Referendum, dagli Usa endorsement per il sì
L'Ambasciatore Phillips, se vincesse il 'no' sarebbe un passo indietro. Opposizioni in rivolta

Roma - Se al referendum sulle riforme vincesse il no l'Italia farebbe "un grosso passo indietro". Parole che pesano, quelle dell'ambasciatore Usa in Italia, John Phillips. Un endorsement che agita ancora di più il già serrato confronto politico. Perché se secondo Phillips "quello che serve all'Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità, per questo il referendum apre una speranza", FI parte a testa bassa e liquida le parole dell'ambasciatore Usa come "un'ingerenza inaccettabile". Nel corso di un convegno del Centro di studi americani, Phillips ha aggiunto che "molti Ceo di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum", per capire quale sarà il contesto italiano per il loro investimenti e ha spiegato che proprio per questo la vittoria del si' "sarebbe una speranza per l'Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro".
"Il tema della governance è quello che stiamo affrontando con le riforme: semplificare, rendere il Paese più facile, ridurre i costi della politica per rendere il Paese più semplice", conferma, da Milano, Matteo Renzi. "Il signor ambasciatore Usa si faccia gli affari suoi e non interferisca, come troppe volte è già accaduto in passato, nelle vicende interne italiane", controbatte Matteo Salvini. "Spero che a novembre - prosegue il leader della Lega - vinca Trump, che ha già garantito che si occuperà delle questioni di casa sua. Se a votare si' al referendum sono i massoni, i banchieri e i poteri forti allora ancora più convintamente ci schieriamo per il no, ovvero per la libertà e il bene degli italiani".
Di Maio 'scivola' su Pinochet, "dittatore Venezuela"
Toni non dissimili, nella sostanza, da Sinistra Italiana: "Dopo Marchionne, residente in Svizzera, oggi arriva anche il Si' dell'ambasciatore statunitense nel nostro Paese. Tutto naturalmente per l'interesse degli italiani", ironizza da Twitter Nicola Fratoianni, dell'esecutivo nazionale di Sinistra Italiana. Linea dura anche da M5S che parla di "un intervento irrituale" che "appare come una grave ingerenza negli affari interni di un altro Paese". E, proprio dai 5 Stelle, a gettare altra benzina sul fuoco è l'affondo di Luigi Di Maio contro un presidente del Consiglio considerato come "il più grande provocatore del popolo italiano", accusato di trasformare il referendum in "un voto sul suo personaggio che ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come - accusa il vicepresidente della Camera - ai tempi di Pinochet in Cile". Parole che fanno insorgere il Pd, che fa quadrato intorno a Renzi accusando Di Maio di "raccapricciante strumentalizzazione" del dramma cileno. Mentre da Palazzo Chigi è Luca Lotti a liquidare le parole di Di Maio come "squallide" e giunte da un "piccolo uomo". (AGI)