Beirut - "Nella provincia saudita del Qassim, guardiamo alle donne come sorelle degli uomini, e sentiamo la responsabilita' di aprire nuove opportunita' di lavoro per donne e ragazze". A giudicare da queste parole del principe saudita Faisal bin Mishaal bin Saud, pronunciate durante l'inaugurazione del primo Consiglio per gli Affari femminili della storia del paese, si direbbe che qualcosa si sta muovendo sul fronte dell'eguaglianza di genere in Arabia Saudita.
La prospettiva, pero', viene smorzata non appena si guarda alla composizione del Consiglio neo istituito: tredici uomini, nessuna donna (una loro delegazione era collegata in video da un'altra stanza), in un paese in cui la separazione dei sessi negli spazi pubblici e' molto rigida.
L'inaugurazione del Consiglio, comunque, arriva mentre il ministero del lavoro annuncia l'intenzione di voler creare circa 141000 posti di lavoro per donne entro il 2020, nell'ambito di una serie di riforme economiche che mirano a mitigare gli effetti della diminuzione di introiti derivanti dal petrolio. L'obiettivo sarebbe quello di portare al 30% l'occupazione femminile entro il 2030.
Oggi la disoccupazione femminile in Arabia Saudita si attesta attorno al 35%, contro il 5% degli uomini. Secondo dati ufficiali, alla fine del 2015 il settore pubblico del Regno occupava circa 469000 donne, mentre altre 500000 lavoravano in quello privato, in un paese di 28 milioni di persone, di cui la meta' di sesso femminile.
Il programma di rafforzamento dell'occupazione femminile, spiega il ministero, deve comunque fare i conti con una serie di "ostacoli sociali, inclusa la questione dei trasporti e quella delle responsabilita' familiari". Tradotto: e' necessario da una parte preservare la separazione degli spazi nei luoghi di lavoro, dall'altra non dimenticarsi che e' la donna, in Arabia Saudita, a dover provvedere in ogni caso alla gestione della prole e degli affari domestici, fattori di cui la ricerca di opportunita' di impiego deve tenere conto.
Cosi', Ryad pensa ad un piano "compatibile" con l'ortodossia wahhabita, paventando la possibilita' di impiego da casa e di "telelavoro", assolvibile all'interno delle mure domestiche.L'Arabia saudita e' l'unico paese al mondo che proibisce alle donne di guidare. La carenza di trasporti pubblici, poi, aggrava questa disparita' di genere con un risvolto di ingiustizia sociale, visto che restringe moltissimo la mobilita' delle donne provenienti dalle fasce piu' disagiate della popolazione, quelle che non possono permettersi un autista privato.
Nel 2011 alcuni attivisti avevano lanciato una campagna sul web che invitava le donne a ribellarsi a questo divieto ma l'iniziativa non ha avuto il seguito sperato. Recentemente si sono registrati altri sforzi, sempre degli attivisti, per mettere in discussione il "sistema della tutela" vigente, in base al quale per svolgere un lavoro o anche per uscire di casa, una donna ha bisogno del permesso del marito o di un familiare di sesso maschile.
Qualcosa in sottofondo, comunque, cambia. Lo scorso anno il principe Al Waleed bin Talal bon Abdul Aziz al Saud, membro della famiglia reale, ha dichiarato pubblicamente che il divieto di guida per le donne provoca dei danni all'economia del Paese.
Lo scorso 20 febbraio una donna, Sarah al Suhaimi, e' stata posta a capo della Borsa saudita (Tawadul), la piu' grande del medioriente in termini di capitalizzazione. Sarah al Suhaimi viene gia' da un altro record: nel 2014 era diventata la prima donna amministratrice delegata di una banca di investimento saudita, la Nbc Capital. Qualche giorno dopo la nomina della Al Suhaimi, e' arrivata anche quella di Rania Mahmoud Nashar, come amministratrice delegata di una delle piu' importanti banche del Regno, la Samba Financial Group.