Una carta d'identità in tre punti: giustizia sociale, giustizia ambientale, giustizia fiscale. E, tra i segni particolari, il rifiuto dei "miti della destra" a cominciare dal 'machismo' e dal mito della forza fisica. Nicola Zingaretti parla per più di un'ora davanti ai delegati che, di lì a poco, daranno il via libera definitiva alla riforma dello statuto. Nel farlo disegna il partito che verrà, senza però rinunciare a togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Galvanizzato dalla grande partecipazione fatta registrare dalla tre giorni di assemblea aperta a Bologna, sale sul palco e attacca frontalmente i "cantori di distruzione", definizione che sembra diretta a Matteo Renzi, colui che ha ammesso di voler fare quello che Macron ha fatto ai socialisti francesi. "Rispetto ai tanti cantori di distruzione di questo partito, dobbiamo muoverci e proiettarci in una nuova dimensione, alle battaglia nazionali e locali che dovremo affrontare". E aggiunge: "Non si illuda chi combatte il Pd per rosicchiare qualche consenso non fa altro che scavare la fossa per sè e per il centrosinistra".
L'intervento di Landini scuote la convention
Ma ad animare la giornata del segretario è, a sorpresa, proprio la discussione sull'identità del partito.L'ovazione tributata ieri a Maurizio Landini ha fatto rizzare le antenne all'ala più liberal e riformista del Partito Democratico. E, alla terza giornata di "Tutta un'altra storia", Giorgio Gori e Lorenzo Guerini avvertono il partito: va bene il cambiamento, ma non si può pensare di ritornare alle categorie del Novecento.
L'antefatto: il leader Cgil, intervenuto ieri alla convention Pd, ha lanciato un duro atto d'accusa a un modello di sviluppo che, ha spiegato, lungi dal garantire maggiore giustizia sociale ha prodotto più sfruttamento nei luoghi di lavoro e divisioni fra gli stessi lavoratori. Ne è seguito un lungo applauso che, evidentemente, ha lasciato perplesse le anime più moderate del partito. E a poco sono serviti gli interventi del gesuita padre Francesco Occhetta e del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia dal quale, tra l'altro, sono arrivati i complimenti a Zingaretti per essere riuscito a mettere insieme rappresentanti sindacali, della chiesa e del mondo dell'industria.ù
Va bene stare "vicino a pensionati e dipendenti pubblici", avverte Gori nel suo intervento, "ma non si può essere il partito di queste due sole categorie". Partendo dalla sua esperienza con chi si è reinventato piccolo imprenditore dopo aver perduto il lavoro da dipendente, Gori ha sottolineato la necessita' di "dare importanza alla competenza e al merito. Le ragioni dei piccoli imprenditori devono essere anche le ragioni del Partito Democratico".
Ancora piu' netto Lorenzo Guerini per il quale il rischio che corre il suo partito è quello di "cedere alla tentazione della rappresentanza", ovvero sentirsi appagato dal rappresentare solo una categoria di cittadini e rinunciare così a qualsiasi ambizione di governo, perdendo la capacità di "avanzare una proposta di centrosinistra per l'alternativa".
Sulla identità del Partito democratico si sofferma il presidente dimissionario dell'assemblea - in attesa che si definisca la squadra della Commissione Europea - affidandosi a una citazione musicale: "Il Pd deve avere coraggio, altruismo e fantasia". Ma Paolo Gentiloni, al di là delle battute, arriva al fondo della questione quando sottolinea: "Al Pd serve coraggio, altruismo e fantasia", proprio come il Nino della canzone di Francesco De Gregori: "La sostenibilità e la crescita deve essere la bandiera nostra come di tutta la sinistra europea. Al centro c'è la questione ambientale, che è una occasione straordinaria, a patto di non sottovalutarne i rischi".
Il riferimento implicito è a questioni come la plastic tax che sta provocando fibrillazioni all'interno della maggioranza di governo, soprattutto per gli emendamenti presentati dagli esponenti di Italia Viva. Ed è a Matteo Renzi che Gentiloni parla, pur senza citarlo, quando dice che il Pd non ha intenzione di "caratterizzarsi perché sventola bandierine sotto forme di emendamenti nei confronti di questo governo".
"Sconcerto" di M5s per il rilancio dello ius soli
La sfida più contingente del Pd, prima ancora che disegnare l'Italia degli anni Venti del Duemila, è infatti quella di difendere il governo Conte dalle bordate che arrivano dall'esterno e dall'interno, dalle destre e dal Movimento 5 Stelle e Italia Viva. Lo stesso Gentiloni assicura che il Pd "è leale con il governo" e chiede agli alleati la stessa lealtà perché, aggiunge, "vogliamo essere leali, ma non faremo le cariatidi di questo governo".
Parole che anche il segretario dem ripete, ormai, quotidianamente. E oggi ha voluto dare un assaggio del nuovo corso rompendo gli indugi sui decreti Salvini e sullo ius Soli. I primi sono difesi dai Cinque Stelle che hanno contribuito ad approvarlo con il precedente esecutivo, mentre sui secondi Di Maio e compagni prendono tempo. Così, pochi minuti dopo la frase del segretario, "Ius Culturae e Ius soli sono una scelta di campo del Pd" e "combatteremo per rivedere i decreti Salvini", fonti del M5s parlano di "sconcerto" per la presa di posizione: "C'è mezzo Paese sott'acqua e uno pensa allo Ius Soli?", posizione poi ribadita con i cronisti dal capo politico Luigi Di Maio.