Il timore di diversi 'big' della Lega è che possa prevalere quello che viene definito il 'fronte della restaurazione', che nei prossimi mesi si possano manifestare scenari 'renziani', quando il Pd dal 40% comincio' poi la discesa nei consensi. La prossima settimana di fatto si chiuderà la finestra per il voto in autunno. È vero che la Lega ha incassato il si' alla realizzazione della Tav e che sono arrivati segnali - cosi' ha detto lo stesso segretario del partito di via Bellerio - di un cambiamento.
Ma in queste ore, spiegano fonti parlamentari leghiste, è in corso l'ultimo pressing su Salvini affinché decida di andare alle elezioni anticipate. "Monetizziamo il consenso adesso, altrimenti si rischia il logoramento", è la tesi del 'partito pro-voto' che tra gli ex lumbard è tornato a farsi sentire. Raccontano, per esempio, che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti sia "salito su una sorta di Aventino", che continui a ritenere "l'opzione del voto anticipato come l'unica opzione valida sul campo". E cosi' anche i governatori del Nord che non sono soddisfatti di come stanno andando le trattative sull'autonomia.
Ma il bersaglio ora non è più solo l'ala pentastellata che nutre malessere crescente nell'alleanza con la Lega. Nel mirino c'è quello che molti nella Lega chiamano 'l'asse del sistema'. Composto, a sentire tanti deputati e senatori, dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dai ministri Tria e Moavero e da chi ipotizza esecutivi di natura istituzionale in caso di interruzione della legislatura.
Il segnale arrivato ieri a Montecitorio, con 17 deputati M5s - e l'assenza del presidente della Camera Roberto Fico - che non hanno votato il dl sicurezza bis potrebbe ripetersi al Senato, anche se i capigruppo di M5s e Lega stanno lavorando per sminare il terreno e permettere - difficile ma non esclusa la decisione di non blindare il testo - l'approvazione definitiva del provvedimento pure a palazzo Madama. Fino a quando riuscirà a tenere i suoi che vogliono andare a elezioni? "Fino a quando le cose si fanno e fino a quando qualcuno la smette di litigare e di insultare quotidianamente", ha tagliato corto il vicepremier leghista.
La preoccupazione nella Lega è legata alla manovra e al fatto che questo governo e questa maggioranza non abbiano la forza per andare allo scontro aperto con l'Europa. Sia per le resistenze interne all'esecutivo sia per l'atteggiamento di Bruxelles che potrebbe non concedere a Roma quella flessibilità richiesta per varare una legge di bilancio "coraggiosa, importante e ambiziosa". La Lega ha messo da parte i 'mini-Bot' e anche - viene spiegato da diversi 'big' - le idee di Siri sulla flat tax.
Ma l'obiettivo è varare la riforma fiscale, arrivare ad una manovra di circa 40 miliardi ed è una partita - riflettono diversi dirigenti del partito di via Bellerio - difficile da giocare. Sia ieri sera che questa mattina Salvini è andato giù duro nei confronti del responsabile di via XX settembre: "Se qualcuno - ha osservato - ha dubbi o paure, basta dirlo: ma allora quel qualcuno è fuori posto. Cosa faccio una manovra economica all'acqua di rose?". Commento di Di Maio: "Chi dice di aver perso fiducia nel ministro dell'Economia e nel premier non fa bene al Paese. Entrambi - ha osservato il responsabile del Lavoro e dello Sviluppo economico - hanno portato avanti trattative complesse con l'Ue, scongiurato procedure, abbiamo spread basso anche grazie al loro lavoro. È il momento di capitalizzare nella manovra".
Una risposta a chi vuole capitalizzare i consensi, dunque. La flat tax? "È ancora un mistero per me. Non ho ancora visto le coperture". "Esercito la pazienza, ma di certo la Lega non voterà una manovra timida", la contro replica di Salvini. Polemiche che si concentrano non solo su Tria, ma anche su altri ministri come Toninelli ("È il ministro dei blocchi", insiste la Lega) e Bonafede. "Ho visto una bozza di riforma della giustizia che non mi piace perché non taglia i tempi dei processi, non separa le carriere, non introduce il merito", dice Salvini mentre dal Movimento 5 stelle si sottolinea come la separazione delle carriere non sia contenuta nel contratto di governo.
Il piano del Guardasigilli è quello di portare al più presto la riforma in Consiglio dei Ministri ma al momento le due forze che hanno contratto il programma non hanno trovato alcuna intesa. È Salvini a dettare la linea e nessuno nel partito alza la voce e ne contesta la leadership ma chi nella Lega spinge per 'riaprire' la discussione sull'opzione voto teme che il proprio segretario possa rimanere imbrigliato e non portare a termine i programmi del Carroccio. Da giorni la crisi ormai sembra superata e anche l'incontro di ieri tra Salvini e Di Maio è servito per ribadire la volontà di andare avanti, ma in ogni caso la prossima settimana resta decisiva. Sia sulla manovra - la Lega dovrebbe presentare le sue proposte alle parti sociali il 6 o 7 agosto - sia per capire quale sarà la temperatura nel governo e nella maggioranza.