Niente accordicchi, "quello che avrò da dire lo dirò sui giornali, sui social o pubblicamente", ha spiegato ieri Matteo Renzi. Ed è proprio dalle pagine di un quotidiano che l'ex premier dovrebbe lanciare la sua proposta. Non rivolta ai Cinque stelle ma a chi ha cuore le istituzioni dello Stato. È l'operazione di un esecutivo 'Salva-conti', ovvero un governo di transizione che metta al sicuro l'economia italiana e non la esponga ai venti dei mercati finanziari. Per poi andare a voto - spiegano fonti parlamentari dem - magari all'inizio del prossimo anno. "Renzi vuole metterci la faccia su una manovra per far fuori Salvini", dicono dalla Lega.
In realtà l'ex presidente del Consiglio lo aveva detto un paio di giorni fa durante una festa dell'Unità. Da lì la voci di 'inciuci' stoppati dallo stesso Renzi. Ma è una linea che si scontra con la segreteria di Zingaretti che non intende aprire alla possibilità che i dem si ritrovino con un governo M5s. Nella Lega c'è la consapevolezza che il piano possa portare ad un monocolore M5s, magari con l'appoggio esterno del Pd e il sostegno - si rimarca - di chi non vuole lasciare lo scranno del Parlamento.
Un'altra giornata di veleni
A due giorni da una conferenza dei capigruppo al Senato in cui si stabilirà - è il convincimento della pattuglia leghista - la calendarizzazione della mozione contro il premier Conte il 20 agosto. Il partito di via Bellerio si opporrà e si metterà di traverso anche all'eventualità di calendarizzare alla Camera il taglio del numero dei parlamentari. "Era fissata per settembre. Servirebbe l'unanimità per modificare il calendario", viene fatto osservare. Detto questo il ministro dell'Interno è pronto a delle 'concessioni' in cambio del voto subito. Ovvero c'è la disponibilità a fare un passo indietro dal suo ruolo al Viminale e a dialogare apertamente con Bruxelles per la manovra che - questo il 'refrain' - dovrà essere portata avanti dal prossimo governo.
La tesi è che 'il partito della sopravvivenza' - come viene chiamato dagli 'ex lumbard' - non abbia i numeri per far nascere un governo di transizione per la legge di bilancio. Ma le manovre sono in corso e oggi Grillo, dicendo di voler fermare "i nuovi barbari" spinge il Movimento 5 stelle a non andare al voto anticipato.
Il fronte del 'governo di garanzia'
Certo l'agenda M5s prevede il taglio del numero dei parlamentari e neanche Renzi è disponibile a dire sì, tuttavia nel Carroccio non si nasconde la preoccupazione perché il fronte del 'governo di garanzia' (oggi è stato Pisapia a dire sì) si sta allargando. E potrebbe contare su chi teme la non rielezione, è la riflessione dei leghisti. In ogni caso qualora dovesse nascere un governo di transizione la Lega si apposterebbe all'opposizione, con la convinzione di incassare poi alle urne la stragrande maggioranza dei consensi. "Dovranno spiegare agli italiani - sostiene un 'big' leghista - una operazione simile. Il Pd ne uscirebbe morto. Ed è chiaro che M5s ha paura di sparire".
Di Maio e Grillo oggi hanno lanciato un affondo contro Salvini e la temperatura si alzerà sempre di più. Per questo nella Lega si aspettano le mosse di FI. "Se Salvini non porta FI nell'alleanza di centrodestra, il partito imploderebbe e molti in Parlamento potrebbero non rispondere all'appello di Berlusconi". Perché la linea del Cavaliere è quella di un no a manovre di palazzo. Del resto in pochi sono disposti ad avventurarsi in un governo che poi magari porterebbe il Paese alle urne dopo pochi mesi. Ma i timori dei leghisti restano.
Perciò si guarda alle mosse del Colle. "Bisogna prendere atto della situazione e dare la palla al presidente della Repubblica, come dice la Costituzione. A noi sembra naturale e scontato andare a nuove elezioni", il messaggio di Giorgetti che oggi ha chiamato in causa il presidente del Consiglio: "Mi sembra - ha spiegato - di aver capito che Conte non si voglia dimettere ma voglia andare a una conta in aula e questa è una rottura traumatica". Il premier sta preparando il discorso che pronuncerà al Senato, con l'obiettivo - il sospetto tra gli 'ex lumbard' - di puntare non solo il dito contro Salvini ma anche di frenarne la corsa alle elezioni, aprendo ad un esecutivo 'salva-conti'.