Renzi potrebbe diventare il Macron italiano, un leader aggregatore di forze europeiste e democratiche. Ma per fare questo, e riuscire a costruire un'alleanza sociale simile, “non avendo la forza di lasciare il Pd e creare un suo partito come fatto dal presidente francese, dovrebbe portare allo scoperto e presentare agli elettori l’alleanza con Forza Italia”.
A fare il confronto tra Italia e Francia è Stefano Palombarini, economista italiano trapiantato in Francia, titolare della cattedra di Macroeconomia all'Università di Parigi 8-Saint Denis e coautore insieme a Bruno Amable del libro ‘L’Illusione del blocco borghese’, uscito in Francia durante l’ultima tornata elettorale che ha incoronato Macron.
Un ‘essai’ scritto prima ancora del risultato elettorale e che annuncia, quasi profeticamente, la nuova era. Da una parte crisi della ‘gauche’, dall’altra i tentativi dell’ultradestra di affrancarsi come soggetto politico credibile. La soluzione che i due economisti avevano intravisto, analizzando nel dettaglio le esigenze e le richieste che arrivano dal tessuto sociale, è quella della nascita di un ‘blocco borghese’, modernista e liberista, fautore dell’Europa, contrapposto con la sua forza ai movimenti ‘sovranisti o populisti’, in ascesa ma ancora troppo frammentati e conflittuali per governare.
“Una costellazione di interessi deboli e diffusi – spiega Palombarini in un’intervista all’AGI - che difficilmente potrebbero dare vita a un blocco sociale alternativo, inteso come un’alleanza di classe che si coagula attorno a un programma di governo”. Lo sforzo, spiega Palombarini, è quello del superamento dell’asse tradizionale sinistra-destra a favore di un fronteggiamento sulla questione europea: chi è pro e chi è contro.
Nel suo libro Lei parla della crisi della sinistra francese e di un nuovo modello che, superando il tradizionale asse sinistra-destra, contrappone il blocco borghese a una formazione politica di matrice popolare e sovranista. Quali sono le analogie con la situazione in Italia?
"La prima analogia è immediata: la Francia e l’Italia attraversano una lunga crisi politica, prodotta dalla difficoltà di stabilizzare un’alleanza sociale maggioritaria che si riconosca nelle politiche governative. La storia della crisi italiana inizia nel 1992, con la frattura del blocco sociale di sostegno al pentapartito. Questo periodo, lungo ormai un quarto di secolo, è stato contrassegnato essenzialmente dai tentativi di formare di un’alleanza tra le destre e un’altra di stampo progressista e socialdemocratico, ma entrambi i progetti sono falliti. In Francia invece, i due blocchi sociali di appoggio alla destra e alla sinistra esistevano, ed erano relativamente compatti fino all’inizio degli anni ottanta. Negli ultimi trent’anni però le contraddizioni tra gli interessi socio-economici presenti in ciascuna delle due alleanze sono andate crescendo, lo spazio per la mediazione politica si è ridotto e i due blocchi sono esplosi. Percorrendo strade diverse, Italia e la Francia si ritrovano dunque oggi in situazioni assolutamente paragonabili: una crisi politica corrispondente all’assenza di un blocco sociale dominante, prodotta in particolare dall’emergere della questione europea che impedisce di rappresentare l’insieme delle attese sociali esclusivamente sul tradizionale asse destra-sinistra".
Quindi la vittoria di Macron alle presidenziali francesi potrebbe essere un segnale anche per l’Italia che si ricompone politicamente in vista delle elezioni? Chi sarebbero in questo caso i protagonisti del ‘blocco borghese’?
"Lo scenario della crisi è analogo in Italia e in Francia, anche se il peso relativo dei vari gruppi sociali è molto diverso nei due paesi. In entrambi i paesi è ancora ben presente una differenziazione delle domande sociali che si può ricondurre al vecchio asse destra-sinistra. Da una parte i gruppi che chiedono un intervento pubblico importante in termini di sostegno allo sviluppo, riduzione delle disuguaglianze, servizi sociali; dall’altra i gruppi sociali che domandano una riduzione dei carichi burocratici e fiscali, e che vorrebbero uno Stato confinato al solo ruolo di gendarme del buon funzionamento dei mercati. A quest’asse tradizionale se ne è ormai sovrapposto però un altro, ortogonale al primo: i gruppi favorevoli alla moneta unica e all’approfondimento della costruzione europea, a quelli che invece richiedono una rottura e l’uscita dall’ euro".
È quindi la questione europea quella destinata a essere il nuovo spartiacque?
"Sì. Macron e Renzi, che per formazione e profilo sono personaggi molto distanti, hanno in questo quadro un ruolo analogo. Entrambi lavorano per costruire una soluzione alla crisi che prevede di sorpassare la divisione destra-sinistra, e la costruzione di un nuovo blocco sociale imperniato sull’adesione al progetto europeo. È questo il ‘blocco borghese’ di cui parliamo nel nostro libro. Una differenza importante è che Macron ha deciso di condurre questo tentativo in competizione aperta con le formazioni politiche tradizionali e fondando un proprio movimento, En Marche. In Italia invece, salvo novità che per ora non si intravedono, il blocco borghese prende progressivamente la forma di un’alleanza tra Forza Italia e il Partito Democratico. Però questa resta un’alleanza implicita, sotto traccia. Se Renzi volesse veramente incarnare il Macron italiano, non avendo la forza per uscire dal PD e creare un proprio partito, dovrebbe a questo punto proporla apertamente agli elettori".
Nel suo libro Lei parla ampiamente del fenomeno Le Pen e del populismo. In Italia, con le adeguate differenze, sembra che l’antieuropeismo si sia incarnato nel Movimento Cinque Stelle. Quali sono le analogie e le differenze?
"Le differenze sono legate alla storia dei due movimenti. Contrariamente ai Cinque Stelle, il Fronte Nazionale ha delle radici profonde nell’estrema destra francese. Marine Le Pen ha provato, almeno a livello di immagine, a reciderle, ma l’operazione sembra sul punto di fallire. L’analogia più forte è tra i Cinque Stelle e quel che sarebbe diventato il Fronte Nazionale se la ‘rifondazione’ promessa da Marine Le Pen fosse andata in porto".
Come sarebbe il nuovo scenario del ‘blocco borghese’ contrapposto a quello del blocco ‘sovranista’ o populista. Ritiene veramente possibile questo cambiamento?
"In questa nuova configurazione, il blocco borghese riunirebbe tutti i gruppi favorevoli alla costruzione europea e alla moneta unica: i quadri del settore privato, le professioni liberali, i medi e grandi imprenditori tradizionalmente legati alla destra che si ritroverebbero alleati ai dipendenti qualificati e ai quadri del settore pubblico, alle professioni intellettuali, ai mestieri della creazione, gruppi invece storicamente legati alla sinistra. Il programma politico del blocco borghese è chiaro e coerente: andare avanti, ed anzi accelerare l’unificazione europea, portando a termine le riforme - in particolare quelle del mercato del lavoro e della protezione sociale richieste in questo cammino.
Il consolidamento eventuale del blocco borghese lascerebbe però aperto un problema politico: quello della rappresentazione delle classi che ne restano escluse, quelle popolari. Il problema di queste classi, è che sono ostili al processo di costruzione europea per ragioni molto diverse. L’opposizione all’Ue di artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, lavoratori autonomi – storicamente legati alla destra – è sostanzialmente causata dall’inasprimento della concorrenza prodotto dall’apertura al commercio internazionale e dall’euro, che impedisce di recuperare competitività tramite svalutazioni della moneta. Ma questi gruppi sono tuttavia favorevoli alle riforme che introducono flessibilità sul mercato del lavoro e a quelle che puntano a ridurre il perimetro dello stato sociale, riforme invece che hanno generato la crescente ostilità al progetto europeo di disoccupati, operai, impiegati e in generale lavoratori dipendenti con qualifiche medie e basse.
Se la questione europea diventasse veramente centrale nella definizione dell’offerta politica, si produrrebbe una situazione inedita. Da un lato, a sostegno di UE ed euro, il blocco borghese, potenzialmente coeso ma socialmente minoritario. Dall’altro, favorevoli a una rottura in Europa, le classi popolari, maggioritarie ma portatrici di domande contraddittorie, tra le quali è ancora difficile immaginare una proposta di mediazione".
La difficoltà, secondo Palombarini, è proprio qui, e l’avvenire dipende – conclude l’economista nel libro - più che dalle persone proprio dalla possibilità di riformare, attraverso nuove alleanze politiche, un blocco dominante: difficoltà che anche in Francia, non è ancora stata del tutto risolta.