La prima battaglia a suon di numeri la vince l'inedito asse tra M5s e Pd che la spunta al Senato, mettendo in minoranza Lega e centrodestra, e ottenendo che l'Aula non voti la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte. Il premier, quindi, non dovrà presentarsi davanti all'Assemblea di palazzo Madama con la spada di Damocle di un voto politico sul suo destino, ma renderà le sue comunicazioni martedì prossimo, 20 agosto, alle 15. Poi, tutto dipenderà dalle sue decisioni: attendere un voto sulle risoluzioni che possono essere presentate, oppure salire direttamente al Colle per rassegnare le dimissioni.
Al momento, non è nemmeno escluso che ad esempio il Movimento 5 stelle presenti una sua risoluzione a conferma della fiducia a Conte e che possa essere messa ai voti e incassare il sì del Senato. Ma, osservano fonti Pd, difficilmente i dem potrebbero appoggiare un documento che 'spianerebbe' la strada a un possibile proseguimento del governo dell'avvocato. Se poi il premier dovesse decidere di presentarsi anche alla Camera - difficile però se si dimette prima - l'Aula è pronta ad ascoltarlo il 21 alle 11,30. Fatto sta che la Lega, per la prima volta dopo un anno e mezzo di maggioranza, finisce in minoranza assieme a Forza Italia e Fratelli d'Italia.
Sfida tra ex alleati sul taglio dei parlamentari
Tutte bocciate le proposte alternative di calendario: dal voto già oggi sulla mozione di sfiducia a Conte, passando per il voto domani dopo le commemorazioni sulla tragedia del Ponte Morandi, fino al voto sulla sfiducia il 20, dopo le comunicazioni di Conte. Il blocco granitico di M5s, Pd, Leu e Autonomie respinge ogni tentativo del centrodestra. Ma la Lega, consapevole dei numeri a suo sfavore, aveva già pronta la contromossa per uscire dall'angolo. Ad annunciarla in Aula è lo stesso Matteo Salvini che sfida l'ormai ex alleato Luigi Di Maio: vuoi il taglio dei parlamentari subito? Bene, lo votiamo. Ma poi tu "mantieni la parola e si va subito al voto".
Di Maio esulta per la "vittoria", sostenendo che "Salvini ha ceduto". E, comunque, assicura, "M5s è pronto a votare ma decide Mattarella". E la capigruppo di Montecitorio all'unanimità calendarizza per l'Aula la riforma pentastellata sul taglio dei parlamentari: appuntamento per il 22 pomeriggio.
Si può votare dopo il sì alla riforma?
A questo punto entrano in gioco costituzionalisti e esperti in materia: si può tornare alle urne dopo il via libera finale alla riforma costituzionale e prima dell'eventuale referendum? Per la Lega "assolutamente sì", scandisce Roberto Calderoli. Ma non tutti sono dello stesso avviso. Ad esempio, per il costituzionalista e deputato Pd Stefano Ceccanti, "ci sono due problemi per la mossa propagandistica di Salvini. Il primo è che calendarizzando Conte in Aula per il 20 da lì in poi si apre la crisi e sono possibili solo atti dovuti", quindi niente voto sulle riforme.
"Il secondo problema è che tra il quarto voto finale" che si svolgerà alla Camera e "l'applicabilità della riforma passano circa una decina di mesi sulla base della legge 352 1970 e della 51 del 2019", aggiunge l'esponente dem. Dello stesso avviso anche il costituzionalista Francesco Clementi, secondo cui l'iter della riforma non si può bloccare. Dubbi che si riflettono al Quirinale, dove si sta ovviamente studiando la questione ma dove si respira una certa perplessità sulla possibilità di varare una riforma che modifica radicalmente la composizione del Parlamento per poi congelarla per i successivi cinque anni. "Le convulsioni della crisi di questo Governo rischiano di investire le istituzioni. Fiducia e sostegno al Presidente Mattarella", scrive su Twitter Paolo Gentiloni, presidente del Partito democratico.
Secondo di Maio, Salvini è in un cul de sac
Intanto il centrodestra parla senza mezzi termini di "patto della poltrona" tra M5s e Pd per evitare il voto. "Io non ho paura del voto", scandisce invece in Aula Salvini, il cui intervento - molto duro soprattutto nei confronti del Pd e di Matteo Renzi - scatena la dura reazione di dem e M5s con diversi momenti di tensione nell'emiciclo. E il capogruppo del Pd, Andrea Marcucci, protagonista di un duro scontro con la presidente Elisabetta Casellati, 'rea' a suo dire di aver concesso troppo tempo al titolare del Viminale, replica: "Io nemmeno ho paura del voto, ma a volte ho paura di lei".
Ora però ci si interroga, sia nel Pd ma soprattutto tra i 5 stelle, sulla mossa a sorpresa di Salvini. "È un bluff", sostengono fonti dem. "Sta ingannando i 5 stelle per incassare le elezioni subito". Di fatti, sostiene una fonte parlamentare leghista, "se il 20 Conte, dopo le comunicazioni al Senato, si va a dimettere al Colle, si va direttamente a elezioni, altro che taglio dei parlamentari", che tra l'altro dovrebbero essere votati due giorni dopo dalla Camera. Non è un caso se Di Maio, a fine giornata, afferma: "Quella di Salvini è la mossa della disperazione, è in un cul de sac", decida se vuole la riforma o le elezioni. "Se votano la sfiducia a Conte non possono tagliare i parlamentari, se vogliono invece tagliarli non possono votare la sfiducia a Conte".