Dubai. - Mentre infuriano i combattimenti nei quartieri di Mosul, nel nord dell'Iraq, per liberare la città e i suoi sobborghi dai miliziani del Daesh, a Dubai, dove si svolge il Festival del Cinema, cineasti iracheni mettono in atto la propria battaglia. Sono due quest'anno i registi che si presentano all'appuntamento cinematografico più importante del mondo arabo, che si concluderà il 14 dicembre, con due film: il cortometraggio 'Abraham' di Ali Kareem, e 'Rushba - Il Vento Nero' dell'attore e regista curdo Hussein Hassan. Mentre 'Abraham' parla di una famiglia cristiana a Mosul, il film curdo segue il dramma di due giovani promessi sposi aizediti della città di Shingal, la cui giovane ragazza è stata violentata e venduta come schiava.
"Ho voluto dare la voce alle vittime del massacro operato nelle nostre città a opera dei miliziani Daesh, non perchè sono le vittime e meritano di essere ricordati, ma anche perchè senza capire ciò che hanno subito non potremo mai imboccare la strada della ricostruzione del Paese e delle nostre città", ha spiegato il giovane regista iracheno Ali Kareem, 30 anni, nativo di Kerbala, con all'attivo quattro cortometraggi di cui Abraham, in concorso per il premio "Gulf Short Muhur". 'Abraham' è la storia di una delle numerose famiglie cristiane di Mosul che hanno subito la violenza del Daesh. Un padre di mezz'età, un figlio giovane e una figlia ancor più giovane. Una casa modesta ma molto dignitosa dove su uno dei suoi muri è appeso un quadro di Caravaggio. Nell'aria volteggia un clima di terrore. La famiglia è tesa e attende l'irruzione dei miliziani che avviene con terribile puntualità. I miliziani hanno un unico obbiettivo: la famiglia deve scegliere tra la conversione all'Islam o pagare impegno "di 450 dollari a testa", come annuncia il capo del commando del gruppo terrorista.
"Ciò che è accaduto a questa famiglia non è un episodio unico: sta ancora accadendo in Iraq, in Siria a altrove e sicuramente accadrà anche domani se noi non facciamo nulla per impedirlo" ha spiegato Ali Kareem. Kareem, iracheno, ha utilizzato una produzione, una troupe e una location italiani. "Ho scelto di realizzare il film in Italia non perche essa sia la culla del cristianesimo, ma perchè la mia produzione è taliana, ha creduto nel progetto e mi ha dato tutti gli strumento per realizzarlo".