Personaggi che sono più vivi e profondi degli attori che devono rappresentarli. Attori che si muovono come marionette in un ambiente, quello del teatro, in cui visioni, sogni, miraggi, allucinazioni si intrecciano con la realtà. Va in scena fino al 19 marzo al Teatro Ghione di Roma un classico della drammaturgia del ‘900, ‘Sei personaggi in cerca d’autore’ di Luigi Pirandello per la regia di Daniele Salvo. Un adattamento, curato dallo stesso regista, dove viene rispettato lo spirito del grande siciliano e i personaggi che si fanno persone e rivivono il proprio dramma all’infinito nella speranza di vederlo messo per iscritto e quindi diventare opera di un autore, continuano ad affascinare e inquietare gli spettatori.
Per scelta registica, la scena viene divisa quasi in due, con gli attori che si distinguono per leggerezza e scarsa personalità (Maria Chiara Centorami, Roberto Mantovani, Germana Di Marino, Francesco Iaia, Alessandro Gorgoni) diretti da un regista/autore un po’ approssimativo (Martino Duane) e dal suo bizzarro assistente (Giuseppe Rispoli) e i personaggi che invece sono profondi, tormentati, figure tragiche e sospese sul filo che ripetono all’infinito, ossessivamente, le proprie brevi e terribili esistenze (Carlo Valli, Marta Nuti, Selene Gandini, Alberto Mariotti, Giorgia Ferrara).
Mettere in scena oggi ‘Sei personaggi’ significa rammentare al pubblico quanto sia attuale Pirandello con i suoi temi legati all’assurdo, al meta-teatro e al linguaggio. Il merito di Salvo è quello di non tradire il testo originale e di cercare di comunicare i tanti messaggi di quest’opera attraverso una messa in scena elegante, frizzante che solo raramente perde un po’ in ritmo ma mai in intensità emotiva. Interessanti alcune soluzioni sceniche e lo sviluppo in chiave quasi drag queen di Madama Pace (Barbara Begala), così come l’idea di far muovere quasi come burattini alcuni attori quando devono rappresentare il dramma dei personaggi.