Le città sono il nodo dove le grandi questioni del nostro tempo sembrano intrecciarsi: sono il luogo dove possono essere elaborate le soluzioni e le strategie per porre rimedio ai problemi, grazie all’incredibile rete di competenze e abilità che le città riescono a creare grazie ai suoi abitanti. Questo è il pensiero di Vishaan Chakrabarti, professore di architettura all’Università della California – Berkeley e fondatore del prestigioso studio di architettura e urbanistica “Pau a New York”. Viviamo un momento unico per ripensare le città e renderle dei posti più vivibili nella nuova quotidianità che si sta disegnando attraverso i mesi della pandemia con soluzioni innovative al servizio della società e della socialità quando torneremo a vivere senza distanziamenti.
Oggi il 55 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane ed entro il 2050 le Nazioni Unite stimano che il 68 per cento dell’umanità vivrà in un’area urbana. Reimmaginare lo spazio delle nostre città e la nostra vita sociale è doveroso fin da ora per risolvere i problemi che già in parte oggi affliggono le tribù urbane: la delocalizzazione dei servizi, la mobilità e la qualità dell’aria che si respira in spazi così congestionati.
Cento anni fa, dopo l’influenza spagnola, la domanda repressa di socialità esplose in un decennio passato alla storia come i “ruggenti anni 20” contraddistinto da ricchezza urbana e sociale favorita dall’espansione industriale. Un secolo dopo il volano della rinascita sono ricerca e innovazione trainate dai servizi digitali in un nuovo equilibrio tra virtuale e reale. Analizziamo degli scenari possibili tra lavoro, istruzione e tempo libero e capire come la mobilità – smart e sostenibile – è il vero volano del post pandemia negli equilibri urbani.
Nuovi scenari in città
L’interazione e il confronto attivo tra tutti i soggetti portatori di idee nuove e originali diventa l’unica strada per provare a costruire una nuova “normalità”. Ci prova lo studio globale di architettura e consulenza Woods Bagot con il progetto “Working from Home, Working from Work”. Sono 4 i modelli di ufficio nell’era post Covid: “Culture club” che vede l’ufficio come un club senza postazioni di lavoro ma solo ambienti per stimolare il confronto e l’interazione tra individui; “In and out” con l’alternanza di lavoro a casa e in ufficio con un sistema a rotazione periodica e barriere distanzianti; “Community nodes” con una rete capillare di hub tra cui i dipendenti possono scegliere in base alla comodità e alla vicinanza a casa e un ufficio centrale in stile “Culture club”; “Collective” che prevede un open space con alternanza di luoghi di lavoro e luoghi di relax.
Anche la scuola nel post pandemia dovrà ripensare spazi e orari per tutti i cicli educativi: si va dalla vicinanza al domicilio della famiglia per i bambini più piccoli all’interazione con il tessuto di ricerca e innovazione per i più grandi e gli universitari. Anche in questo caso hub sparsi sul territorio con sedi inserite in contesti di coworking e fab lab potrebbero essere una soluzione che permette interazione e non sovraffollamento dei luoghi. Anthony Salcito, vice-president of Education di Microsoft, prevede che “la tecnologia vedrà le scuole trasformarsi in hub di apprendimento" dove – prosegue Sean Tierney, director for teaching and learning strategy di Microsoft Asia – “gli studenti avranno la possibilità di apprendere da soli in modi flessibili e spesso collaborativi, sia all'interno che all'esterno delle classi. Saranno in grado di seguire i propri interessi e di essere testati dai docenti sui livelli di apprendimento”. In altre parole un cambiamento sistemico in cui l'istruzione si sposti da “una cultura dell'insegnamento a una cultura dell'apprendimento”.
Cosa offriranno le aree urbane per il tempo libero nel post Covid? Sicuramente dovranno intercettare le nuove necessità di una popolazione in movimento e distribuire i servizi sul territorio coinvolgendo ogni quartiere e decentrando. In un decennio passiamo dunque da un'idea di densità estrema che ha portato alla gentrificazione di megalopoli con spazi abitativi sempre più piccoli, a proposte completamente in antitesi, come le “città 20 minuti”, dove tutti i servizi sono raggiungibili con un tempo di percorrenza minimo (sperimentazione in corso a Milano). La grande sfida sarà coniugare il bisogno di densità e di efficienza, con la necessità di creare spazi e ambienti sicuri dal punto di vista sanitario e sostenibili da quello ecologico. Quindi educazione, lavoro e tempo libero saranno i volani di una nuova mobilità urbana sfruttando le sinergie tra la vicinanza del tragitto casa-scuola-ufficio-sport-svago.
Mobilità urbana più smart
L’obiettivo è muoversi nello spazio urbano in modo smart e sostenibile con il risultato di non creare “ore di punta” con affollamento sui mezzi pubblici, nei quartieri e sulle strade con il traffico di auto private. I mezzi di trasporto saranno sempre più condivisi e integrati da quello su rotaia fino alla micro mobilità dell’ultimo miglio. In questo caso l’innovazione è protagonista con sistemi di sanificazioni delle superfici (già in uso robot con raggi ultravioletti allo xeno) in grado di garantire in pochi minuti la scomparsa di virus, batteri, funghi e muffe. E la digitalizzazione dei processi garantisce attraverso lo smartphone di toccare sempre meno soldi di carta, moneta o carte plastificate, biglietti di treni e mezzi pubblici. Attraverso le app continueremo anche nel post Covid a sfruttare il potere sociale e socializzante del digitale ma finalmente liberi dall’ansia del momento pandemico.
Per quanto riguarda la mobilità, il car sharing è una soluzione al passo con i tempi: il punto di forza è quello di poter noleggiare un veicolo solo per il tempo strettamente necessario, evitando di pagare i tempi morti di inutilizzo. Di conseguenza la durata dei noleggi è piuttosto breve: 28 minuti con 6,8 km percorsi mediamente (dati Aniasa). Una soluzione di mobilità urbana al passo con le future esigenze descritte in precedenza e con il vantaggio già oggi di togliere auto private dalle strade e dai parcheggi su suolo pubblico, decongestionare il traffico e diminuire le emissioni che generano smog. Anche perché, dopo il primo lockdown, molti preferiscono evitare i mezzi pubblici e utilizzare un’auto per i brevi spostamenti in città.
Nello scenario delle città del futuro la mobilità è al centro di un sistema di connessioni sociali e socializzanti in un contesto ecosostenibile in tema di congestione delle strade, convivenza con altre forme di mobilità, parcheggi su suolo o interrati e ambiente, nel senso di qualità dell’aria. La mobilità con mezzi pubblici, con mezzi in condivisione e quella privata conviveranno con soluzioni e convenienza per lasciare parcheggiate le auto in box. Nelle capitali europee il numero di auto private è in media 300 per ogni mille abitanti. A Milano, la città italiana più avanti su questo fronte, il dato è in discesa ma ancora a quota 495 auto private per mille abitanti.
Il capoluogo lombardo è una delle città servite dal car sharing Enjoy di Eni attivo anche a Roma, Torino, Firenze e Bologna. In questi mesi dopo il lockdown è stata la scelta di molti cittadini residenti e di pendolari che si spostano in città per lavoro. A partire dai primi mesi del 2021 Enjoy, per garantire maggiore sicurezza nell’utilizzo del servizio di car sharing, sanifica in automatico dopo ogni noleggio. Dopo ogni cliente, un sistema automatico installato all'interno dell'auto del car sharing Enjoy – anche per Enjoy Cargo – fa scattare una procedura automatica di sanificazione dell'abitacolo, a protezione dell'utente successivo. Il dispositivo per la sanificazione è presente sulle vetture che presentano l'adesivo "Sanificato ad ogni noleggio", applicato sulle fiancate e sul lunotto posteriore. Inoltre Enjoy sta rinnovando in questi mesi la flotta dei modelli aggiungendo alla lista delle auto noleggiabili anche nuove Fiat 500 con motorizzazione ibrida.
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