Roma - La votazione per eleggere il nuovo presidente della Commissione dell'Unione africana (Ua) e' fissata per la fine del prossimo gennaio e il un dibattito tra i 5 candidati - in diretta televisiva in tutto il Continente - ha segnato l'avvio di una accesa campagna elettorale dagli esiti incerti. La Commissione, sulla falsariga della Commissione europea, costituisce il governo della Ua, l'organizazione internazionale che riunisce tutti gli Stati dell'Africa, a esclusione del Marocco, che si e' ritirato nel 1984 dopo il riconoscimento dell'indipendenza del Sahara Occidentale.
Il nuovo presidente della Commissione - che ha sede ad Addis Abeba - dovra' sostituire la sudafricana Nkosazana Dlamini-Zuma, che ha deciso di non ripresentarsi per un secondo mandato di 4 anni allo scadere di quello in corso iniziato nel 2012. I candidati in corsa sono la ministra degli Esteri del Kenya, Amina Mohammed; la sua collega del Botswana, Pelonomi Venson-Moitoi, e il loro omologo della Guinea equatoriale, Agapito Mba Mokuy; ci sono poi il senegalese Abdoulaye Bathily, attuale rappresentante speciale dell'Onu per l'Africa centrale, e l'esponente dell'opposizione politica in Ciad, Moussa Faki Mahamat. Per essere eletto il candidato deve ottenere i due terzi dei voti dell'Assemblea dell'Ua, composta dai capi di Stato e di governo dei diversi paesi. Una prima serie di votazioni svoltesi nel corso della riunione tenutasi nel luglio scorso a Kigali capitale del Ruanda e' andata a vuoto. I maggiori consensi sarebbero andati alla kenyana e alla rappresentante del Botswana. In favore della sua ministra il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, avrebbe lanciato una vera e propria offensiva diplomatica, mettendo in gioco il peso politico del paese, che ha recentemente mostrato il suo ruolo all'interno della Ua con una forte campagna di lobbying contro la Corte penale internazionale. A ostacolare l'elezione di Amina Mohammed potrebbe pero' giocare la tradizionale rotazione alla guida della Commissione tra un rappresentante dei paesi di lingua inglese e quelli di lingua francese.
Dopo lunghe trattative il primo dibattito tra i candidati si e' svolto il 9 dicembre. In realta', si e' trattato di una serie di risposte a domande preconfezionate, senza una vera e propria interlocuzione. Le posizioni sono cosi' apparse piuttosto uniformi: dal maggior coinvolgimento dei giovani nelle Ua a una maggiore integrazione tra i paesi membri, dalla volonta' di risolvere i problemi finanziari dell'organizzazione alla necessita' di superare la dipendenza da aiuti finanziari esterni per il suo funzionamento.
"Dobbiamo risolvere le principali cause di conflitto nel Continente - ha detto Amina Mohammed - gli scontri etnci, la poverta', le disuguaglianze, le carenze nello stato di diritto e di buon governo. L'Ua ha buoni mezzi di intervento, si tratta di attuare quello su cui tutti concordiamo". Le ha fatto eco il senegalese Bathily: "Se si sceglie la strada della difesa a oltranza delle identita' si hanno soltanto conflitti. La sfida e' quella di gestire le diversita' nei nostri paesi e tra i paesi: diversita' religiose, politiche, culturali". Sul concreto e' andato il guineano Mba Mokuy: "E' inaccettabile che la maggior parte dei paesi africani paghino regolarmente il contributo alle Nazioni Unite e ad altri organismi internazionali e poi quando si tratta dell'Ua dicano di non avere piu' soldi". La ministra del Botswana Venson-Moitoi ha posto l'accento sul tema dell'educazione: "Dobbiamo educare i nostri figli, perche' diventino dei cittadini in grado di essere utili a se stessi e all'economia dei loro paesi. Per la pace e lo sviluppo del Continente ha un valore decisivo soprattutto l'istruzione delle donne"; mentre Faki Mahamat, candidato del Ciad paese minacciato dagli islamisti di Boko Haram, ha posto l'accento sulla lotta al terrorismo internazionale "che sta facendo soffrire molti paesi dell'Africa. Su questo fronte abbiamo bisogno di una precisa volonta' politica".
L'elezione del nuovo presidente della Commissione si terra' tra il 30 e il 31 gennaio, in occasione della 28^ sessione ordinaria della Conferenza dei Capi di Stato e di governo ad Addis Abeba.