Roma - di Cecilia Scaldaferri
Gridarono vittoria il 31 gennaio scorso, quando il governo israeliano approvo' uno spazio comune al Muro del Pianto per permettere a uomini e donne di pregare insieme. Una conquista storica dopo 27 anni di lotte. Ma oggi, a piu' di 9 mesi, resta carta straccia: "Il governo di Benjamin Netanyahu ha preso una decisione, ora la applichi", dice all'AGI Anat Hoffman, presidente del consiglio delle 'Donne del Muro', il movimento che da quasi tre decenni si batte per pari diritti e luoghi di preghiera comuni nel luogo piu' sacro dell'ebraismo. Direttrice esecutiva dell'Israel Religious Action Center, braccio legale del Movimento per le Riforme, membro per 14 anni del Consiglio municipale di Gerusalemme, la Hoffman e' sempre stata in prima linea contro le politiche della destra e degli ultra-ortodossi.
Tra le fondatrici del Movimento alla fine degli anni '80, e' stata testimone della lunga battaglia delle attiviste con proteste mensili al Muro del Pianto, spesso seguite da botte e arresti. Come e' successo il 2 novembre, quando sono scoppiati scontri fra ebrei ultra-ortodossi e correligionari riformisti e liberali, uomini e donne. Attiviste e rabbine del Movimento, assieme ad altre decine di manifestanti, hanno violato il divieto imposto dal rabbino del Kotel (il Muro del Pianto), Shmuel Rabinovich, entrando nel ristretto spazio dedicato alle donne con diversi rotoli della Torah, guidando la preghiera e poi partecipando a un pluralistico Minyan, un servizio che richiede tradizionalmente dieci uomini ebrei.
Il Muro del Pianto ha spazi divisi per uomini e donne, secondo i piu' rigidi dettami della religione ebraica. I movimenti riformisti e conservatori rivendicano da tempo rispetto e liberta' di esprimere a modo proprio la fede, mettendo il discussione il monopolio ultraortodosso. Per gli haredi, le richieste delle donne di pregare al Muro del Pianto come gli uomini, a voce alta, di indossare i tradizionali scialli di preghiera (tallit) e di toccare i rotoli della Torah, sono un affronto gravissimo alla tradizione.
Come sottolinea la Hoffman all'AGI, "gli uomini hanno accesso a 200 esemplari di rotoli della Torah che sono li' per uso pubblico, ma le donne non possono toccarli. Il rabbinato ritiene che sia contrario alle consuetudini locali permettere alle donne di leggere il testo sacro. Noi invece pensiamo che usi e costumi evolvano". Purtroppo, riconosce, "con il passare degli anni le cose cambiano, ma per gli uomini, non per le donne, per loro tutto resta congelato. Siate tranquille, silenziose, non muovetevi, non chiedete nulla... questo e' quello che si chiede alle donne. E noi diciamo no, tutte insieme".
Negli anni, infatti, la protesta ha raccolto sempre piu' sostenitori, creando una "grande coalizione, il piu' ampia possibile, di ebrei di mentalita' liberale". Sono "oltre tre milioni di persone in tutto il mondo", provenienti dalle fila dei "movimenti per le riforme e conservatore, dalla Federazione del Nord America e dall'Agenzia ebraica", spiega Hoffman. Non ci sono pero' solo le manifestazioni di protesta: per raggiungere l'obiettivo le attiviste si sono rivolte "alla Corte Suprema", senza considerare che "godiamo di molti sostenitori anche nella Knesset (il Parlamento israeliano, ndr) e dell'interesse dei media".
Un dispiegamento di forze che e' servito per arrivare a negoziare un accordo con il governo, "approvato - ricorda la direttrice - a stragrande maggioranza il 31 gennaio di quest'anno, con 15 voti a favore e 5 contrari". "C'e' stata una decisione da parte dell'esecutivo", raggiunta nonostante le pressioni dei partiti ultra-ortodossi, alleati di Netanyahu nella coalizione di governo. Il premier e' riuscito "non solo a negoziare un compromesso ma anche a portarlo in seno al governo e farlo votare. Dopodiche', il nulla. E' questo il problema: non raggiungere un accordo o farlo votare ma farlo applicare. Sei il governo, hai preso una decisione, mettila in pratica...".
"I partiti ultra-ortodossi - spiega Hoffman - non sono cosi' forti, alle ultime elezioni un anno e mezzo fa hanno perso terreno, vivendo un calo drammatico. D'altra parte sono focalizzati, centralizzati, radicati e molto ubbidienti". A questo punto, per la Hoffman e le altre attiviste, la speranza risiede nei giudici. "Prima del capodanno ebraico (2-3 ottobre, ndr), ci siamo rivolte alla Corte Suprema affinche' Netanyahu attuasse l'accordo e crediamo che vinceremo". "Una data per l'udienza ancora non c'e', ma il 18 novembre l'esecutivo e' chiamato a rispondere alla petizione". (AGI)