Roma - Scoppia la polemica sul divieto o meno del burkini, il costume integrale utilizzato in spiaggia dalle donne musulmane. E la politica italiana torna ad interrogarsi - e dividersi - sull'ipotesi di introdurre leggi più severe che impongano a tutte le donne un determinato abbigliamento o, per dirla in altri termini, norme che vietino nei luoghi pubblici di utilizzare capi che impediscono l'identificazione della persona che li indossa.
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Per la verità, non è la prima volta che in Italia si affronta la questione e che la politica tenti, a seconda dello schieramento, a normare la materia in modo più o meno restrittivo. Due, finora, sono i tentativi messi in atto nelle scorse legislature, entrambi non andati a buon fine: il primo è stato promosso dal centrodestra nel 2009, durante l'ultimo governo Berlusconi e mirava a vietare per legge l'uso di burqa, niqab o comunque di veli che coprano il volto delle donne.
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L'altra proposta di legge è figlia dello schieramento avverso: 15 deputati del Pd nel 2010 sottoscrivono la proposta di legge sulla libertà di utilizzare indumenti che coprono il volto se indossati per motivi religiosi. In Italia esiste già una normativa che disciplina l'uso di determinati 'indumentì o 'accessorì in pubblico: è la Legge del 22 maggio 1975 n.152, 'Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico', meglio conosciuta come Legge Reale. L'articolo 5 dispone: "è vietato prendere parte a pubbliche manifestazioni, svolgentisi in luogo pubblico o aperto al pubblico, facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o in parte coperto mediante l'impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona. Il contravventore è punito con l'arresto da uno a sei mesi e con l'ammenda da lire cinquantamila a lire duecentomila". L'articolo è stato poi modificato all'articolo 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533 (Disposizioni in materia di ordine pubblico) in cui si vieta l'uso di "qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo". Per chi trasgredisce è previsto l'arresto da sei a dodici mesi e una sanzione amministrativa.
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Nel maggio del 2009 la deputata dell'allora Pdl, poi passata con la Lega, Souad Sbai, ha presentato una proposta di legge per vietare l'uso del burqa.Il testo ottiene, nei primi giorni di agosto 2011, il via libera della commissione Affari costituzionali, con il solo voto contrario del Pd. Approdata in Aula ad ottobre 2011, la proposta di legge termina il suo iter con la fine del governo Berlusconi (nel novembre 2011). La proposta targata centrodestra prevedeva il divieto "dell'utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab". Nello stesso periodo, e precisamente nel febbraio del 2010, l'allora parlamentare del Pd, Salvatore Vassallo, presenta come primo firmatario una proposta di legge, sottoscritta da altri 14 deputati dem, per disciplinare l'uso del velo integrale, cioè di indumenti che coprono il volto come il burqa e il niqab, indossati per ragioni di carattere religioso o etnico-culturale. Il testo, che va a modificare anch'esso la legge Reale, prevede: "costituisce giustificato motivo la circostanza che l'uso di indumenti che coprono il volto sia motivato da ragioni di natura religiosa o etnico-culturale. In tali casi, ove richiesto da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio per motivate e specifiche esigenze di pubblica sicurezza la persona deve tempestivamente consentire di essere riconosciuta mostrando il volto, al fine della momentanea identificazione". La proposta di legge in questione, però, come del resto quella del centrodestra, non ha mai visto la luce. Al momento, dunque, in Italia non vi è un divieto specifico riguardo all'uso del burkini, del burqa o nel niqab. Unica eccezione la normativa entrata in vigore il primo gennaio del 2016 in Lombardia, che modifica il regolamento degli accessi negli uffici di competenza della regione e che prevede il divieto di ingresso a chiunque si presentasse in un ufficio regionale della Lombardia o anche in ospedale indossando un burqa o un niqab, o altri abiti tradizionali per alcune donne musulmane. Quanto alle iniziative in Parlamento, è all'esame della prima commissione di Montecitorio, a prima firma Dambruoso (Sc), la proposta di legge "Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista", che tuttavia non affronta il tema dell'abbigliamento e di eventuali divieti. (AGI)