Dov'è l'Europa? Alla prima prova vera - sì, di questo si tratta - dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'Unione è scomparsa. Travolta dal 'panico nazionalista' per il coronavirus. Il sogno di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, con il loro Manifesto per un'Europa Libera e Unita, la carta di Ventotene base del federalismo europeo, già moribondo, ha forse ricevuto il colpo di grazia.
La solidarietà comunitaria invocata con chilometri d'inchiostro in questi decenni ha lasciato il posto al più becero egoismo sovranista. Il ritorno alla logica dei muri, dei confini, delle frontiere è tornato ad essere il male minore. L'ideale di libertà senza confini, che ci rendeva orgogliosi, anche per una presunta superiorità democratica, si è infranto contro la virulenza di un organismo infinitamente piccolo.
Al di là della battaglia sanitaria che, non ci sono dubbi, sarà vinta, a questo punto è incomprensibile come non ci si renda conto che ora in ballo non c'è il destino dell'Italia ma dell'Ue: e non quella dei numeri, degli euroburocrati, dei divieti e delle direttive in molti casi incomprensibili agli europei.
Di fatto l’emergenza si è ammantata delle bandiere nazionali, con i respingimenti degli indesiderati, con la selezione tra sani e contagiati. Così si lasciano a terra gli aerei e si rifiuta il porto alle navi, una quarantena 'medievale' per isolare un'intero popolo 'untore', cuore di un'Europa, quella dei popoli, mai nata.
Con tutte le forze speriamo di sbagliare. Speriamo che lo tsunami virale passi presto ma che apra anche gli occhi a tutti gli europei. Serve un contagio di consapevolezza e determinazione nella costruzione di una vera Europa al servizio degli europei. Una crisi può essere sempre un'occasione, basta saperla cogliere: e allora la guerra al Covid-19 può diventare il primo passo della “ricostruzione” dell'Unione.