(AGI/AFP) L'Aja - Il capo jihadista che ordino' l'attacco alle antiche moschee di Timbuktu, patrimonio dell'umanita', si e' dichiarato colpevole e ha chiesto perdono al popolo del Mali di fronte al Tribunale penale internazionale, che per la prima volta apre un processo relativo alla distruzione di beni culturali. "Cerco il loro perdono e chiedo loro di guardare a me come a un figlio che ha perso la strada", ha detto l'imputato, aggiungendo di essere "davvero dispiaciuto" pentito "del danno che ho causato".
Mahdi, 40 anni, e' il primo maliano e il primo estremista islamico ad affrontare il Tribunale penale internazionale. Fu lui, frustrato dall'ostinazione dei fedeli a recarsi nelle moschee della "citta' dei 333 santi" nonostante le minacce, a decidere di distruggerle tra il 30 giugno e l'11 luglio del 2012 privando, ha affermato il magistrato Fatou Bensouda, "le future generazioni dei punti di riferimenti e della propria eredita' storiche". Quello messo in atto da Mahdi, membro del gruppo terrorista 'Ansar Dine', che quattro anni fa era riuscito a prendere il controllo di Timbuktu insieme con 'Al Qaeda nel Maghreb islamico', e' stato "un assalto contro, la storia di un popolo" e contro lo stesso Islam, che tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo ebbe nella citta' un centro autorevole di insegnamento e diffusione. "A colui che distrugge in questo modo cio' che incarna l'anima e le radici di un popolo dovrebbe essere permesso di fuggire", ha aggiunto il magistrato che sostiene l'accusa e che rivolge cosi' un implicito monito a coloro che, nel corso delle guerre, hanno diretto la loro furia contro i patrimoni culturali, come e' accaduto nella siriana Palmira. (AGI)