Roma - Una vita in Banca d'Italia e poi al Tesoro dopo la parentesi di palazzo Chigi, mentre il Paese e il Parlamento erano travolti dalle macerie di Tangentopoli. Ma malgrado la sua competenza e il suo ruolo cruciale in tutte le fasi piu' drammatiche della storia economica recente del Paese, fino all'ingresso dell'Italia nell'euro, Carlo Azeglio Ciampi non fu un economista, piuttosto un umanista 'prestato' all'economia. Ciampi si laurea infatti in Lettere alla Normale di Pisa nel 1941, con una tesi in filologia classica, e frequentando l'ateneo pisano si appassiona alle lezioni di filosofia di Guido Calogero, da cui eredita l'impronta azionista che caratterizzo' la sua visione del mondo e della politica. Ma presto la passione filosofica e letteraria lascia il posto alle necessita'. Ciampi prende un'altra laurea, questa volta in Giurisprudenza, e partecipa al primo concorso indetto dalla Banca d'Italia dopo la Liberazione. A via Nazionale trascorrera' ben 47 anni, quasi 14 dei quali da governatore, dal 1979 al 1993, quando viene chiamato a guidare il governo.
Dopo tutta una carriera trascorsa a palazzo Koch, compreso un passaggio all'ufficio studi per anni considerato il vivaio intellettuale dell'Istituto, Ciampi diventa governatore dopo la bufera che investe Paolo Baffi e Mario Sarcinelli. Sotto la sua gestione, con l'inflazione a due cifre che divora redditi e salari, il Paese vive passaggi delicatissimi, a cominciare dallo scandalo del Banco Ambrosiano, nel 1982, passando per la rocambolesca svalutazione della lira nell'85. Ma sotto la guida dell'ex presidente della Repubblica, la lira entra nella cosiddetta fascia stretta degli accordi di cambio europei e l'Italia fa il suo ingresso nello Sme, preambolo della futura adesione all'euro. La parabola da 'economista' di Ciampi subisce una virata brusca nel 1993, mentre il Paese si lecca le ferite di una delle piu' grosse crisi politico-istituzionali del dopo guerra, Tangentopoli. L'ex numero uno di Bankitalia viene chiamato a guidare un governo 'tecnico', che imprimera' una svolta decisiva sul terreno concreto della poliica economica. In autunno si firma a palazzo Chigi l'accordo tra governo e parti sociali sulla politica dei redditi che inaugura, dopo anni di scontri, la politica della concertazione. Mette in cantiere il processo di privatizzazione delle aziende di stato e di dismissione graduale della mano pubblica dalle partecipazione nelle grandi banche, che poi sara' portato a termine negli anni successivi.
Ma e' da ministro del Tesoro del governo Prodi e poi del governo D'Alema che Ciampi torna a occuparsi direttamente di cose economiche. E l'ingresso nella moneta unica resta il momento piu' importante. Il governo ingaggia una battaglia durissima con gli altri partner europei, tedeschi in testa, sulla definizione dei parametri che avrebbero consentito all'Italia di far parte del gruppo di testa dei paesi dell'euro. L'esecutivo nell'autunno del '96 vara una manovra che consente un taglio di 4 punti nel rapporto tra debito e Pil e riesce a ottenere il via libera della Germania. Il Financial Times parlera' di 'grinta negoziale' del ministro del Tesoro ai tavoli delle trattative, anche se a Ciampi, successivamente, soprattutto da destra, verra' contestato l'accordo sul tasso di cambio lira-euro a quota 1936,27, considerato molto oneroso per il sistema delle imprese italiane. L'esperienza di Ciampi a via XX settembre si conclude nel maggio del 1999. L'umanista 'prestato' all'economia sarebbe stato scelto da uno schieramento parlamentare vastissimo per salire il gradino piu' alto delle istituzioni, il Quirinale. (AGI)