"Non potremmo entrare in un Conte bis". Ieri Zingaretti è tornato a ribadire il paletto piantato dal Pd. Le iniziali resistenze sulla necessità di intavolare una trattativa sembrano ormai superate ma il primo nodo da sciogliere tra dem e M5s riguarda proprio palazzo Chigi. L'ipotesi che più viene accreditata dai pontieri è quella di una figura di garanzia come Cantone o Giovannini. Soprattutto il primo - ragionano i mediatori - potrebbe assicurare un governo di fine legislatura e un'impronta comune tra le due forze politiche. C'è però chi frena, "quel nome l'ha fatto Renzi", dice un'altra fonte pentastellata.
Quale futuro per Conte?
Il Movimento 5 stelle in ogni caso non sembra più porre la 'pregiudiziale' sul fatto che il premier dimissionario debba rimanere a palazzo Chigi, perlomeno sentendo diversi 'big' che stanno lavorando sotto traccia per avvicinare le posizioni in campo. C'è anche chi non esclude che Di Maio possa andare a palazzo Chigi e Conte essere indicato come commissario Ue, ma al momento sul tavolo c'è solo la richiesta forte della segreteria del Nazareno di una discontinuità con il passato. Una discontinuità che varrebbe anche per il Pd, ovvero non entrerebbero esponenti che hanno ricoperto il ruolo di ministro in altre legislature.
Il Conte bis per i renziani resta un'opzione, soprattutto se il Capo dello Stato dovesse spingere su questa ipotesi. Ma il presidente della Repubblica soprattutto in questa fase - dicono sia dal Movimento 5 stelle che dal Pd - veste i panni dell'arbitro, nelle consultazioni con le forze politiche che si presenteranno al Colle per la verifica dei numeri, chiederà - questo il convincimento - un esecutivo che nasca non per andare al voto, che sia forte ed autorevole e porti a termine un programma chiaro. Ed e' proprio dai programmi che si parte.
I dubbi dei pentastellati
Ieri è arrivata l'offerta di Zingaretti. Alcuni punti in realtà non sono stati apprezzati dal fronte M5s. A partire da quell'accenno alla democrazia rappresentativa, interpretato come un affondo contro un 'totem' pentastellato. Addirittura c'è chi sostiene che sia stata una mossa 'offensiva'. E anche sui punti legati all'immigrazione e alla sicurezza ci sarebbero delle riserve. "Ma perché non ha citato la riforma degli accordi di Dublino? E non dimentichiamoci che il Pd nella scorsa legislatura aveva Minniti al Viminale", osserva un esponente pentastellato che oggi ha partecipato alla riunione del Movimento 5 stelle - presenti Di Maio e i presidenti di Commissione della Camera - proprio sui programmi.
Il timore nel Movimento 5 stelle è che Zingaretti alla fine, anche per il timore delle mosse future di Renzi, non voglia una mediazione. E lo stesso Di Maio continuerebbe ad avere dei dubbi. Comunque per l'ala pentastellata che spinge per un accordo "si può ragionare" con il Pd su diverse convergenze, a partire dall'ambiente, dalla necessità di una maggiore equità sociale, dalla revisione di 'Quota cento', dalla cancellazione della flat tax, dal taglio al cuneo fiscale. "Anche Conte ieri in Senato è partito da questo quadro", osserva un esponente dem.
I primi ostacoli alla trattativa
Tuttavia il negoziato, seppur partito a livello di vertice, ha trovato subito degli ostacoli. Soprattutto sulla composizione del governo. Fonti parlamentari pentastellati sottolineano il timore di Conte di non essere 'coperto' dal Movimento, altri non escludono uno 'scambio' tra M5s e Pd affinché nel ruolo di commissario Ue venga indicato un esponente dem come Letta o Gentiloni. Di Maio al Colle terrà comunque aperta anche l'eventualità del voto anticipato - dice un altro 'big' M5s - anche per conservare potere contrattuale nella trattativa con il Pd.
L'obiettivo del Movimento è comunque quello di spingere Salvini all'angolo, fargli pagare tutte le colpe per aver aperto una crisi ad agosto. Il ministro dell'Interno punta a far saltare la trattativa Pd-M5s, ai suoi ha riferito che molti esponenti del Movimento non spingono affatto per un accordo in questa direzione. E potrebbe anche riallacciare i rapporti con Di Maio (non con Conte) e non fare le barricate qualora - ma non sembra questo l'orizzonte - dovesse nascere un esecutivo di transizione per la legge di bilancio per poi andare al voto all'inizio del prossimo anno.
Al Colle anche Berlusconi: il Cavaliere ha trascorso la serata a Roma per riunire il coordinamento di FI e ribadire che qualora dovesse nascere un governo politico il partito azzurro ne resterà assolutamente fuori. Dagli 'ex lumbard' è già arrivato un messaggio chiaro: "Chi governa con il Pd non governa con la Lega".