Quattro mesi dopo il 4 marzo il Pd è più spaccato che mai. Le posizioni in campo
La battaglia è già per il congresso: "La verità è che nessuno vuole essere il candidato di Renzi", dicono i 'big' che puntano a mettere in minoranza l'area dell'ex premier. Articoli di Repubblica e Stampa

Chiusa l'assemblea dem è ancora scontro sulle parole di Renzi. Martina prende posizione, ritiene sbagliate le critiche a Gentiloni, sottolinea di voler lavorare per "un Pd diverso". L'ex premier replica che si tratta solo di "politica", nessun intento polemico, "sono pronto a confrontarmi con tutti, su tutto, dall'Europa e l'immigrazione fino ai vitalizi o ai voucher".
Ed ancora: basta "con le divisioni interne e le lotte fratricide", "stanno attaccando il Matteo sbagliato". Di fatto l'avvio della fase congressuale più che sulle proposte da portare avanti resta fermo sulle responsabilità della sconfitta del 4 marzo. "Martina avrebbe potuto dire queste cose ieri, perché lo ha fatto solo oggi?", ironizza un renziano. "Si ricordi che lo abbiamo eletto noi", spiega un altro.
"Ho trovato sbagliate e ingiuste - dice al Corriere della Sera il segretario del Pd - le parole di Renzi e anzi difendo con orgoglio il lavoro del governo Gentiloni, a cominciare da Minniti sul tema migratorio. Gentiloni è una delle personalità più importanti che abbiamo, un punto di riferimento e credo che anche lui voglia aiutare il Pd e il centrosinistra a riscattarsi". E su Zingaretti? "Nicola - risponde Martina al Corriere - è risorsa preziosa. Tra di noi c'è collaborazione, non competizione". Quanto, poi, al profilo che il segretario vuole dare al suo Pd, Martina risponde così: "Popolare. Abbiamo il grande compito di dare uno spazio ai tanti italiani democratici, europeisti, che credono nei valori della solidarietà, dell'equità e della giustizia sociale. Se tanti con le magliette rosse sabato scorso hanno deciso di battere un colpo sul tema dell'accoglienza vuol dire che c'è speranza. Esiste una reazione agli estremismi di Salvini, un'alternativa al governo della paura e a questa destra nuova pericolosa".
No a scorciatoie, serve una via nuova per interpretare l’alternativa alla destra che oggi governa. Non si tratta di guardare al passato ma di dare un messaggio di speranza a tante persone distanti e disilluse che possono trovare in noi una strada credibile #AssembleaPD
— Maurizio Martina (@maumartina) 7 luglio 2018
Dall'ex presidente del Consiglio prende le distanze anche il sindaco di Milano Sala ("Non è la guida giusta, basta con l'uomo solo al comando") che deve incontrare Franceschini. L'obiettivo del fronte anti-renziano è quello di consolidare una rete di amministratori, oltre che nel partito, per far partire un nuovo corso. Con un lavoro di tessitura e l'obiettivo di ragionare non in ottica maggioritaria ma per riallacciare i legami con tutti i corpi del centrosinistra, a partire da Leu per finire con i sindacati e il mondo dell'associazionismo. Un'opera che porterà avanti il nuovo segretario.
Mi chiamo Matteo, lo so. Ma per un Matteo che lascia in mare 600 ostaggi con l'unico obiettivo di vincere due ballottaggi, c'è un Matteo che ha fatto di tutto per salvare vite #AssembleaPD
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 7 luglio 2018
Ma la battaglia è già per il congresso: "La verità è che nessuno vuole essere il candidato di Renzi, tutti quelli che hanno avuto contatti con lui ora lo criticano", è l'osservazione dei 'big' che puntano a mettere in minoranza l'area dell'ex premier. "E' un errore costruire un congresso contro Renzi, bisogna evitare di tornare alla dicotomia Ds-Margherita, la mela si può spaccare", ribattono i fedelissimi dell'ex segretario dem.

Sotto traccia si muovono i pontieri come Guerini e Delrio per evitare strappi. Agli atti c'è il gelo tra Renzi e Gentiloni e le stoccate di Calenda che mal ha digerito l'armistizio tra correnti siglato ieri. Il Pd è "in crisi puberale dal 5 marzo. C'è un clima di scontro perenne, così non si va da nessuna parte. Bisogna rifondare un fronte progressista ampio e articolato", rilancia l'ex ministro.
Io non ho paura della nostra pluralità se tutti manteniamo un principio di responsabilità #AssembleaPD
— Maurizio Martina (@maumartina) 7 luglio 2018
Mentre le truppe si posizionano (per ora in campo c'è soprattutto Zingaretti sul quale convergeranno gli orlandiani, big come Gentiloni e Veltroni, gli unionisti prodiani) il primo banco di scontro sarà sul dl dignità. Per i renziani va smontato, vanno alzate le barricate. Ma l'altra posizione interna al partito e' diversa e non è portata avanti solo dai fedelissimi di Emiliano e dell'ex Guardasigilli: va condivisa - questo il ragionamento - la filosofia di fondo per rendere più strutturale i rapporti di lavoro.
Il Pd si muove. Con fatica, ma finalmente si muove. Al bando ora ogni conservatorismo #AssembleaPD https://t.co/GWw9AkZLB7
— Nicola Zingaretti (@nzingaretti) 7 luglio 2018
È un sentimento comune che attraversa diverse aree dem: occorre lavorare per modificare il provvedimento caro a M5s, non fare una guerra. Probabile che emergeranno distanze all'interno dei gruppi parlamentari. "Ma i numeri ce li abbiamo noi...", mettono le mani avanti i renziani. La partita interna si giocherà anche su altri temi. Ed è lo stesso Renzi, nel sottolineare di essere pronto al confronto su altre questioni come i vitalizi, l'Europa e l'immigrazione, a far capire di non essere disposto ad arretrare. Fino alle Europee (l'obiettivo è dar vita ad un 'fronte repubblicano') in ogni caso l'ex presidente del Consiglio non scoprirà le proprie carte. "Sarà quello lo snodo cruciale", dicono i suoi.
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