"Mario Draghi al Quirinale? Sarebbe un eccellente servitore dello Stato". Si iscrive anche Nicola Zingaretti al partito di chi vedrebbe con favore l'ex numero uno della Bce per il dopo Mattarella. L'elezione per il prossimo Capo dello Stato si terrà nel 2022, ma da tempo è partito il 'tam tam' che vedrebbe Draghi al Colle. Uno dei primi a lanciare questa candidatura è stato Silvio Berlusconi che da tempo sottolinea di essere stato determinante quando si votò per il presidente della Banca Centrale Europea. "Sarebbe adeguato al ruolo" di presidente della Repubblica, la sua opinione.
È chiaro che per una figura che ha avuto una funzione così importante per il nostro Paese arrivino gradimenti trasversali, ma occorrerà certamente vedere quale sarà la situazione politica al momento del voto. Perché - e Renzi non ne ha fatto mai mistero - il governo giallo-rosso è nato anche per evitare che sia il centrodestra - e in primis Salvini - ad indicare il nome per il Qurinale.
Tanti gli ostacoli sul percorso per la possibilità che si possa riproporre lo schema 'Ursula', quando i sì del Movimento 5 stelle furono decisivi e i leghisti si tirarono fuori dicendo no all'ex ministro della Difesa tedesca Von der Leyen, vicina a Angela Merkel, come nuova presidente della Commissione Europea. In realtà una parte degli 'ex lumbard' non escludono di poter convergere eventualmente in questa direzione, soprattutto se l'alternativa dovesse essere, per esempio, Romano Prodi.
Le aperture leghiste e il muro di FdI
Giancarlo Giorgetti, che ha sempre avuto buoni uffici con l'ex presidente della Bce, si è limitato a dire che "è un'ottima riserva della Repubblica". Altri 'big' del Carroccio sono della stessa idea. Tuttavia non sarebbe certamente facile per la Lega spianare la strada a Draghi. Anzi. Ed è da considerare poi che c'è il muro di Fratelli d'Italia. "Non è il nostro candidato", taglia corto Giorgia Meloni.
Ai nastri di partenza di una 'gara' considerata anche dai 'big' di tutti i partiti come lontana e non 'pronosticabile' c'è da rimarcare come i pretendenti siano tanti. In FI per esempio c'è chi perora la causa di Silvio Berlusconi mentre tra i dem ogni area ha una propria preferenza in merito. Certo, nella memoria dei parlamentari Pd c'è sempre l'immagine dei franchi tiratori dell'aprile 2013, quei 101 che fermarono la corsa di Romano Prodi al Colle. E poi di sicuro - sempre se si arrivasse con questa maggioranza - anche lo stesso Renzi vorrà avere voce in capitolo.
I dubbi dei pentastellati
Ma uno dei punti determinanti sarà capire, qualora restassero i giallo-rossi alla guida del governo, quale sarà l'atteggiamento del Movimento 5 stelle. "Draghi mai", dice chi ha cavalcato le prime battaglie pentastellate contro i poteri forti. Nel merito in tanti osservano che sarebbe più giusto puntare su un costituzionalista e non su chi è stato protagonista del mondo della finanza. Ma anche tra i pentastellati si raccolgono pareri discordanti.
"Una volta tutti avremmo detto di no, ma ormai il Movimento è cambiato - osserva una fonte parlamentare -, non è escluso che Draghi possa essere considerato una persona di garanzia e preferito a figure provenienti dai partiti". Altri esponenti M5s poi fanno il nome proprio del premier Giuseppe Conte. Dunque l'ombra di Draghi che si allungherà sempre più quando la data del post Mattarella si avvicinerà, già agita maggioranza e opposizione.