Si riaccende il dibattito all'interno del Partito Democratico tra chi vuole un rafforzamento della missione in italiana in Libia e chi vuole la sua sospensione tout court. La maggioranza del gruppo alla Camera ha sostenuto la prima ipotesi, formalizzata nella risoluzione che porta le firme dell'ex ministro dell'Interno, Marco Minniti, della deputata Lia Quartapelle e dei capogruppo nelle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.
In sostanza, si propone di rafforzare la presenza italiana dopo che il governo Conte, con il nuovo corso impresso da Matteo Salvini, ha optato per un netto ridimensionamento delle competenze da affidare ai mezzi italiani in mare, lasciando che fosse la guardia costiera libica - a cui l'Italia ha ceduto alcune motovedette - a occuparsi del salvataggio dei naufraghi fuori dalle acque territoriali italiane.
Contro questo approccio si schiera Matteo Orfini, ex presidente dell'assemblea dem e leader di una corrente di minoranza critica nei confronti dell'attuale segreteria. Per Orfini e altri cinque deputati dem che hanno firmato una seconda risoluzione di opposizione assieme a Sinistra Italiana, Leu e +Europa, gli accordi con la Libia vanno sospesi immediatamente.
La ragione è da rintracciare nelle condizioni in cui sono tenuti i migranti nei campi libici, spesso paragonati a veri e propri lager. Un confronto che, nei fatti, potrebbe anche concludersi con un fuoco di paglia nell'economia delle scelte che il governo italiano farà sul tema della missione in Libia.
Se l'Aula della Camera dovesse approvare la risoluzione di maggioranza, decadranno tutte le altre risoluzione, compresa quella del Pd. Ma il confronto in corso rappresenta un nuovo capitolo dell'ormai quotidiana sfida tra ex maggioranza renziana e nuova maggioranza, con la prima ancora influente nei gruppi (sebbene perda forza ed esponenti politici ogni giorno che passa) e la seconda solida maggioranza negli organi statutari.
Lo stesso Orfini, di ritorno dalla missione dei parlamentari sulla Sea Watch 3, ha sottolineato sul suo profilo facebook che, a suo modo di vedere, c'è un legame molto stretto tra quanto accaduto sulla nave della Ong e quanto si vedrà nei prossimi giorni in Parlamento, riferendosi così alla votazione delle risoluzioni sulle missioni internazionali. Ed ha avvertito: "Chiediamo alla Libia di riportare nei lager chi scappa dai lager perché non potremmo farlo noi: è illegale".
"Molti nel Pd vogliono continuare a farlo, perché quegli accordi li firmò il governo di Paolo Gentiloni. Accordi che non furono mai ratificati in Aula, ma ai quali alcuni di noi, nonostante questo, si opposero già allora. A me pare una posizione inaccettabile".
Ad Orfini risponde, seppure indirettamente, Lia Quartapelle co-firmataria della risoluzione del Partito Democratico. Per Quartapelle, la sospensione degli accordi con la Libia non produrrebbe altro effetto di lasciare ancora più soli i migranti che si trovano nei campi libici e rendere il Mediterraneo sempre più simile a un cimitero: "Sottraendo sostegno alla guardia costiera libica significa togliere sostegno a qualcuno che in mare ci sta, sebbene sappiamo che non si tratta propriamente di crocerossine".
Oltre a questo, la sospensione degli accordi renderebbe impossibile per le organizzazione non governative italiane assistere i migranti nei campi - come oggi avviene, dato che alle Ong è demandata l'assistenza sanitaria e psicologica nelle strutture libiche - e la possibilità per Unhcr e altre agenzie mondiali per i rifugiati di approntare quei corridoi umanitari e quei rimpatri assistiti ai quali oggi collabora la sola Italia.
Al di là del merito, però, la partita che si gioca nel Pd è tutta politica. Tra gli esponenti di maggioranza circola il sospetto che il tentativo di Matteo Orfini sia strumentale alla nascita di un nuovo soggetto politico liberale di centro: secondo questa tesi, Orfini e gli altri 'dissidenti' del gruppo alla Camera mirerebbero a schiacciare il partito a sinistra così da liberare spazio alla nuova creatura.
Ma Orfini l'ex maggioranza renziana, se questo fosse l'obiettivo, non sarebbero i soli a partecipare alla corsa per occupare il centro: oggi, con due diverse interviste, anche due esponenti improtanti come Giuseppe Sala e Carlo Calenda - sebbene con approcci diversi - hanno rimarcato la necessità di pensare ad un nuovo partito che possa collocarsi al centro del teatro politico per recuperare astenuti, ex elettori di centro sinistra, moderati, liberal e delusi dal M5s.
L'ultimo tema che il confronto sulla Libia interno al Pd pone con forza è quello della gestione del gruppo alla Camera: incidenti di percorso come quello della risoluzione sulla Libia o come quello dei minibot (quando il Pd votò una mozione a favore dei titoli di stato di piccolo taglio salvo fare marcia indietro poche ore dopo) ha lasciato più di qualche malumore all'interno del partito.
Anche perché, nel caso della missione in Libia, la risoluzione presentata dal Pd - spiegano fonti parlamentari - avrebbe passato più livelli di confronto, non ultima una votazione dell'ufficio di presidenza, quello stesso ufficio di presidenza da cui arrivano delle prese di posizione che esprimono - oggi - riserve sulla opportunità di votare la risoluzione Quartapelle-Minniti.
Occorrerà, comunque, aspettare solo una manciata di ore per assistere all'ultimo round - o penultimo, nel caso non passasse in Aula la risoluzione di maggioranza o si chiedesse il voto per parti separate - tra le fazioni del Pd è prevista infatti la riunione del gruppo per decidere la linea da tenere durante le votazioni. Orfini ha chiesto la presenza di Nicola Zingaretti. Il segretario non ci sarà, impegnato in un evento della Regione Lazio sulla Green Economy. Ci sarà invece Vincenzo Amendola, responsabile Esteri del partito.