Il governo Renzi, con il ritocco delle norme gia' previste con la legge di Stabilita' per il nuovo contratto di programma di Poste, continua asottrarre diritti garantiti dal servizio universale, lasciando mano libera di stangare gli utenti schiacciati con aumenti tariffari, ed una riduzione della qualita' dei servizi destinati a scendere ulteriormente.
Adusbef e Federconsumatori, che pur hanno firmato e rinnovato nei giorni scorsi un 'Accordo Quadro' con le Poste, con la principale finalita' di un aumento della qualita' dei prodotti e dei servizi, trasparenza e correttezza di relazione tra azienda e consumatori, segnalano che l'obiettivo di consentire "una graduale riduzione degli oneri di fornitura del servizio postale universale", che lascia mano libera a Poste di mettere in campo misure per la "razionalizzazione del servizio e rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito della corrispondenza", per avere maggiore flessibilita' per fissare le tariffe, in relazione "ai volumi di traffico", contraddice lo stesso accordo sottoscritto martedi 9 dicembre 2014, con l'Ing. Francesco Caio.
Poste italiane e' un colosso con 13.254 sportelli postali; 143.249 dipendenti (semestrale del 30 giugno 2014), un patrimonio netto di 7.765 milioni di euro, con 26,3 miliardi di ricavi su una raccolta di 364,638 miliardi di euro (in buona parte gestiti da Cassa Depositi e Prestiti), che ha effettuato 156 milioni di investimenti in immobilizzazioni materiali ed immateriali, obbligata dal contratto al servizio universale e che si accinge a tagliare circa 600 sportelli poco redditizi, che a detta dell'A.D. Caio farebbero circa 30 operazioni al giorno.
Non puo' essere consentito il recapito della corrispondenza una volta a settimana, ne' possono essere addossate ancora una volta sulle spalle delle famiglie e dei cittadini, molti dei quali resteranno sguarniti di un servizio fondamentale come la corrispondenza, la riorganizzazione societaria di Poste Italiane.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Relatore Hadrian Simonetti) bacchetta i tagli degli uffici postali varata dall'AGCOM: "A fronte di situazioni particolari legate alla conformazione geografica dell'area interessata - scrive infatti il Consiglio di Stato -, il criterio dell'economicita' non puo' essere assunto a dato assoluto ed anche le distanze chilometriche debbono essere valutate con estrema attenzione, rifuggendo da qualunque automatismo".
La scarsa affluenza di utenti non puo' essere l'unico criterio in base a cui le Poste decidono di chiudere i piccoli uffici, perche' l'azienda - ad oggi interamente pubblica - e' tenuta a garantire il cosiddetto servizio universale che si traduce (anche) in un presidio del territorio, non essendo sufficiente il semplice criterio della distanza chilometrica tra gli utenti e gli uffici postali (prevista dal decreto Scajola),perche' bisogna tenere conto di quei piccoli centri con "servizi pubblici di trasporto e collegamenti insufficienti", e con "preponderanza di popolazione anziana chiaramente in difficolta' negli spostamenti" a cui va garantito un ufficio postale vicino casa.
Il Consiglio di Stato ha superato gli esclusivi criteri di economicita': anche se i piccoli uffici - quelli a rischio - "rappresentano verosimilmente un costo elevato per Poste italiane", il piano di riduzione non puo' essere attuato "seguendo una logica solamente di tipo economico e senza prevedere valide alternative". Ad esempio, dicono i giudici, consentendo che siano gli stessi portalettere (dotati di appositi palmari) a ritirare plichi e raccomandate ed accettare il pagamento dei bollettini.
Adusbef e Federconsumatori daranno ancora una volta battaglia, a tutela dei diritti degli utenti e delle famiglie, gia' saccheggiate nei diritti e legalita'.
Roma, 12 dicembre 2014