Roma - Nessuna intenzione di volgere lo sguardo al passato, Renzi - giurano i vertici Pd - ignorerà il 'caso Marino', confermerà la versione di Orfini, ovvero che è stato sfiduciato per aver governato male la città, si limiterà a ribadire le sue posizioni garantiste, che ci sono anche magistrati che sbagliano, che bisogna combattere il giustizialismo e l'utilizzo errato dell'avviso di garanzia perpetuato da certi politici e dai mass media. Ma la convocazione della direzione del Pd è sul referendum ed è sull'appuntamento del 4 dicembre che il presidente del Consiglio chiamerà alla mobilitazione l'intero partito. Qualche giorno fa arrivò l'invito a "non lasciarlo solo", ora ci sarà quello di scendere in campo, di impegnarsi "pancia a terra" perchè gli italiani - questa la sua tesi - stanno comprendendo le ragioni del sì e c'è in gioco il futuro del Paese. La mano tesa alla minoranza arriverà sull'Italicum, c'è chi ipotizza di un possibile documento, di una proposta per stanare i 'rivoltosi'. Ma si parte dalla volontà di non piantare più paletti, di confrontarsi sui principi della legge, perfino sulla possibile eliminazione del ballottaggio. Ma il Movimento 5 stelle e FI hanno già fatto sapere di non volersi sedere al tavolo e quindi la discussione è destinata a rimanere tale fino al 5 dicembre. Le argomentazioni del segretario dem non faranno affatto breccia nei bersaniani che considerano già chiusa la partita. Qualcuno è per dare la libertà di coscienza ma l'ex segretario Pd e i fedelissimi sono pronti ad annunciare il loro no. Non e' solo una questione del sistema di voto, le divergenze - spiegano dalla minoranza - riguardano le politiche sociali e quelle economiche, c'è una distanza netta su tutto. E' un no, spiega uno dei bersaniani, contro chi vuole spaccare il Paese, dividere l'Italia tra nord e sud. Oggi la prima dimostrazione della rottura: a Roma su iniziativa promossa dal consigliere regionale del Pd del Lazio Riccardo Agostini e dall'ex responsabile comunicazione dem Stefano Di Traglia, sono nati i Democratici per il No. "Non è permesso ne' autorizzato costituire" comitati per il no al referendum, la risposta della deputata Elisa Simoni, sub commissario Pd del I municipio di Roma.
Lunedì arriverà lo strappo di Bersani e i suoi che, però, non intendono costituire comitati anche se parteciperanno a convegni e manifestazioni sul tema. Ma Renzi lunedì piu' che rivolgersi a loro parlerà alla base e anche alle altre forze politiche e alla società civile. Ai militanti, ai sindaci che a fine mese scenderanno in piazza per esprimere le ragioni del sì, ai volontari, a quegli elettori del centrodestra che - è la convinzione del presidente del Consiglio - sono pronti ad andare alle urne contro le indicazioni di Lega e FI. Promuoverà l'altra manifestazione, quella per un' Europa più giusta in programma il 29 a piazza del Popolo a Roma. Renzi dunque lancerà il rush finale, anche in in tv (martedì sarà a Rai due con Semprini, domani all'Arena di Giletti), soddisfatto degli ottimi ascolto registrati dal ministro Boschi su La7. Poco spazio se non nulla al 'caso Marino', anche se uno dei suoi fedelissimi, Dario Parrini, sottolinea oggi che "la politica si fa coi giudizi politici ed è forcaiolismo becero farla con gli avvisi di garanzia". L'intenzione dell'ex sindaco di Roma è quella di riunire i suoi, di ritornare in campo, di combattere il referendum. Ma i renziani, pur paragonandolo a D'Alema, non sono disposti a dargli alcuna vetrina. "Vedrete - argomenta un 'big' del Pd -, Marino potrà anche essere il 'papa straniero' di Bersani e Speranza, ma verrà dimenticato presto, noi non faremo altro che ignorarlo". (AGI)