“Nella nostra storia tutto dice che siamo progressisti e riformisti, per natura. Ma non dobbiamo essere noi 5Stelle a modellarci agli altri, bensì costringerli a migliorarsi”. In un’intervista a Il Fatto Quotidiano, Roberta Lombardi, capogruppo 5 Stelle alla Regione Lazio, traccia il futuro del Movimento dopo l’uscita di scena del capo politico Luigi Di Maio, dimessosi due giorni fa. E indica, come falsa riga, il modello del Lazio dove “grazie a noi il Pd si è convinto a realizzare cose come l’ampliamento del parco dell’Appia Antica”. Come dire: con il Pd “lo stiamo facendo”.
Poi Lombardi aggiunge di leggere sui giornali di contrapposizioni tra riformisti e neutralisti, “ma prima di arrivare a quella domanda, dovremmo chiederci se vogliamo fare l’opposizione dura e pura oppure se lavorare, mantenendo la nostra identità, con chi voglia realizzare i nostri temi”. Quindi s’interroga: “Vogliamo essere governisti? Serve un verdetto definitivo”. E questo verdetto dovrà uscire dagli Stati Generali programmati per marzo, anche se – aggiunge Lombardi quasi a mettere le mani avanti sulle modalità del loro svolgimento – “sono i primi della nostra storia”.
Tuttavia indica che dovranno toccare “tre argomenti: i valori di riferimento, le regole interne e l’organizzazione, e i temi futuri”. “Di obiettivi ne abbiamo già realizzati tanti – prosegue Lombardi –, dal Reddito di cittadinanza al decreto Dignità e alla legge anticorruzione, e dobbiamo esserne orgogliosi. Ma ora va capito cosa fare da grandi”, chiosa.
Sul come e chi riscriverà le regole, la capogruppo del Lazio consiglia di andare “a riprendere il lavoro svolto tra giugno e luglio nelle assemblee regionali e sulla piattaforma web Rousseau, quando abbiamo raccolto i pareri e gli spunti degli attivisti e dei gruppi locali su riorganizzazione e collocazione politica del M5S”, cosicché “una volta compreso l’orientamento della base, va scritto un documento che poi si potrà emendare su Rousseau e nelle assemblee locali”, spiega. Ad ogni modo a suo avviso “è necessario tornare a una forma collegiale, per noi identitaria, in cui però ci sia un primus inter pares perché la legge richiede un capo politico”.
E a quest’ultimo, nella persona di Luigi Di Maio, Lombardi riserva un rimprovero: “Se definisci superficialmente il Pd come il partito di Bibbiano e poi ci fai un governo, come lo spieghi alla gente?”