su un provvedimento in discussione. Lo scorso 23 ottobre infatti l’esecutivo ha ottenuto la fiducia sul decreto crisi aziendali, provvedimento ereditato dalla precedente maggioranza di governo.
Da questo punto di vista si tratta di un ritorno al passato. Come raccontato più volte, oltre all’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza, un altro male ricorrente delle ultime esperienze di governo è stato l’abuso della fiducia. I 48 giorni d’attesa per la prima questione di fiducia sono in media con quanto fatto registrare dagli ultimi esecutivi. Più o meno lo stesso dato era stato fatto registrare dal governo Berlusconi IV (47 giorni tra l’insediamento del governo e la prima fiducia), Letta (53 giorni) e Gentiloni (58 giorni).
Notevolmente inferiore invece l’attesa per la prima fiducia durante il governo Monti (29 giorni) e soprattutto quello guidato da Matteo Renzi (18 giorni). In questo senso invece la prima esperienza di governo Conte aveva segnato un deciso, e positivo, cambio di passo. L’esecutivo sostenuto dalla maggioranza 5stelle-Lega aveva aspettato oltre 100 giorni per porre la prima fiducia: era il 13 settembre del 2018 e in discussione c’era l’annuale legge milleproroghe.
Ad ottobre primo voto di fiducia per il governo Conte
Giorni intercorsi tra l'insediamento e il primo voto di fiducia su un provvedimento in discussione
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Equilibri di governo
Dopo i 51 cambi di gruppo di settembre, principalmente dovuto alla nascita di Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi, a ottobre ci sono stati altri 4 cambi di casacca
Se i primi 18 mesi di legislatura si sono contraddistinti per una relativa calma tra i gruppi parlamentari, molte cose sono cambiate con l’inizio del governo Conte II. Dopo i 51 cambi di gruppo di settembre, principalmente dovuto alla nascita di Italia Viva, il nuovo partito di Matteo Renzi, a ottobre ci sono stati altri 4 cambi di casacca. Numeri, quelli degli ultimi 2 mesi, drasticamente superiori a quelli del resto della legislatura, dimostrando quando il clima in Parlamento sia cambiato.
Con il governo Conte II boom di cambi di gruppo
I cambi di gruppo nella XVIII legislatura
I cambi di ottobre, come quelli di settembre, hanno contribuito ad aumentare gli iscritti al neo nato gruppo guidato da Matteo Renzi. Vediamoli quindi nello specifico:
- Camera - l’on. Galantino, eletto con il Movimento 5 stelle, è passato a Fratelli d’Italia;
- Camera - l’on. Vitiello, eletto con i 5stelle, è entrato in Italia Viva;
- Camera - l’on. Occhionero, eletta con Liberi e uguali, è entra in Italia Viva;
- Senato - la sen. Vono, eletta con il Movimento 5 stelle, è entrata in Italia Viva.
Il fatto che il valzer parlamentare dei cambi di gruppo sia ricominciato non è certamente un fatto positivo per il governo. Nonostante la stragrande maggioranza dei passaggi abbia visto coinvolto in entrata un partito che di fatto fa parte dell’esecutivo, come Italia Viva, quanto accaduto può comunque destare preoccupazione per la stabilità della maggioranza.
Il movimento fondato da Matteo Renzi infatti si sta caratterizzando per una voce molto critica nei confronti del governo, pur sostenendolo, e pur avendo alcuni membri con incarichi nell’esecutivo. Qualsiasi perdita per il Partito democratico e il Movimento 5 stelle, anche a vantaggio di Italia Viva, rappresenta quindi un dato da monitorare per valutare la salute della maggioranza.
In questo senso quindi il fatto che ben 3 parlamentari (uno di Liberi e uguale e 2 eletti con il M5s) abbiamo lasciato il proprio gruppo per passare a Italia Viva può essere considerato un possibile svantaggio per la squadra del governo Conte II.
I movimenti in uscita quindi che riguardano sia il Partito democratico che il Movimento 5 stelle saranno da osservare nel corso dei prossimi mesi.
A questo proposito anche in questa legislatura, come nella scorsa, l’analisi dei fuoriusciti dal Movimento 5 stelle ci permette di intercettare al meglio le molte sfumature politiche interne al partito. Ad oggi 16 eletti con il Movimento 5 stelle, per scelta personale o a causa di un’espulsione, non fanno più parte del partito.
l fuoriusciti dal Movimento 5 stelle ora fanno parte di gruppi molto diversi tra loro: da Fratelli d’Italia a Liberi e uguali passando per Italia Viva e Forza Italia.
Ma mentre alcuni sono finiti in gruppi parlamentari vicino alla destra (vedi Galantino e Caiata in Fratelli d’Italia) altri invece fanno ora parte del centrosinistra (come Paola Nugnes ora iscritta a Liberi e uguali). Altri invece hanno deciso di passare a Forza Italia (come Dall’Osso), mentre 2, già citati come i transfughi di ottobre, sono entrati in Italia Viva.
Dove sono andati a finire gli ex 5stelle
Attuale gruppo di appartenenza degli eletti con il M5s che non fanno più parte del partito
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Il focus: i decreti attuativi
Parliamo di tutte quelle norme che sono necessarie per la piena implementazione di un provvedimento. Si tratta del cosiddetto “secondo tempo delle leggi"
Il tema dell’attuazione del programma di governo è sempre più centrale nella politica italiana. In questo senso il monitoraggio dell’implementazione dei decreti attuativi è una parte fondamentale dell’analisi dell’attività di governo. Quando parliamo dei decreti attuativi parliamo di tutte quelle norme che sono necessarie per la piena implementazione di un provvedimento.Si tratta del cosiddetto “secondo tempo delle leggi”, quel momento in cui diversi attori, principalmente i ministeri, devono completare l’azione legislativa.
Una fase che, soprattutto in momenti di transizione politica, è molto delicata: un nuovo esecutivo non necessariamente ha l’interesse di completare i punti programmatici dell’esecutivo precedente. Non è un caso quindi che molti pezzi poi vengano lasciati indietro, e che molte delle norme approvate dal Parlamento rimangano inattuate. Il governo Conte II ha ereditato 670 decreti attuativi ancora da adottare dai 4 governi precedenti: Letta, Renzi, Gentiloni e Conte I.
Il problema è soprattutto quando oltre al cambio di governo, c’è anche un cambio di maggioranza. Non è un caso se le norme approvate durante il governo Gentiloni, sostenuto da una maggioranza Partito democratico-Nuovo centrodestra, abbiano un alto numero di decreti attuativi ancora da adottare. Un elemento che è giustificato soprattutto dal fatto che l’esecutivo è stato succeduto da un governo sostenuto da una maggioranza diversa, come quella 5stelle-Lega.
È difficile pensare quindi che tutti i 258 decreti attuativi ancora da adottare dall’ultima esperienza di governo della XVIII legislatura riusciranno a trovare la luce nei prossimi mesi. Lo stesso si può dire per alcuni dei decreti attuativi generati da norme approvate dal recente esecutivo giallo-verde. L’attuale governo è infatti composto anche da partiti di sinistra/centrosinistra, storicamente contrarie alle priorità politiche della Lega.
La grande mole di lavoro ereditata dal governo Conte II
Decreti attuativi ancora da adottare Quanto detto finora è particolarmente vero per uno dei testi più importanti approvati dal parlamento: la legge di bilancio. Tutte le manovre economiche approvate dal 2014 ad oggi sono di fatto incompiute, mancando all’appello ancora un certo numero di decreti attuativi.
Tutte le leggi di bilancio approvate nella scorsa legislatura sono incomplete: mancano ancora dei decreti attuativi
Dalla manovra economica per il 2014, approvata dal governo Letta, all’ultima manovra approvata dal governo Conte I, il totale dei decreti attuativi che ancora devono essere adottati è di 149. Particolarmente alto il valore per le più recenti leggi di bilancio: quella del 2018, approvata dal governo Gentiloni, con 56 decreti attuativi mancanti, e quella dell’anno scorso, varata dall’esecutivo giallo-verde, con 66 provvedimenti ancora da implementare.
La piena applicazione di una manovra dipende quindi dalla stabilità politica generale del Paese. Sia il governo Letta che quello Renzi sono stati succeduti da esecutivi sostenuti dalla medesima maggioranza parlamentare, e hanno quindi potuto godere di un sostegno politico che ha superato la durata dei rispettivi governi. Anche per questo motivo, oltre che per il maggior tempo passato, il numero di decreti attuativi ancora pendenti risalenti a quella fase politica è più basso.
Quando il governo non dura la manovra non viene applicata
I decreti attuativi previsti per le ultime leggi di bilancio, divisi tra adottati e non adottati
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