Twitter ha deciso di fare sul serio contro l'odio online. Per sopravvivere
Questa volta Jack Dorsey sembra pronto ad agire. Anche perché ne va della sopravvivenza dell'azienda

Prima di imboccare una parabola discendente inesorabile, costringendosi a rincorrere Facebook sempre e comunque, Twitter vantava come sua specificità un approccio più libertario del colosso di Menlo Park, sempre pronto a censurare quadri e foto d'autore per la presenza di un capezzolo.
Durante un disastro naturale o una manifestazione di piazza, il social network fondato da Jack Dorsey si era rivelato uno strumento indispensabile per il citizen journalism 2.0: la versione ufficiale di un evento controverso poteva - e può ancora - essere demolita con un cinguettio dai testimoni.
Una vocazione che aveva forse raggiunto il suo xenith con le Primavere Arabe, che consacrarono Twitter come la voce dei senza voce. Un ruolo talmente prezioso da rendere la relativa mancanza di filtri un prezzo da pagare accettabilissimo. Ma oggi sono sempre di meno a pensarla così. E correre ai ripari è diventata una questione di sopravvivenza.
Il prezzo della libertà
La maggiore risolutezza di Facebook nel combattere il cosiddetto "hate speech", sia pure al prezzo di faticose trattative con i governi nazionali, ha condotto le voci dell'odio online a trovare su Twitter un megafono più funzionale. È su questa piattaforma, e non su Facebook, che la degradante polarizzazione del dibattito politico statunitense ha trovato il suo sfogo più virulento.
E su Twitter che gli scontri tra alt-right e fanatici della "giustizia sociale" hanno prodotto alcune delle pagine più nere della recente storia di internet, come il caso Gamergate. E, soprattutto, è su Twitter che profili legati all'estremismo islamico, prima del recente giro di vite, erano riusciti a prosperare e trovare nuovi adepti. E i filtri non solo non funzionano abbastanza bene, ma a volte colpiscono il bersaglio sbagliato.
L'ultimo caso è stato quello dell'attrice Rose McGowan, che si è vista disabilitare alcune funzioni del suo profilo per i suoi interventi sul caso Weinstein, spingendo numerose donne a boicottare Twitter per un giorno. Episodi in grado, nel lungo periodo, a non restare isolati e causare un'emorragia di utenti tale da mettere a repentaglio l'esistenza stessa di Twitter. E la libertà di espressione non è un argomento in grado di convincere gli investitori di un'azienda che, dai tempi della quotazione in borsa, ha bruciato l'80% della propria capitalizzazione. Dorsey ha deciso quindi di fare sul serio, dopo il parziale fallimento del Trust and Safety Council, il gruppo di lavoro lanciato nel 2016 nel tentativo di affrontare il problema.
Will keep this thread updated with our progress. We’re doing a daily meeting to ensure more urgency
— jack (@jack) 16 ottobre 2017
ll fondatore del social network nei giorni scorsi aveva annunciato nuove, radicali iniziative, senza entrare troppo nello specifico. I dettagli, rivela Wired, verranno annunciati nelle prossime settimane. Nel frattempo, i vertici della compagnia stanno tenendo riunioni quotidiane sulla materia. E quella di martedì 17 ottobre sembra essere stata quella decisiva. Subito dopo, la direzione della "safety policy" di Twitter ha scritto una lettera ai membri del Trust and Safety Council - che Wired riporta integralmente - dove le nuove misure vengono anticipate, seppure - trattandosi di lavori ancora in corso - in maniera non troppo particolareggiata.
"Ci rendiamo conto che una politica e un'applicazione delle regole più aggressive porteranno alla rimozione di più contenuti dal nostro servizio", si legge nella lettera, "non abbiamo problemi nel prendere questa decisione, dando per scontato che rimuoveremo solo contenuti offensivi che violano le nostre regole".
We have a Trust & Safety Council which reviews and gives feedback on our policy and product changes. We emailed them our proposed changes in order to get critical feedback. Email found in this article: https://t.co/i4dMsGv5rm
— jack (@jack) 18 ottobre 2017
"Hate speech" vs "free speech": un difficile compromesso
La stretta colpirà prima di tutto le avance sessuali e le immagini di nudo non gradite, i simboli di odio e le incitazioni alla violenza. Non vi saranno però colpi di spugna generalizzati, come, ad esempio, un ban totale dei contenuti pornografici o dei profili di ispirazione nazista. Verranno invece forniti agli utenti strumenti di segnalazione più avanzati, a partire dai contenuti che possono essere considerati molestie sessuali, che si sia vittime o semplici osservatori. Se la violazione verrà confermata, l'utente colpevole verrà immediatamente sospeso.
I "simboli d'odio" verranno invece coperti da un avvertimento che li qualificherà come "immagini sensibili", un po' come avviene su Facebook con i contenuti ritenuti violenti. Un compromesso che scongiura eccessive strette censorie, data l'arbitrarietà insita nel voler stabilire cosa sia un simbolo d'odio e cosa no. Assai interessante è poi la decisione di prendere di mira i recidivi. Verranno infatti adottate misure specifiche contro "le organizzazioni che utilizzano o hanno storicamente utilizzato la violenza come un mezzo per portare avanti la propria causa". Per i dettagli dovremo aspettare ancora un po'. E anche a Wall Street li attendono con molto interesse.
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