Le foto che documentano il 2 dicembre 1971, data diventata giornata nazionale degli Emirati Arabi, campeggiano con orgoglio nell’Ethiad Museum di Dubai, il museo dell’Alleanza. All’indomani del ritiro del Regno Unito da quello che era un protettorato britannico, i capi delle diverse tribù siedono a semicerchio, guidati dallo sceicco Zayed bin Sultan al Nahyan, carismatico padre della patria, riuscito nell’impresa di unificare sette Emirati, senza spargimenti di sangue, predicando il dialogo e, appunto, la tolleranza. Un’eredità che il Paese non perde occasione di valorizzare e per questo motivo è uno dei temi portanti dell’Expo 2020, il primo organizzato da un Paese mediorientale.
È in tempi più recenti, infatti, che è stato celebrato “The year of the tolerance”. Un intero anno solare dedicato al tema del dialogo che, non a caso, ha fatto da cornice al viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi, la prima visita di un Pontefice nella Penisola Arabica, e ai lavori preparatori degli storici Accordi di Abramo, firmati nel 2020, per normalizzare i rapporti tra Israele e una parte del mondo Arabo.
"Connecting minds, creating the future”: il claim dell’Esposizione universale ha molto a che fare, dunque, con il dialogo interculturale. Una delle dieci settimane tematiche, quella del 17 novembre, è dedicata, infatti, alla tolleranza e all’inclusività. Expo 2020 Dubai, inoltre, è la prima edizione a dedicare un intero Padiglione alle donne, in linea con il quinto obiettivo dell'Agenda nazionale 2030, che prevede di raggiungere la parità di genere entro il prossimo decennio. Altro segnale in questa direzione è la scelta di Reem Al Hashimy, Ministro di Stato della Cooperazione Internazionale, alla guida di Expo, prima donna a ricoprire tale ruolo nella storia centenaria dell’Esposizione.
In omaggio al dialogo interculturale, inoltre, ogni singolo Paese partecipa con un proprio Padiglione, vetrina del meglio da presentare al mondo. Per alcuni è la prima volta a un’edizione Expo Esposizione Internazionale. Come per l’Algeria, il cui Padiglione ricorda una Casbah a cui si accede tramite una immaginifica autostrada di lattice dorato, simbolo di solide tradizioni a cavallo tra passato e futuro. O per la Guinea che ha investito circa 2 milioni di dollari per portare a Dubai un padiglione di denuncia e monito contro lo spreco dell’acqua nell’Africa orientale.
Anche l’Italia ha voluto offrire una sua interpretazione del tema del dialogo interculturale, come racconta Davide Rampello, direttore artistico Padiglione Italia. “Connecting minds creating the future equivale al nostro ‘La bellezza unisce le persone’. La bellezza, però, intesa non solo come valore estetico ma anche come armonia del bello, del buono, del vero e del giusto”. Perché l’umanità ha bisogno di “infrastrutture sia reali sia immateriali”.