Twittare per salvare una vita. L'anima social della Croce Rossa
Parla Micucci, social media officer della CRI. "Così i social ci aiutano nelle emergenze"

Roma – Non solo musica e idoli pop: Twitter non va in ‘One Direction’. Fra gli oltre 238 milioni di messaggi in italiano che hanno inondato la piattaforma di microblogging nel 2016, c’è n’e uno che ha letteralmente spopolato. Più dei cinguettii dei #Directioner, i fan della boy band britannica che imperversano sui social, ritwittando parole e immagini dei loro beniamini.
Ma quest’anno c’è stato un evento tragico: il sisma ad Amatrice. E quel giorno – era il 24 agosto – la Croce Rossa ha rapidamente diffuso via Twitter le istruzioni su cosa fare in caso di terremoto. Risultato: il messaggio – con la relativa infografica – è stato il più condiviso dell’anno, con oltre 4.600 retweet (secondo una indagine di The Fool commissionata da AGI).
Matteo Micucci, 22 anni, è il social media officer della Croce Rossa Italiana.
Immaginavi che un vostro messaggio battesse gli One Direction?
No. Ma è un grande traguardo. Significa che le informazioni di emergenza passano ormai su un canale 2.0, cioè sul web. E che la Croce Rossa è considerata un fonte di informazione attendibile e primaria.
Il giorno del sisma siete stati velocissimi nel veicolare le informazioni sui social.
Non avevamo del materiale pronto, ma abbiamo capito subito che era necessario diffondere le best practice su come comportarsi in caso di nuove scosse. Quindi abbiamo realizzato rapidamente l’infografica su cosa fare dentro casa o in un luogo aperto. Le informazioni sono tratte dalla campagna 'Io non rischio' in collaborazione con la Protezione Civile.
#Terremoto, consigli utili su cosa fare in caso di ulteriori scosse. pic.twitter.com/sUcy7KjDkL
— Croce Rossa Italiana (@crocerossa) October 26, 2016
E Twitter ha fatto il resto. E’ stato importante, durante l’emergenza, poter disporre di un canale così ‘rapido’?
Twitter è in qualche modo il mezzo che più si presta in caso di emergenze. Su Twitter viaggiano messaggi brevi, istantanei e di facile lettura.
Una specie di codice morse dell’era contemporanea.
Direi di sì. In due righe ti fa capire quello di cui la gente parla. Quel giorno era importante monitorare i canali di comunicazione. E capire quali fossero le giuste informazioni da diffondere. Per esempio, c'era la necessità di consentire a tutti l'accesso alla reti protette per facilitare le comunicazioni. Così decidemmo di diffondere le istruzioni – con infografica - su come sbloccare una rete wifi. La richiesta era partita proprio da Twitter.
La Croce Rossa è recentemente diventata una onlus. E’ partita da qui la strategia di presenza sui social?
Negli ultimi mesi abbiamo cercato di raddoppiare, se non triplicare la comunicazione sui social. Le persone associano la CRI solo alle ambulanze. Ma in realtà ci occupiamo di molte cose: prestiamo assistenza ai migranti durante gli sbarchi, agli anziani, ai senza dimora, collaboriamo contro la tossicodipendenza. I social ci aiutano a farci conoscere e a lanciare iniziative. L’ultima, su Facebook, per promuovere la raccolta fondi per le popolazioni colpite dal sisma, è 'Reversible Live' con un video – un montaggio di diverse dirette Fb sui luoghi del terremoto - ma riprodotto al contrario, con i palazzi e le case che magicamente si ricostruiscono.
Il 2016 è stato anche l’anno delle bufale sui social. Hanno colpito anche voi?
Purtroppo sì e durante un’altra emergenza, lo scontro fra treni in Puglia. Croce Rossa e Avis avevano lanciato l’appello per donare il sangue. Nel giro di qualche ora su Twitter è cominciato a circolare lo screenshot di un falso tweet col nostro logo e il marchio dell’account verificato. Sopra c’era scritto che non potevano donare il sangue neri, gay, transessuali e tossicodipendenti. Il messaggio ha girato per una mezz’ora, poi gli utenti hanno cominciato a scriverci e abbiamo subito preso le distanze con un post ufficiale. Anche durante l’emergenza terremoto, era circolato un tweet con la nostra grafica e un Iban falso. Purtroppo la bufala online è sempre in agguato. Noi, per fortuna, possiamo vantare su una rete capillare di volontari che ci fornisce segnalazioni e rappresenta la nostra grande forza. E' sufficiente un messaggio ufficiale e il problema si risolve. Ma per una piccola onlus che non ha la stessa visibilità il danno può essere molto grande.