Una "sfida vinta" nonostante mesi fa sembrasse un'impresa impossibile. I promotori del referendum costituzionale confermativo della riforma che taglia il numero dei parlamentari cantano vittoria per il raggiungimento dell'obiettivo di almeno 64 firme di senatori a sostegno della consultazione popolare, ovvero un quinto degli eletti del Senato, come recita l'articolo 138 della Carta.
E la campagna di raccolta non si fermerà qui: andremo avanti. L'importante, e la linea che accomuna tutti i promotori, è che "nel paese si svolga finalmente un dibattito sulla riforma e sui suoi effetti". Che, non c'è bisogno di dirlo, per i promotori sono negativi, anzi, "un danno per la nostra democrazia".
Ma, soprattutto, per i promotori, altra posizione che li accomuna tutti - nonostante provengano da forze politiche diverse - è che non è affatto vero che lo svolgimento del referendum, spostando di fatto in là nel tempo l'entrata in vigore della riforma, rappresenti un'accelerazione verso la fine anticipata della legislatura e un ritorno alle urne.
Lo hanno spiegato in una conferenza stampa alla Camera Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone, presidente e vicepresidente della Fondazione Einaudi, e i tre senatori Andrea Cangini (FI), Tommaso Nannicini (Pd) e Nazario Pagano (FI).
"Come Fondazione Einaudi abbiamo deciso di sfidare la sorte quando annunciammo tra lo scetticismo generale questa iniziativa", ricorda Benedetto. Allora "ci dissero: ma siete matti? Noi non so se vinceremo il referendum, ma pensiamo sia giusto consentire agli italiani di esprimersi su una riforma di questa portata. Negli anni si sono svolti due referendum costituzionali che prevedevano", anche se non in maniera cosi' diretta, "il taglio dei parlamentari e sono stati entrambi respinti dai cittadini. Vedremo questa volta cosa succede".
Per Giacalone, "innanzitutto, un Parlamento può funzionare benissimo avendo meno parlamentari in rapporto con la popolazione ma vale anche l'inverso. Che funzioni meglio o peggio se ha più o meno parlamentari è un assunto di fede demagogica privo di riscontri nella realtà" ed e' anche "una questione di prudenza istituzionale e di saggezza chiedere l'opinione dei cittadini, visto che le maggioranze" tra i primi voti sulla riforma e l'ultimo "sono variate".
Quanto al "legame tra convocazione del referendum e sorte della legislatura, è un argomento a doppia lama. Posso leggerlo sia che convocando il referendum la riforma entra in vigore solo dopo e in quel lasso di tempo se si svolgessero elezioni anticipate si voterebbe per la vecchia composizione del Parlamento e sarebbe quindi un forte incentivo ad andare a votare prima. Ma si può sostenere anche il contrario. Entrambe le letture partono dal presupposto del mantenimento delle poltrone. Ma le legislature durano in tanto in quanto c'e' una maggioranza e il governo e' in grado governare".
Dello stesso avviso Nazario Pagano (FI), che ricorda di essere stato "contrario alla riforma sin dal primo momento, per alcuni di noi è una battaglia di civiltà. Ho fiducia nel popolo italiano". Andrea Cangini (FI) sottolinea: "Il risparmio è pari allo 0,007% della spesa pubblica, non è questo il vero obiettivo ma è demagogico, esibire la testa mozzata della politica in cambio di consensi, ma i partiti che non hanno questa impostazione demagogica dovrebbero difendere la politica non per mantenere la poltrona. Nel merito la riforma è indifendibile, anzi è dannosa, provoca un danno oggettivo. Il punto non e' il parlamento ma la democrazia. Le istituzioni non possono essere ridotte a una questione di soldi o poltrone, è avvilente".
Infine, Tommaso Nannicini (Pd) ha sottolineato: "Non ci sono legami con la durata della legislatura" e la riforma nasce su un "humus di anti politica che già ha fatto tanti danni. Continuo ad auspicare che si approvino dei correttivi, a partire dalla legge elettorale, che possano dare un senso a una riforma che ora un senso non ce l'ha. Se non arriveranno correttivi votero' no al referendum".
Referendum che non ha impatto sulla durata della legislatura, ha sostenuto l'esponente dem, invitando a smetterla con il "complottismo su a chi serve il referendum e a cosa porterà. Io da parlamentare del Pd spero che una finestra che potrebbe consentire di votare con le vecchie regole possa invece aiutare la maggioranza a trovare una coerenza di indirizzo politico che ogni tanto latita e dare un senso alla legislatura per farla durare più a lungo"
I nomi dei firmatari
- PSI-ITALIA VIVA: Garavini, Nencini;
- LEGA (ex M5S): Grassi, Urraro;
- 5STELLE: Giarrusso, Di Marzio, Maricotti - PD: Nannicini, Verducci, Rojc, Rampi, D'Arienzo, Giacobbe, Pittella
- FORZA ITALIA: Serafini, Cangini, Dal Mas, Masini, Caliendo, Moles, Causin, Minuto, Fantetti, Pagano, Rizzotti, Binetti, Stabile, Schifani, Mallegni, Sciascia, De Siano, Carbone, Caligiuri, Cesaro, Saccone, Vitali, Lo Nardo, Messina, Craxi, Berardi, Perosino, Alderisi, Paptheu, Barboni, Fazzone, Biasotti, Aimi, Giro, Modena, Malan, Gasparri, De Poli, Pichetto, Fratin, Paroli; -
- MISTO: Martelli, De Falco, Nugnes, Fattori, Bonino, De Bonis, Buccarella, Merlo, Cario,
- Rubbia (Senatore a vita).
La scelta di Forza Italia
Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, ha sottolineato la posizione del partito guidato da Silvio Berlusconi: "Noi come Forza Italia abbiamo votato a favore del taglio del numero dei parlamentari, pur evidenziando alcune criticità. Si è guardato giustamente ai risparmi, ma non si è intervenuti sull'efficientamento del sistema legislativo e sulla rappresentatività: ci saranno Regioni che potrebbero non avere un rappresentante di opposizione in Parlamento".
Il commento di Giuseppe Conte
"Abbiamo tanto da fare ancora". Così il presidente del Consiglio ha risposto a chi gli chiedeva se il referendum sulla riforma che introduce il taglio degli eletti avrà un impatto sul governo. "Non influenza e non può influenzare l'agenda" di governo, ha precisato il premier, al termine della cerimonia di auguri di fine anno al Quirinale. "Sono percorsi istituzionali", ha continuato. "Giorno dopo giorno lavoro per risolvere i problemi".
Il taglio degli eletti
Dagli attuali 945 ai futuri 600 parlamentari. Una 'sforbiciata' degli eletti complessivi pari al 36,5% che, stando ai detrattori della riforma, porterebbe a una riduzione dei costi dello 0,007%. Per i 5 stelle, che della riforma hanno fatto un cavallo di battaglia, si risparmierebbero invece circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui. La riforma costituzionale taglia 345 parlamentari. L'approvazione definitiva è arrivata lo scorso ottobre, con il via libera della Camera.
E con la nascita del governo giallorosso, è stata appoggiata per la prima volta anche da Pd, Leu e Italia viva (nonostante nelle tre precedenti votazioni avessero votato contro). Hanno votato a favore anche le forze di opposizione, Forza Italia, FdI e Lega.
L'effetto diretto della riforma è la diminuzione del numero dei deputati, che passano da 630 a 400 totali, e dei senatori, che scenderanno a 200 totali dagli attuali 315.
- CAMERA: i deputati complessivi, ora 630, saranno 400. Viene ridotto anche il numero degli eletti all'estero: si passa dagli attuali 12 a un massimo di 8. A seguito della modifica costituzionale cambia anche il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto. Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenta da 96.006 a 151.210. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per 392 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
- SENATO: i senatori passano dagli attuali 315 a un totale di 200. Viene modificato anche il numero degli eletti all'estero, che passano da 6 a 4. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce, a sua volta, da 188.424 a 302.420. Al momento la Carta stabilisce che "nessuna Regione puo' avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle d'Aosta uno". La riforma individua un numero minimo di tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando immutata la previsione vigente dell'articolo 57, terzo comma della Costituzione, relativo alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d'Aosta (1 senatore). Viene però previsto, per la prima volta, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
- SENATORI A VITA: la riforma modifica anche l'articolo 59 della Costituzione, prevedendo espressamente che il numero massimo di senatori a vita non puo' essere superiore a 5. Recita l'articolo modificato: "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non puo' in alcun caso essere superiore a cinque".