(AGI) - Napoli, 12 lug. - Condannato a 8 anni, dopo un processo in cui il giudice di Napoli ha ritenuto necessario una celebrazione a porte chiuse per impedire che i suoi parenti continuassero a minacciare e intimidire la teste d'accusa principale, la sua compagna, vittima delle sevizie e degli abusi. La storia di Ingrid, nome di copertura che la polizia ha dato a una donna ucraina 42enne, e' esempio di come chi denuncia le violenze possa trovare ascolto. In questo caso, dagli agenti del commissariato Vasto-Arenaccia che con pazienza l'hanno rintracciata e le hanno assicurato un luogo protetto e cure continue. La donna, dopo due anni di vessazioni e umiliazioni, anche per un intervento degli agenti per una segnalazione di 'lite familiare' aveva raccontato quanto le stava accadendo dal 2013, quando, giunta in Italia per trovare fortuna, aveva incontrato un suo coetaneo, L.R. che, dopo averla corteggiata, le aveva promesso una vita migliore insieme. L'uomo diventera' il suo aguzzino, privandola del passaporto, impedendole di uscire da casa, minacciandola di morte, violentandola quando era ubriaco, legandola anche per ore alla ringhiera del soppalco, costringendola a uscire per elemosinare denaro che, puntualmente, utilizzava per l'acquisto di alcolici. I poliziotti arrestano l'uomo nel febbraio 2015, dopo averlo sorpreso mentre sferrava calci in faccia a Ingrid, tanto da procurarle lesioni per cui fu indispensabile il ricovero in ospedale. Dimessa dall'ospedale, la 42enne si rende irreperibile per le minacce subite dai familiari dell'arrestato. Ma gli agenti riescono a trovarla e la conducono in una localita' protetta, dove e' stata sino al processo. L.R., certo che la sua compagna non avrebbe testimoniato, si trova invece in aula da solo con Ingrid, accompagnata da quelli che sono divenuti i suoi angeli custodi: un avvocato e gli agenti del commissariato. (AGI)
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