Il ministro degli Affari Esteri del governo Conte, Enzo Moavero Milanesi, spera ardentemente che la crisi politica che sta attraversando l’Italia non porti il Paese a perdere di vista i propri interessi in Europa e nel mondo. “L’Italia non è un sistema chiuso, né autosufficiente o marginale” puntualizza in un’intervista al Corriere della Sera. Per poi aggiungere che come italiani “restiamo protagonisti sul piano internazionale. Siamo una realtà globale importante. L’industria realizza il quinto maggior surplus commerciale al mondo e la nostra economia funziona in interdipendenza con gli altri Paesi». Però invita il Paese a non autoisolarsi e rimanere con gli occhi aperti al mondo esterno.
E a tale proposito il titolare della Farnesina invita a puntare sull’Africa e le grandi rotte globali: “Smettiamo di pensare all’Africa solo come origine dei migranti”, esorta: è invece “un continente dall’economia in crescita notevole, dove la democrazia avanza: lì possiamo fare investimenti, dare lavoro e favorire la formazione di dirigenti qualificati”. Per poi indicare la via marittima “a semicerchio”, dall’estremo Oriente, via Sud-Est asiatico, India e Golfo, fino al Canale di Suez e al Mediterraneo, come “una rotta che tocca aree fra le più dinamiche al mondo e al termine, i nostri porti in grado di imporsi quale porta d’ingresso in Europa. È un’opportunità eccezionale” dice il ministro degli Esteri.
Secondo Moavero Milanesi c’è semmai un orizzonte che l’Italia rischia di non vedere, ed è quello che riguarda il contesto il cui noi italiani siamo stati per tutto questo tempo inseriti “e inseriti bene”. “Le tecnologie accelerano la fluidità” sostiene il ministro. “Pensiamo al G7, nato negli anni ‘70 con le prime sette economie del mondo di allora. Oggi due di queste, Italia e Canada, non sono più fra le prime sette e altre due fuori dal G7, Cina e India, lo sono. Fra vent’anni nessuno Stato europeo avrà un’economia fra le prime sette del mondo. Invece l’Unione europea e la stessa area euro, nel loro insieme, saranno saldamente sul podio delle tre grandi”. Insieme allo scenario di fondo cambiano le prospettive che bisogna saper cogliere, rimanendo vigili.
L’Italia è isolata? “Non vedo l’Italia isolata” risponde Moavero, però “l’Italia conta e aggrega quando presenta agli altri idee di qualità” come quando al Consiglio esteri dell’Unione Europea ha portato sul tavolo “proposte concrete per governare i flussi migratori che stanno ricevendo attenzione e sostegno”. E indica tre punti da tenere ben saldi rispetto “all’odierna fluidità delle relazioni internazionali”: l’Onu, come “foro di discussione per la pace”; il processo d’integrazione europea, quale “via maestra per il futuro dei popoli d’Europa”; la Nato e l’amicizia con gli Stati Uniti, quale “garanzia di sicurezza di fronte a rischi vecchi e nuovi”.
E a proposito dell’adesione del governo alla Via della Seta della Cina di qualche mese fa dice di non aver provato alcun disagio per quella scelta ma di essersi “semmai stupito per la percezione fuorviante dell’accordo stesso” anche se in verità dal proprio punto di vista “non ho mai avuto dubbi sulla netta precedenza da dare alla lealtà verso le alleanze dell’Italia e alla sua sicurezza, rispetto ai rapporti commerciali” puntualizza il capo della diplomazia.
Quanto all’Onu, il processo d’integrazione europea, la Nato e l’amicizia con gli Stati Uniti, il titolare della Farnesina li considera parte di una cornice multilaterale in crisi, tuttavia sostiene che oggi “organismi come il G7, l’Organizzazione mondiale del Commercio, l’Onu o la stessa Ue necessitano di riforme” e “occorre rinnovarli per rafforzarli”. Da qui il discorso sull’Africa e le rotte globali, che sono priorità insieme alla necessità di avere “un Mediterraneo finalmente stabilizzato e pacificato, senza conflitti, che divenga una zona economica di libero scambio e un’occasione enorme per no”.
Però Moavero negli ultimi quattordici mesi ha fatto parte di un governo tutt’altro che aperto ad una visione sulle prospettive sul mondo. Si è mai sentito incompatibile? Risposta del ministro: “Ho sempre lavorato proprio per prevenire o smussare quanto avrebbe potuto creare difficoltà. Di qui la necessità di operare il più sovente in silenzio, con lealtà, evitando la ribalta dichiaratoria e i battibecchi”. Come dire? Il silenzio giova, tanto più che “affinità o contrasti politici in Europa ci sono sempre stati e cresceranno con l’europeizzarsi dell’arena politica”, sostiene il ministro, “ma le regole restano le stesse ed è corretto attendersi dalle istituzioni Ue linee d’azione, valutazioni e decisioni assolutamente conformi ai loro doveri di indipendenza” conclude.