Per Mentana la Buona Scuola spiega il fallimento del Pd meglio del "Partito dei potenti"

A colloquio con Il Fatto Quotidiano, il direttore del TgLa7 spiega perché è inutile cercare le cause della crisi della sinistra nei rapporti con le elite economiche e finanziarie 

Per Mentana la Buona Scuola spiega il fallimento del Pd meglio del "Partito dei potenti"
 Pierre Teyssot/Afp
 Enrico Mentana

“Io non credo che il problema sia il Pd che diventa Partito degli affari. Il problema è se la sinistra mantiene i rapporti con gli imprenditori, ma nel frattempo perde per strada operai, insegnanti e il ceto medio”. Il direttore di del TgLa7 Enrico Mentana a colloquio con il Fatto Quotidiano torna su un tema che sta facendo molto discutere dopo la sconfitta elettorale del Pd alle politiche. La perdita di consenso popolare, come ha ammesso in questi giorni lo stesso segretario del partito Maurizio Martina. Ma per Mentana il problema non è la ‘vicinanza’ del Pd agli industriali o alle lobby finanziarie.

“È ovvio che l’idea di modernità di Matteo Renzi si sposasse più con Confindustria che con Susanna Camusso”, ma “ Renzi alle Europee del 2014 ha portato il Pd al 40%: non mi sembra si possa dire che gli italiani volevano un Partito degli affari. Eppure il centrosinistra era lo stesso”.

Per Mentana il problema, a sinistra, è “che c’è stato un divorzio sentimentale tra il Pd e la sua base”, e vede nella riforma sulla Buona scuola “l’emblema di questa rottura”.

“Da sempre gli insegnanti erano il cuore dell’elettorato del centrosinistra, ma con la Buona Scuola Renzi è riuscito nel capolavoro di fare 150 mila assunzioni scontentando allo stesso tempo tutti i nuovi assunti - che venivano mandati lontani da casa - e tutti quelli che erano rimasti fuori dal programma. Se non dai loro una prospettiva, queste persone si rivolgono altrove. Ma perché li hai dimenticati? Non certo perché hai rapporti con gli industriali”.



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