Sofia - Alla vigilia del vertice informale di Bratislava, in cui l'Europa provera' a rimettere insieme i cocci provocati dal referendum inglese sulla Brexit, Sergio Mattarella chiede che i tempi per l'uscita di Londra non siano biblici e, soprattutto, sprona i 27 a giocare in contropiede. A rilanciare, cioe', su tutti i dossier aperti e da riaprire. Solo varando una vera politica comune sui principali temi del momento, che sono anche l'allargamento l'immigrazione il terrorismo e la crescita, sara' possibile uscire dallo stordimento che paralizza le istituzioni europee dal 23 giugno, giorno in cui a Londra e dintorni l'hanno avuta vinta Johnson e Farage. Il rischio e' sotto gli occhi di tutti, e ha anche un nome ben preciso: Siria. Li', confida il Capo dello Stato incontrando il presidente della Bulgaria, Rosen Plevneliev, "Usa e Russia hanno dato avvio ad un processo negoziale, ma noi europei siamo rimasti a fare da spettatori. Eppure la Siria e' uno dei principali paesi d'origine dei flussi migratori". Gli stessi che portano migliaia di disperati sulle spiagge italiane, e che spaventano tanto il cittadino medio. Il problema e' nostro, ma la soluzione la dettano gli altri. "Con una vera politica estera e di sicurezza comune diverremmo coprotagonisti" nelle grandi crisi internazionali, riflette ancora. E tocca un tasto dolente, perche' se e' vero che la politica estera comune, in Europa, e' in corso di realizzazione avanzata (e l'Italia, con Federica Mogherini, e' al centro del palcoscenico), e' altrettanto vero che la politica di sicurezza e' restata in buona parte nella mente dei firmatari degli accordi di Maastricht, un quarto di secolo fa. A frenare quella che fino a pochi mesi fa era la prima potenza militare dell'Unione, la Gran Bretagna. Oggi si puo' pensare a riprendere le fila del discorso. Perché certamente Londra restera' in futuro un "Paese amico e alleato" (e la dizione di Mattarella sembra voler escludere forme ambigue di partecipazione "a la carte" all'Unione), ma "cio' richiede che nei tempi necessari, ma non oltre quelli, vi sia chiarezza nei rapporti". A fare un po' di esegesi, si capisce che i tempi tecnici e politici per gestire l'uscita britannica dall'Ue andranno rispettati, anche per non aggiungere danno al danno, ma non dovranno andare nemmeno 24 ore oltre questa soglia. Molto infatti e' il lavoro da fare, e bisogna evitare temporeggiamenti dannosi quasi quanto la stessa Brexit. Intanto si avvi "una riflessione profonda" per "sviluppare concretamente politiche" uniche ed unitarie.
Le emergenze vanno infatti oltre i rapporti con Londra: c'e' l'immigrazione, c'e' il terrorismo, c'e' infine la necessita' di dare nuovo slancio alla crescita e all'occupazione, assicurando alle nuove generazioni adeguate prospettive per il futuro. Una politica estera comune e forte vuol dire, innanzitutto, una capacita' maggiore di essere incisivi nelle aree di rischio e nei paesi il cui sviluppo aiuterebbe non poco ad affievolire decisamente i flussi di migranti. Al tempo stesso Mattarella chiede con forza la revisione della politica, disordinata e opportunista, attualmente in forza in materia di accoglienza dei disperati. Al momento i paesi europei dove profughi ed immigrati bucano la prima frontiera divengono automaticamente ospitanti, lasciando tutti gli altri di fatto liberi dal problema. No, dice il Presidente, "bisogna superare completamente gli accordi di Dublino, dar vita ad una comune regolamentazione degli asili, che valga per tutti, cosi' come dei rimpatri e delle ricollocazioni, come anche comuni accordi di riammissione" nei paesi di provenienza. E tutto questo "puo' farlo solo l'Unione Europea nel suo insieme, non i singoli stati". Discorso analogo per il terrorismo, per fronteggiare il quale e' piu' che necessario un "maggiore coordinamento tra intelligence e forze di polizia".
Ugualmente la crisi economica ancora perdurante dovra' essere presa di petto, con politiche suonanti e condivise, per un approccio comune che non crei scompensi di sorta tra i 27 paesi. Un "rilancio concreto e veloce", chiede Mattarella ai leader che stanno per riunirsi a Bratislava in quello che potrebbe essere un clima di pericolosa mestizia. Si contrattacchi, si aprano le porte per ottenere altrove un effetto compensativo ai disastri compiuti dall'atto di egoismo del referendum britannico. Ci sono stati che chiedono di entrare, e si trovano nel paradosso di essere da tempo membri a pieno titolo della Nato senza esserlo dell'Ue. Ve ne sono altri, come proprio la Bulgaria, dove Mattarella si e' recato insieme al sottosegretario Vincenzo Amendola, che applicano di fatto gli accordi di Schengen pur senza esserne formalmente parte. Schengen, il progetto di libera circolazione dei cittadini che molti considerano deleterio perche' favorirebbe i movimenti dei clandestini. Niente di tutto questo, ribadisce Mattarella: semmai "e' una delle anime dell'Europa, e va preservata perche' ormai fa parte del sistema di vita dei nostri giovani". Parole dall'eco particolare, in giornate in cui si parla della necessita' ineluttabile di tornare ai visti da e per il Regno Unito. Ma la salute di un progetto politico la si misura proprio nella sua capacita' di essere rilanciato nei momenti difficili. E Bratislava e' il momento ideale per dimostrare che anche le crisi peggiori possono essere trasformate in opportunita'. Basta volerlo. (AGI)