Quattro anni o solo "4 mesi"? Il lapsus freudiano di Matteo Salvini potrebbe essere rivelatore e insieme indicativo sui tempi della fine del governo Conte? La piccola gaffe è nota: "Questo governo sta facendo bene, e può andare avanti a far bene per altri quattro mesi, a patto che la si smetta di litigare". A Milano per incontrare Eduardo Bolsonaro, figlio del presidente brasiliano, il ministro si è subito corretto: "Intendevo quattro anni". Ma il lapsus, si sa, è traditore.
Francesco Verderami, nel suo informatissimo "retroscena" pressoché quotidiano sul Corriere delle Sera, racconta un episodio minore, meglio locale, che forse assume però una valenza nazionale. Scrive il giornalista: "Il capo leghista chiama il fedelissimo in Sicilia: si vota a ottobre e mi servi per il Senato". "Fabio Cantarella — rampante assessore leghista al comune di Catania — da mesi si sentiva candidato in pectore alle Europee per il suo partito, e si era messo anche a fare campagna elettorale. Almeno fino a quando il ‘Capitano’ non l’ha informato che in lista avrebbe messo Angelo Attaguile, rimasto senza seggio l’anno scorso dopo aver perso nel collegio di Acireale. ‘Ma Cantarella non è un escluso eccellente’, aveva subito precisato il commissario della Lega in Sicilia, Candiani: ‘Lui sarà valorizzato’. ‘Sarai il nostro capolista per il Senato’, aveva appena detto Salvini all’assessore: "E preparati perché si vota a ottobre", si legge nel retroscena. Ciò che fa scrivere a Verderami: "Il dado è tratto: c’è la prova e c’è pure un testimone, a cui il vicepremier ha confidato la sua strategia".
Ma poi nel prosieguo del "pezzo", Verderami racconta anche che "martedì scorso in Transatlantico Casini ha dato l’impressione di saperne qualcosa, se è vero che ha invitato un gruppo di deputati del Pd a tenersi pronti: ‘Salvini vuole votare a ottobre’. L’ex presidente della Camera, convinto fino ad allora che ‘quei due a Palazzo Chigi la poltrona non la molleranno’, anticipava ciò che pochi giorni dopo—sotto l’effetto dell’adrenalina per il caso Siri — avrebbero ripetuto autorevoli esponenti del Carroccio" che lo esortano a staccarsi da Di Maio. E questo sarebbe il secondo indizio.
Quindi "la scelta di Salvini di divorziare da Di Maio non sarà provocata dallo scontro sulle questioni giudiziarie", ma da squisite ragioni politiche. "Il caso Siri non c’entra: il leader della Lega aveva preso la decisione di puntare al voto in ottobre già la scorsa settimana", leggiamo ancora sul Corriere. Anche perché il governo sarebbe ormai compromessa per più di una ragione, che si sostanzia in un lungo elenco impasse che rischia di incrinare "l’azione di un governo che minaccia di compromettere il disegno del partito".
Illustrata, per altro, al vicepremier all’ultimo vertice del Carroccio: "Su Alitalia — gli è stato spiegato — ‘si sono ritirati tutti e anche Ferrovie, se potesse, si tirerebbe dietro’. Con il decreto per i rimborsi ai truffati delle banche ‘finirà che ci troviamo i risparmiatori sotto casa’. Con il decreto sblocca cantieri, ‘passerà almeno un anno per sbloccarli’. Le autonomie regionali, ‘dovevano partire a febbraio, poi a maggio, ora non si sa quando". In questo quadro, e per non restare sotto i detriti del gabinetto Conte, Matteo Salvini deve cambiare "e dopo le Europee cambierà tutto".
Ma se due indizi messi insieme fanno già una prova, quando se ne aggiunge un terzo (o più) sono quasi una sentenza. Il terzo indizio è affidato alla penna brillante quanto tagliente di Marco Travaglio, il direttore de Il Fatto Quotidiano, che nella sua giornaliera colonna di spalla "in prima" che finisce "in ultima", inanella una lunga serie di episodi, meglio "smargiassate e gaglioffate da guappo di cartone" messe in opera da Salvini, che portano a chiamare "le cose con il loro nome: crisi di governo".
Tutte azioni, quest’ultime, che "hanno delegittimato il premier Conte" impegnato su più fronti di mediazione: dalla LIbia alle banche passando per la questione della direttiva sui "porti chiusi" e costringendo così "lo Stato Maggiore della Difesa a spiegargli con un’inedita nota scritta la corretta linea gerarchica Quirinale-Palazzo Chigi-Difesa-Esercito, escluso dunque il Viminale" fino al caso Raggi, legato "alla ridicola richiesta di dimissioni per il ridicolo "caso"montato da ridicoli giornali (tutti) sul bilancio farlocco dell’Ama, bocciato dal collegio sindacale e da tutte le istituzioni preposte a valutarlo, dunque sacrosantamente respinto dal Campidoglio".
Per Travaglio, dunque, c’è più di un motivo per ritenere questa escalation di azioni come l’anticamera della crisi: "’È fattuale’, come direbbe il Feltri di Crozza" puntualizza il direttore, anche se in questo caso "siamo ben oltre le punzecchiature fra alleati, le sparate propagandistiche (come l’irrealizza - bile Flat Tax) e le rivendicazioni delle proprie specificità tipiche delle campagne elettorali nei sistemi proporzionali".
Perché quella di Salvini è, semmai, "una lucida e cinica strategia per schiacciare il partito di maggioranza relativa, i 5Stelle" in quanto "il vicepremier sabota sistematicamente il governo". "E distrugge quel poco di buono che potrebbero ancora fare i giallo-verdi per affermare che l’Italia è cosa sua e mascherare il suo nervosismo".