Da Churchill a Fico, quando il politico prende i mezzi pubblici

L'auto blu è uno dei simboli di privilegio più odiati dagli elettori. Per mostrarsi a loro vicini, molti rappresentanti del popolo hanno inforcato la bici o si sono avventurati in metropolitana

Da Churchill a Fico, quando il politico prende i mezzi pubblici

In principio fu Winston Churchill che, lamentandosi del fatto di non aver mai preso la metropolitana di Londra, si decise ormai ultrasessantenne a calarsi tra i comuni mortali per capire quale fosse il sentimento popolare nei confronti della minaccia nazista. Una scena riproposta dal recente film "L'ora più buia" e che pare aver ispirato allo statista britannico la decisione di resistere ad oltranza al dittatore tedesco. Senza scomodare esempi così estremi, è certo che l'immagine del neopresidente della Camera Roberto Fico che si reca in autobus a Montecitorio è solo l'ultimo di una lunga serie di tentativi, da parte dei politici, di rivendicare la propria vicinanza all'uomo comune, alle istanze della gran parte dell'elettorato e al suo quotidiano e sofferto confronto con servizi pubblici quasi mai all'altezza.

E se qualche volta il "bagno di popolo" è apparso una messa in scena dal sapore posticcio e propagandistico, in molti casi (come ad esempio quello di Fico) l'utilizzo dei mezzi pubblici è una consuetudine reale e documentata, ma le migliori intenzioni di non allontanarsi dai cittadini normali spesso si scontrano con ragioni di sicurezza e di organizzazione. Può dunque capitare - ed è già capitato - che i diretti interessati si trovino di fatto costretti ad utilizzare l'auto blu, simbolo principe dell'appartenenza alla casta.

Da Churchill a Fico, quando il politico prende i mezzi pubblici
 Foro Ansa
 Roberto Fico

Da Marino a Rutelli, su due ruote per Roma

Non è dato sapere, al momento, se Fico riuscirà a mantenere il proprio posto sull'85, ma alcuni precedenti lasciano pensare che tutto non potrà rimanere come prima. Ne sa qualcosa l'ex-sindaco di Roma Ignazio Marino, che prima di essere travolto assieme alla sua giunta dall'inchiesta Mafia Capitale e dalla vicenda degli scontrini, impose al cerimoniale e alla sicurezza del Campidoglio la volontà di proseguire a spostarsi non coi mezzi pubblici, bensì in bicicletta. Una scelta che per i primi tempi creò non pochi grattacapi alla scorta e ai suoi collaboratori, costretti a muoversi a ritmo di velocipede e a faticare il doppio per tutelare l'incolumità del primo cittadino, in una metropoli tra le più ostiche d'Europa per i ciclisti.

Nemmeno Marino - che poi fu portato a più miti consigli - resistette alla tentazione del viaggio "una tantum" sul mezzo pubblico, come testimonia il tour in metropolitana della periferia di Roma fatto nell'aprile del 2014. Prima di lui, il collega Francesco Rutelli provò, all'inizio del suo mandato da sindaco capitolino, di continuare a muoversi in scooter, ma dovette desistere per le stesse ragioni logistiche e di sicurezza prospettate a Marino. Al partito degli scooteristi può essere iscritta anche la leader di Fdi Giorgia Meloni, spesso in marcia sul suo due ruote, equipaggiata dell'inseparabile casco con la coccarda tricolore.

Ma a volte è solo toccata e fuga

Appartiene decisamente al genere "one shot" l'esperienza fatta da Matteo Renzi a bordo della smart del fedele ormai ex-deputato Dem Ernesto Carbone, dal quale si fece accompagnare a Palazzo Chigi per un drammatico faccia a faccia con Enrico Letta, preludio dell'avvicendamento alla guida del governo all'inizio del 2014.

Anche l'ex-segretario del Pd ama farsi vedere a cavallo di una bici, come testimonia l'ultima sfortunata campagna elettorale, in cui sui è fatto immortalare sul velocipede anche nello spot del suo partito. A dire il vero, Renzi negli ultimi mesi ha alternato le pedalate alle sgasate in sella alla sua Vespa azzurra, ed è salito a bordo di un tram fiorentino. Ma è stata una toccata e fuga, come l'incursione di Fausto Bertinotti su un treno di pendolari toscani ad Empoli, ai tempi della campagna elettorale per le primarie del centrosinistra nel 2006, o come il viaggio di Dario Franceschini in tram a Padova nel 2009, quando il dimissionario ministro dei Beni culturali ricopriva il ruolo di segretario del Pd.



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