È il ritorno del “Marziano” sulla scena. Non politica, per il momento. Ma sulla scena, semplicemente. Illuminata dai riflettori mediatici dopo che due giorni fa l’ex Sindaco di Roma Ignazio Marino “è stato assolto dalla Cassazione, che ha annullato senza rinvio la condanna a due anni di reclusione stabilita in appello per peculato e falso per la vicenda delle presunte cene pagate a spese del Campidoglio” come si legge nelle cronache.
E non è nemmeno una riabilitazione. Perché, come si legge in una fitta sequenza di dichiarazioni riportate oggi dal Corriere “nel Pd quella decisione continua a far discutere: per Carlo Calenda ‘farlo fuori così è stato brutto e autolesionista’, mentre Roberto Morassut, deputato e membro della direzione, parla di ‘modalità antidemocratica’, e Francesca Danese, ex assessora di Marino, ricorda che all’epoca ‘molti poteri forti si opponevano al cambiamento’. Eppure ieri Orfini – si legge - ha confermato le sue ragioni: ‘Alcuni, anche nel Pd , mi chiedono di scusarmi. Non credo di doverlo fare: ho assunto quella scelta (la sfiducia che nel 2015 fece cadere il sindaco) spiegando che non era legata all’inchiesta. Marino non era adeguato, stava amministrando male Roma, la città era un disastro’. Fu ‘una decisione politica’, spiega Matteo Renzi, che punta il dito verso la ‘violenta campagna di fango’ del M5s”. Lui, Ignazio Marino, dice pacatamente: “Sono tornato alla mia vita accademica, vivo e lavoro a Philadelphia. Certo l’impegno civile non viene meno, ma non c’è solo la politica, per questo”.
Ieri hanno tentato in molti di intervistarlo e chi c’è riuscito, c’è riuscito solo per mail mentre “si sta imbarcando su un aereo che da Santiago de Querétaro, in Messico, lo porterà a Philadelphia, negli Stati Uniti”, come riferisce Fabrizio Roncone sul Corriere in un ritratto, che riassume così la vicenda dell’ex Sindaco: “Per rinfrescare la memoria: Marino fu costretto alle dimissioni incalzato dal Movimento 5 Stelle, che si muoveva guidato da un grillino particolarmente esagitato, Marcello De Vito, oggi in carcere per corruzione (memorabili quei sit-in sulla piazza del Campidoglio al grido di «O-ne-stà! O-ne-stà!») e da Matteo Orfini, all’epoca commissario straordinario del Partito democratico e uomo di fiducia di Matteo Renzi)”.
Si aspetta le scuse di Orfini?, chiede l’intervistatore. “No. Le scuse presuppongono capacità di autocritica e onestà intellettuale”. E da Renzi, perché tanta ostilità ala epoca? “Non so in base a cosa giudicasse il mio operato. Troppo concentrato su se stesso. Però bisogna riconoscergli che è riuscito nell’impresa di perdere Roma, distruggere il Pd e consegnare l’Italia alla Destra”. Sassolini tolti. Ma quella di Marino, rileva la Repubblica è “una vicenda con la quale il partito non ha mai fatto i conti” e la dimostrazione è nel “gelo Pd dopo l’assoluzione”. Per aggiungere poi la notizia che +Europa di Emma Bonino “vorrebbe candidarlo” (su Facebook stamattina Marino ha precisato alcuni punti del suo colloquio col Corriere).
Ma a Fabio Martini, che su La Stampa gli fa notare che Zingaretti dopo che la Cassazione gli ha restituito tutto intero il suo onore, “ha fatto un comunicato affettuoso” e gli chiede se l’ha apprezzato, Marino risponde: “Non sento Zingaretti dal 2015. Come Presidente della Regione avrebbe potuto fare moltissimo per Roma. Penso ai trasporti o alla gestione dei rifiuti. Ad ogni modo, i compagni (in senso lato) leali si riconoscono perché ci stanno a fianco sempre, anche nei momenti difficili. Certamente non ricordo un suo sostegno al momento in cui il Pd decise di andare da un notaio per far cadere la Giunta”. Su quest’aspetto inzuppa Libero, facendo notare che “Marino è innocente, il Pd no” perché “colpevole di averlo fatto fuori”, tanto che “l’assoluzione dell’ex Sindaco suona come una sentenza per la classe dirigente dem che lo scaricò per vendette interne, consegnando la Capitale ai Cinquestelle”.
Il Fatto Quotidiano, che in ogni caso si riserva di vedere le motivazioni della sentenza della Cassazione “che saranno depositate entro 90 giorni”, fa tuttavia notare che “i fatti contestati erano relativi a 56 cene per 12.700 euro, cifra che Marino ha versato (aggiungendo 7 mila euro a copertura di tutte le spese di rappresentanza tra il 12 giugno 2013 e il 31 agosto 2015), dopo lo scoppio della polemica, con un assegno alla ragioneria del Campidoglio il 9 ottobre 2015” tanto che “in un altro procedimento in corso sono state rinviate a giudizio due collaboratrici di Marino: Claudia Cirillo con l’accusa di aver mentito ai pm rispetto a una cena del 2013; l’allora capo segreteria Silvia Decina con l’accusa di aver apposto la firma falsa del sindaco proprio nei 56 giustificativi delle cene per cui ora la Cassazione ha sentenziato, riguardo Marino, che ‘il fatto non sussiste’”.
Il quotidiano riporta anche la dichiarazione di Michele Anzaldi, renziano di ferro, ed ex membro della Commissione di vigilanza sulla Rai, rilasciata a Radio Cusano Campus: “Le motivazioni della sentenza non dicono che il fatto non sussiste, dicono che non è abbastanza normato, questo vuol dire che non è sanzionabile, ma non che il comportamento sia moralmente corretto e giustificato”. Chiosa il quotidiano diretto da Travaglio: “Si sbaglia Anzaldi perché per la Cassazione – il cui verdetto definitivo stava commentando – ‘il fatto non sussiste’”. Infine Il Foglio registra il fatto che “La maledizione di Marino si abbatte sui renziani riuniti a Roma” alla presentazione del libro di Renzi, nel corso della quale “fanno tutti gli gnorri” pur ammettendo che “se non l’avessimo cacciato ora non ci sarebbe Raggi” in Campidoglio.