Pd verso la scissione, chi ha deciso e chi ancora spera
A due giorni dalle dimissioni di Matteo Renzi, le possibilità che la guerra tra maggioranza e minoranza possa ricomporsi sembrano ridotte al lumicino

La direzione nazionale del Pd, un passaggio tecnico per nominare la commissione per il congresso del partito, in programma martedì 21 febbraio, diventa di fatto prodromica alla scissione. "Niente è ancora consumato" ma i segnali che arrivano dalla minoranza Pd continuano a indicare la via della separazione come l'unica percorribile. Nico Stumpo, deputato della minoranza, ha annunciato che gli otto componenti dell'area Bersaniana non parteciperanno alla direzione, anche se poi ha bollato come "prematura ogni considerazione" sulla formazione di nuovi gruppi parlamentari. A due giorni dalle dimissioni di Matteo Renzi, le possibilità che la guerra tra maggioranza e minoranza possa ricomporsi sembrano ridotte al lumicino.
E se Roberto peranza, Enrico Rossi e Michele Emiliano proseguono sulla loro strada, Andrea Orlando cerca un'intesa con altri esponenti del partito per presentare una candidatura alternativa a quella di Matteo Renzi e intanto lancia l'ennesimo appello all'unità: "Le responsabilità le abbiamo tutti. La scissione è sbagliata e aiuterebbe la destra", dice il guardasigilli che non esclude poi la possibilità di candidarsi se questo servisse per impedire fughe dal partito e precisa di non lavorare per "riorganizzare nuove correnti di cui non si sente il bisogno".
Anche Cesare Damiano, dopo le dure parole usate domenica in assemblea nei confronti di Renzi e del gruppo dirigente, cerca di convincere i colleghi di partito a non lasciare 'la ditta' e a proseguire la battaglia dall'interno per "coagulare un campo di forze progressiste e riformiste che si riconoscono nei valori del socialismo". Dall'esterno Enrico Letta guarda intanto "attonito al cupio dissolvi del Pd". "Mi dico - scrive su Facebook l'ex presidente del Consiglio mandando agli ex compagni di partito un invito alla "generosità e alla regionevolezza" - che non può finire così. Non deve finire così".
Parole al vento, almeno per ora. Perché Enrico Rossi conferma le sue intenzioni. "Stavo pensando di rispedire la tessera alla mia sezione", ha detto, perché "in questo partito" considerate le parole pronunciate domenica da Renzi "non c'è spazio". "Credo che si debba far cessare questo tormentore e parlare dei programmi - ha aggiunto -. Il Pd è diventato il partito di Renzi, non c'è spazio per una vera dialettica".
C'è poi chi tenta l'ultima mediazione: Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, lancia un appello a Renzi: "abbiamo l'ultima possibilità di salvare il Pd, Renzi non butti via tutto, faccia un gesto di umiltà, tolga anche lui ogni alibi per una scissione che farebbe male solo alla comunità democratica. Mi aspetto una risposta chiara e definitiva" perché, conclude, "il Pd è nato come progetto politico plurale, se perde questa caratteristica non è più il Partito Democratico ma una brutta copia della Casaleggio Associati".
Denis Lo Moro a 'Viva l'Italia': "Non c'è alternativa alla scissione"
Se Michele Emiliano non ha sciolto la riserva ("Ancora non so se andrò alla Direzione Pd"), Roberto Speranza, ex capogruppo del Pd alla Camera, di sicuro non ci sarà: "In questo momento, da parte mia, non ci sono le condizioni per stare nel congresso", ha spiegato. "Ci aspettavamo che nella replica di Renzi - ha proseguito ancora Speranza - ci fosse un messaggio di riapertura di una discussione e questo non è avvenuto. Ha fatto una scelta molto chiara che va nella direzione di rompere il Pd. Questo mi amareggia molto e chiaramente apre dentro di noi una riflessione", ha concluso.
Per approfondire:
- VIDEO - Giachetti: "D'Alema è il 'conducator' della scissione"
- La galassia progressista: i 12 schieramenti in campo a sinistra
- Le 7 correnti che animano il Pd