L'agenda del segretario e i racconti con il governo nei commenti sui giornali

L'agenda del segretario e i racconti con il governo nei commenti sui giornali

Le incognite dopo le primarie sono principalmente due: elezioni subito o sostegno al governo? Quanto perseranno sulle scelte di politica economica dell'esecutivo le indicazioni in arrivo dal segretario del Pd? Quali saranno le prossime alleanze?. Domande che affiorano negli editoriali dei quotidiani dopo le primarie.
 


Repubblica

Il direttore Mario Calabresi scrive: "Elezioni subito, una tentazione da evitare"

Il numero dei cittadini che ieri hanno votato alle primarie è in assoluto il più basso da quando sono state istituite, un po' più della metà di quelli che lo fecero dieci anni fa al primo appuntamento del Pd che scelse Veltroni. Ma è un dato molto più alto delle aspettative e soprattutto più forte della stanchezza e del disincanto.

Comunque la si pensi, è da apprezzare lo sforzo di quei quasi due milioni di persone che hanno sentito la necessità di uscire di casa, di mettersi in coda e di scegliere così il segretario del loro partito. Beppe Grillo si chiede se ci sia una superiorità in quest'atto, rispetto al voto online, e naturalmente pensa di no invitando a guardare avanti e a "non rimpiangere i tempi in cui dovevi fare la fila in banca" per pagare qualunque cosa. Nessuno rimpiange le code e non credo che ci sia superiorità, ma piuttosto una certa dose di nobiltà e anche di impegno, un'idea di partecipazione e di collettività che potrà apparire desueta in un mondo che è sempre più chiuso nell'orizzonte dello schermo del proprio smartphone...


Corriere della Sera

Il ritorno dell’ex premier alla guida del Pd non influirà solo sul partito: più stringente sarà l’ipoteca sull’azione del governo, in particolare sulla in politica economica, scrive Massimo Franco.

"La partecipazione è stata superiore alle previsioni, sebbene inferiore di quasi il 30% rispetto al 2013. Non era scontato, col «ponte» del 1° Maggio; e questo è un buon segno non solo per il Pd ma per la democrazia italiana. Matteo Renzi torna segretario del partito, con percentuali quasi schiaccianti e una scenografia trionfale che mette tra parentesi le ultime sconfitte: i primi dati parlano di circa il 70% di consensi. Le primarie hanno avuto una funzione liberatoria soprattutto per lui.

Doveva cancellare le frustrazioni accumulate in quelli che ha chiamato «cinque mesi difficili»: dal referendum istituzionale perso il 4 dicembre, all’uscita da Palazzo Chigi, fino alla scissione, che però non sembra avere prodotto troppi danni. Il problema, ora, è come il leader dei Dem userà la nuova investitura; come riempirà «la pagina bianca» che vede davanti a sé. I suoi esegeti assicurano che è cambiato, più inclusivo; che i primi gesti non vanno letti come conati di rivincita; che Renzi, dopo avere voluto e vinto il blitz congressuale, ne prepari un altro sulla legge elettorale, con il calcolo recondito di forzare magari la mano e arrivare alle urne in autunno. La legittimazione ricevuta dal Pd gli restituisce un forte potere contrattuale. La possibilità che si arrivi a una riforma del sistema del voto entro breve tempo, tuttavia, non è scontata. Sulla strada di Renzi si stagliano partiti poco disposti a assecondare la strategia dem. E, qualora il vertice del Pd tentasse la scorciatoia del voto senza cambiare la legge, troverebbe non solo le opposizioni parlamentari ma quella del Quirinale. Sergio Mattarella vuole evitare un Parlamento con maggioranze diverse e dunque un’Italia ingovernabile...


La Stampa

Di fronte ai 2 milioni di cittadini che hanno animato ieri (nel cuore di un lungo ponte) le primarie che hanno confermato con un semiplebiscito Renzi alla guida del Pd, non sappiamo se sia più corretto - come sta avvenendo in queste ore - parlare di «affluenza straordinaria» o, nonostante tutto, di un «imbarazzante flop». Siamo certi, al contrario, che la parola «miracolo» - considerate le scissioni, le inchieste giudiziarie e il vento che spazza il Paese - possa render bene il senso di quanto accaduto in questa ultima domenica di aprile. 

Lo scrive Federico Geremicca che sottolinea che "Certo, il segnale è importante e, allo stesso tempo, incoraggiante: testimonia - infatti - la perdurante vitalità della democrazia italiana ed un suo «stato di salute» forse addirittura migliore di quel che si poteva temere. Il Pd, insomma, ha buoni motivi per manifestare soddisfazione: ma farebbe bene a ricordare che i miracoli non si ripetono all’infinito. 
E che, per dirne una, se il secondo mandato da segretario di Renzi dovesse riproporre le dinamiche del primo - con una quotidiana e paralizzante guerriglia interna, conclusasi con un scissione - giornate buone come quella di ieri potrebbero diventare difficili, se non del tutto impossibili...