Sullo sfondo nel governo resta la preoccupazione per l’innalzamento dello spread. “Un allarme ingiustificato”, per il ministro dell’Economia, Tria. “Spero non sia condizionato dalle vicende politiche”, osserva Giorgetti. “C'è evidentemente qualche segnale di agitazione dei mercati”, rimarca il premier Conte. Anche per questo motivo M5s e Lega hanno tirato il freno.
Le distanze nella maggioranza restano: per Salvini il vincolo del 3% del rapporto deficit/Pil “non deve essere una gabbia, non è la Bibbia”, per Di Maio “occorre evitare tensioni finanziarie”. Ma tutti, dai vicepremier ai ministri, hanno evitato di alzare i toni, lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha negato di aver evocato la crisi.
Anche perché c’è sempre il fantasma dell’aumento dell’Iva, “non sarà un’impresa facile evitarla ma ce la faremo ad evitare l’aumento”, ha rimarcato lo stesso Conte. Il ministro dello Sviluppo sta lavorando ad un decreto sulle famiglie (1 miliardo di euro a Fondo per le politiche familiari) e, pur non avendo invitato al tavolo il ministro Fontana, si è detto disponibile “a prendere tutto il pacchetto di norme e di soldi e a darlo” a lui, pur di preservare la collaborazione.
Sono tante le partite aperte. A partire dal decreto crescita. Con gli emendamenti (ne arriverà uno della Lega anche contro la fuga dei cervelli) presentati, il decreto è diventato una vera e propria Finanziaria, osserva un ‘big’ del Carroccio. E poi c’è lo sblocca cantieri che divide e non poco la maggioranza.
Gli altri ‘dossier’, dal dl sicurezza bis all’autonomia, dal salario minimo al conflitto d’interessi, restano ‘congelati’ anche se i rispettivi leader spingono e spingeranno per portare a casa risultati. Un passo avanti si è registrato sulla norma che tiene fuori i partiti dalle nomine sulla sanità, inserita nel dl Calabria: è passata nella Commissione Affari sociali, con l’astensione della Lega.
Fino al 26 maggio i nodi principali non saranno sciolti. A partire dall’autonomia. “Sciogliete i nodi più importanti e poi ne riparliamo”, il messaggio recapitato al partito di via Bellerio. “Si tratta di una scelta politica. Così si perde una grande occasione, oltre a creare fibrillazioni nel governo”, la risposta. Le elezioni europee saranno comunque uno spartiacque, perché è vero che Salvini spiega che “non ci sarà un impatto sulle dinamiche interne”, ovvero “niente rimpasto”, ma è lo stesso Giorgetti a chiarire che i voti conteranno.
Dopo le europee chi avrà il consenso, detterà l'agenda
Ovvero chi avrà più consenso detterà l’agenda, l’assunto nel partito di via Bellerio. A partire dal tema della Giustizia. Oggi Salvini ha sottolineato come sarà proprio questo “lo snodo fondamentale”. Ovvero sarà questo l’argomento sul quale si andrà allo scontro.
“La riforma della Giustizia la fa il ministro della Giustizia”, avverte Bonafede. Il Guardasigilli ha portato avanti dei tavoli con magistrati e avvocati, “la riforma è pronta ma la Lega ha fatto saltare già due volte la riunione”, ha osservato Di Maio. Nella Lega c’è la consapevolezza che M5s, magari accorpando in un solo pacchetto riforma della giustizia penale e civile, voglia far contare i numeri in Cdm.
“Ma noi – spiega un esponente di governo della Lega – faremo contare i nostri voti. La riforma si fa solo se va nella giusta direzione”. Il testo è arrivato sul tavolo degli esponenti di governo del partito di via Bellerio. E le proposte sono considerate irricevibili, troppo spostate a favore delle procure.
“Noi siamo garantisti, ma loro vogliono una riforma punitiva”, spiega un altro esponente del Carroccio. Per questo motivo si aspetteranno le mosse di Bonafede (“Valuteremo la proposta e la emenderemo”, ha detto Salvini) e poi verrà lanciata una ‘controproposta’.
“Devono cambiare rotta. Vogliamo processi più snelli ma sulla presunzione d’innocenza non cediamo più”, spiega anche un senatore della Lega. Pesa il ‘caso Siri’, con la frattura che si è creata nella maggioranza e che proprio dopo il 26 potrebbe portare ad un nuovo braccio di ferro. Perché la Lega non rinuncia alle tutele per gli indagati e non vuole tenere aperti i procedimenti per anni.
La riforma della giustizia e la questione del garantismo
Per Salvini tuttavia “non si può certo pensare di diminuire i tempi dei processi, togliendo pezzi di processi e margini di garanzia”. Il responsabile del Viminale è stato netto: “O parte la riforma complessiva del processo penale di cui la prescrizione potrà essere una minima parte del complesso oppure non esistono processi all'infinito che vanno a sovrapporsi in una struttura come quella di oggi che è barbara. Vogliamo fare una riforma della giustizia non contro qualcuno ma coinvolgendo tutte le parti in causa, per non dare alibi a nessuno viste le esperienze del passato che sia fatta contro i magistrati, contro i pm, contro gli avvocati. La parola la mantengo, conto che lo stesso impegno valga per tutti".
Si è soffermato anche sul potere dei sindaci e sugli atti amministrativi: “Bisogna invertire il processo. Deve valere il silenzio-assenso. Se non mi rispondi entro trenta giorni do per scontato che tu mi dia ragione e io comincio il mio iter amministrativo”. Per di più ha spiegato di voler abolire l’abuso d’ufficio. Niente sconti o depenalizzazioni ma il principio della Lega è che M5s deve “cambiare rotta”, perché al momento “imprenditori e politici vengono considerati dei presunti colpevoli”, ha rimarcato lo stesso vicepremier leghista.
“Il ministro Bonafede ha le sue idee, noi abbiamo le nostre”, ha aggiunto. “Dopo il 26 maggio metteremo dei paletti, sulle nostre idee non arretreremo”, la promessa di un altro ‘big’ del partito di via Bellerio che non esclude la possibilità che sia proprio il tema della giustizia a far da detonatore ad una crisi di governo qualora M5s non voglia cercare una mediazione sulla riforma della giustizia.
Per di più a giugno l’Aula discuterà sulla resposabilità delle toghe in presenza di un’ingiusta detenzione e la Lega ha chiesto che sia fissato il termine degli emendamenti sulla separazione delle carriere.