"Il vento sta cambiando, hanno vinto i romani, è una svolta". Il 19 giugno 2016, Virginia Raggi festeggiava così la storica conquista del Campidoglio da parte del Movimento 5 Stelle. Tre anni dopo, passeggiando tra rifiuti che si accumulano fuori dai cassonetti e bus che circolano a singhiozzo, i romani faticano a percepire questo vento.
Se il primo anno di mandato della Raggi è stato caratterizzato dalle difficoltà sulle nomine, il secondo è scivolato via nell'attesa della sentenza del processo di primo grado per falso a carico della sindaca - assolta perché il fatto non costituisce reato - in relazione alla nomina di Renato Marra alla guida della Direzione Turismo. Mentre il terzo è passato nel tentativo di recuperare il tempo perduto, con alcune iniziative sul tema della legalità dal contrasto ai clan Casamonica e Spada alla difesa della scelta di assegnare le case popolari ai rom.
Nel frattempo, stando ai risultati delle ultime europee, se si andasse a votare oggi per il Campidoglio i 5 Stelle rimarrebbero fuori anche dal ballottaggio, con le periferie che hanno voltato le spalle al Movimento preferendogli una novità assoluta per la città: il centrodestra a trazione leghista. Eletta sull'onda dello sdegno cittadino per l'inchiesta Mafia Capitale, dopo tre anni la sindaca cerca ancora risultati tangibili sui principali dossier: mobilità, rifiuti e decoro.
La città resta poco funzionale per romani e turisti. E deve fare i conti anche con l'insofferenza crescente di ampi strati della popolazione che risiede nelle periferie, vive i disagi dei servizi pubblici carenti e beneficia poco o nulla della presenza di 13 milioni di visitatori ogni anno. Come dimostrano le rivolte degli ultimi mesi in alcuni quartieri, cavalcate dall'estrema destra.
Rifiuti e trasporti i nodi più gravi
La qualità dei servizi erogati dal Campidoglio tramite le sue partecipate resta distante da quelli delle altre capitali europee. Lo attestano i numeri: l'ultimo bilancio approvato di Atac certifica 5 milioni di chilometri in meno percorsi rispetto all'anno precedente. Mentre sulla raccolta differenziata se il piano industriale di Ama parla di obiettivo del 70% entro il 2021 la realtà dice che oggi siamo al 46%. Va segnalata una differenza tra le due aziende.
In Atac la scelta della giunta Raggi di procedere al concordato preventivo, visto il debito da 1,4 miliardi di euro che schiacciava i conti aziendali, è stata vincente. Il Tribunale fallimentare ha approvato il piano di risanamento e l'azienda, forte di un finanziamento di quasi 170 milioni della giunta ha avviato - seppure con qualche inconveniente - i bandi per acquistare in totale 600 nuovi bus entro il prossimo anno. Un passaggio necessario a ringiovanire un parco vetture che conta circa 2 mila mezzi, con oltre 11 anni di età media, (come testimoniano le frequenti rotture e i bus in fiamme) e ad aumentare chilometri percorsi e ricavi da biglietti e abbonamenti.
Mentre in Ama i continui cambi di governance, 4 in 3 anni, hanno reso difficile instradare una serie di scelte fondamentali per migliorare il ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, fragile e non autosufficiente. Così l'incendio del Tmb Salario di dicembre scorso ha portato alla chiusura dell'impianto, attesa da anni dai cittadini, ma non alla programmazione di nuove strutture permanenti chiamate a sostituirlo. E di fatto, ogni volta che uno dei 3 Tmb rimasti accusa un problema, il rischio di un'emergenza resta dietro l'angolo.
Lo stallo sulle infrastrutture
Sulle nuove infrastrutture di trasporto si misura una certa difficoltà della giunta M5s di pensare il rinnovamento della città nel lungo periodo. La Raggi ha messo a frutto i 425 milioni di euro messi a disposizione dal governo di Paolo Gentiloni per la manutenzione delle Metro A e B: si parte da giugno ad agosto con la sostituzione delle rotaie in alcuni tratti. Ma quanto alle nuove opere di mobilità realizzate, per ora si contano solamente una serie di piste ciclabili (Nomentana, Tuscolana) e l'apertura a breve del corridoio filobus sulla Laurentina, i cui cantieri si trascinano dal 2009 tra ritardi ed inchieste giudiziarie.
La prosecuzione della Metro C oltre il Colosseo (l'apertura delle due fermate in costruzione è attesa per la fine del 2022) resta affidata ad una project review in corso da mesi, per la quale andrebbero poi reperiti i fondi. Mentre per le 5 nuove linee di tram, il restyling della ferrovia Termini-Centocelle e la funivia Casalotti-Battistini annunciati dalla giunta, ci sono i progetti ma non ancora le risorse.
Sull'investimento privato più grande atteso in città, lo stadio dell'As Roma a Tor di Valle, operazione da circa 1 miliardo, 2 anni dopo l'accordo tra la giunta, il club giallorosso ed il costruttore per rivedere l'opera diminuendo le cubature la situazione è in stallo. L'inchiesta avviata a giugno dello scorso anno dalla Procura di Roma per presunta corruzione attorno al progetto - che ha coinvolto a vario titolo il costruttore Luca Parnasi, l'ex presidente di Acea Luca Lanzalone, il presidente dell'Assemblea Capitolina, il 5 Stelle Marcello De Vito, ed esponenti politici di Pd e Forza Italia - di fatto ha congelato la situazione.
La sindaca ha voluto vederci chiaro sulla correttezza formale degli atti prodotti dal Campidoglio, affidando una due diligence al Politecnico di Torino sulla mobilità. Ma, una volta fugati i dubbi di legalità, manca ancora l'intesa finale con club e costruttore sulla convenzione da votare in Aula assieme alla variante urbanistica. Un braccio di ferro, legittimo vista la fragilità dell'opera sul versante della mobilità, che prolunga i tempi di un progetto di cui si ragiona da 5 anni senza essere arrivati ancora al via libera finale ai cantieri.
Così, tra un incedere che alterna strappi di grande visibilità mediatica con periodi sottotraccia, il rischio è che gli ultimi due anni di mandato si trasformino in una lenta attesa della prossima campagna elettorale, con la variabile di una possibile deroga del Movimento alla Raggi per tentare la rielezione e un secondo mandato.